«Buongiorno», rispose Carmichael, e uscì. Era già in ritardo per l’ufficio, ma la prospettiva di passare delle ore ad annoiarsi ad una scrivania lo spinse a giocare all’investigatore, là fuori. Tenne dunque d’occhio il negozio di Talley e i risultati furono del tutto soddisfacenti… entro certi limiti. Riuscì a saper tutto… salvo il perché.
Quel pomeriggio, sul tardi, andò di nuovo dal signor Talley.
«Aspetti un momento», si affrettò a dire, davanti all’espressione tutt’altro che incoraggiante del proprietario. «Per quanto lei ne può sapere, io potrei anche essere un cliente».
Talley scoppiò a ridere.
«Be’, perché no?» Carmichael fece una smorfia. «Come fa a sapere l’entità del mio conto in banca? Oppure lavora esclusivamente con una clientela fissa?»
Carmichael si affrettò ad aggiungere: «Ho fatto qualche indagine. Ho osservato i suoi clienti. O, ad esser sinceri, li ho seguiti. E ho scoperto che cosa comperano da lei».
Il volto di Talley cambiò. «Davvero?»
«Davvero! Hanno tutti una fretta maledetta di toglier la carta ai suoi fagottini. Così, questo mi ha dato la possibilità di scoprire cosa c’è dentro. Ne ho mancati alcuni, ma… ho visto abbastanza da potervi applicare un po’ di regole, secondo logica, signor Talley. Primo: i suoi clienti non sanno quello che comperano da lei. È una specie di gioco della pentolaccia. Un paio di volte sono rimasti sbigottiti. L’uomo che ha aperto il pacchetto e ha trovato un vecchio ritaglio di giornale, ad esempio. E gli occhiali da sole? E il revolver? Probabilmente illegale, a proposito… niente porto d’armi. E il diamante? Doveva essere un’imitazione… era talmente grosso!»
«M… mmm», disse il signor Talley.
«Non sono un genio, ma so annusare l’odore d’una truffa. La maggior parte dei suoi clienti sono pezzi grossi, per un motivo o per l’altro. E perché mai nessuno di loro l’ha pagata, come invece ha fatto il primo… il tizio che è entrato quand’ero qui, stamattina?»
«È soprattutto una vendita a credito», disse Talley. «Ho una mia etica. Devo averla, per la mia coscienza. È una grossa responsabilità. Vede, vendo — la mia merce — sotto garanzia. Il pagamento viene effettuato soltanto se il prodotto risulta soddisfacente».
«Già. Un uovo. Occhiali da sole. Un paio di guanti d’amianto — mi pare che lo fossero. Un ritaglio di giornale. Un revolver. E un diamante. Dev’esser un’impresa fare l’inventario».
Talley non fece commenti.
Carmichael sogghignò. «Lei ha un fattorino. Lo manda fuori e quello torna con dei fagotti. Forse va da un droghiere sulla Madison Avenue e compra un uovo. Oppure a un banco di pegni sulla Sesta, per un revolver. O… be’, ad ogni modo, gliel’avevo detto che avrei scoperto qual è il suo genere di affari».
«E l’ha scoperto?» chiese Talley.
«’Noi abbiamo ciò che ti serve’», citò Carmichael. «Ma come fa a saperlo?»
«Lei sta saltando alle conclusioni».
«Ho mal di testa — non avevo gli occhiali da sole! — e non credo nella magia. Mi ascolti, signor Talley, ne ho fin sopra i capelli, e oltre, di strani negozietti che vendono cose ancora più strane. Ne so fin troppo… parecchio, insomma, su di essi. Un tizio cammina per la strada e vede una specie di strana bottega e il proprietario non vuole servirlo — lui vende soltanto ai folletti — oppure, gli vende un talismano a doppio taglio. Be’… pfui!»
«Mph», disse Talley.
«Mph’ quanto vuole. Ma non può sfuggire alla logica. O qui lei ha un racket, molto concreto e bene organizzato, o altrimenti questo è uno di quegli strani negozietti di oggetti magici… e questo non lo credo. Poiché non è logico».
«Perché no?»
