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Una riga nella parete si divise e si aprì diventando porta; entrarono due figure. Una, piccola e minuta, avanzò decisa; indossava calzoni adorni di un'appariscente decorazione a foggia di conchiglia sugli organi genitali, un giustacuore, un berretto ben sagomato. La seconda, più alta, era pesantemente abbigliata e si muoveva con affettazione, con passetti da ballerino; lunghi capelli d'un nero violaceo scendevano fino alla cintola di