«A causa del costo», spiegò Carmichael, deciso. «Ammettiamo pure l’ipotesi che lei abbia certi misteriosi poteri — diciamo che lei è capace di fabbricare dei congegni telepatici. D’accordo. Ma perché mai dovrebbe metter su un’azienda per vendere questi congegni e guadagnarsi da vivere? Basterebbe che lei s’infilasse uno dei suoi congegni, leggesse la mente d’un agente di cambio, per poi comprare le azioni giuste. È questo l’errore concettuale in tutti questi negozietti strani — se lei avesse abbastanza roba per rifornire e gestire un negozietto del genere, non avrebbe bisogno del negozietto, in primo luogo. Perché girare intorno al granaio di Robin Hood?»
Talley non replicò.
Carmichael lo gratificò d’un sorriso d’intesa. «’Mi chiedo spesso cosa comperino i vinai che valga anche soltanto la metà della roba che vendono’», citò. «Be’, lei cosa compera? Io so cosa lei vende: uova e occhiali da sole».
«Lei è un bel ficcanaso, signor Carmichael», mormorò Talley. «Le è mai passato per la mente che questi non sono affatto affari suoi?»
«Potrei essere un cliente», ribatté Carmichael. «Che mi dice, allora?»
I gelidi occhi azzurri di Talley si erano fatti attenti. In essi era spuntata una nuova luce. Talley increspò le labbra e si accigliò. «Non ci avevo pensato», ammise. «Potrebbe anche esserlo, viste le circostanze. Mi vuole scusare un momento?»
«Ma certo», annui Carmichael. Talley andò dietro la tenda.
Fuori del negozio, il traffico scorreva lento e ozioso lungo Park Avenue. Il sole stava scivolando giù, dietro l’Hudson, la strada veniva sempre più avvolta da un’ombra azzurrognola che risaliva impercettibilmente lungo i contrafforti degli edifici. Carmichael fissò la scritta NOI ABBIAMO CIÒ CHE TI SERVE, e sorrise.
Nella stanza sul retro, Talley applicò gli occhi a una piastra binoculare e regolò una scala graduata. Ripeté l’operazione parecchie volte. Poi, mordicchiandosi le labbra — poiché era un uomo gentile — chiamò il fattorino e gl’impartì le sue istruzioni. Dopo di che, tornò fuori da Carmichael.
«Lei è un cliente», annui. «A certe condizioni».
«Quelle del mio conto in banca, intende dire?»
«No», replicò Talley. «Farò per lei una tariffa ridotta. Lei deve capir questo: io ho davvero ciò che le serve. Lei non sa ciò che le serve, ma io lo so. E si da il caso che… be’, le venderò ciò che le serve per, diciamo, cinque dollari».
Carmichael allungò la mano verso il portafoglio. Talley sollevò una mano.
«Mi pagherà dopo che sarà rimasto soddisfatto. E il denaro è soltanto la parte concreta, ufficiale, della tariffa. C’è un’altra parte. Se rimarrà soddisfatto, voglio che lei mi prometta di non venir mai più vicino a questo negozio, e di non parlarne con nessuno».
«Capisco», replicò lentamente Carmichael. Le sue teorie erano lievemente cambiate.
«Non ci vorrà molto prima che… ah, eccolo qua». Un ronzio dal retro indicò il ritorno del fattorino. Talley disse: «Mi scusi», e scomparve dietro la tenda. Ben presto fu di ritorno con un pacchetto bene incartato, che depositò tra le mani di Carmichael.
«Lo tenga sulla sua persona», disse Talley. «Buon pomeriggio».
Carmichael annui, s’infilò in tasca il pacchetto, e usci. Sentendosi ricco, chiamò un tassì e si recò in un piccolo bar che conosceva. Là, nella penombra di un separé, scartò il fagottino.
Denaro per la protezione, decise. Talley lo pagava perché tenesse la bocca chiusa sul suo racket, qualunque cosa fosse. D’accordo, allora. Vivi e lascia vivere. Quanto avrebbe trovato, là dentro…?
Diecimila? Cinquantamila? Quanto grosso era quel racket?
Trovò una scatoletta di cartone, oblunga. L’apri. All’interno, avvolte in un foglio di carta velina, c’erano… un paio di cesoie, le lame protette da un fodero fatto con del cartone piegato.
Carmichael masticò qualcosa a bassa voce. Bevette il suo bicchiere di whisky allungato con seltz, poi ne ordinò un altro, ma non lo toccò neppure. Diede un’occhiata al suo orologio da polso, e decise che il negozietto di Park Avenue a quell’ora doveva esser già chiuso, e il signor Peter Talley se n’era andato.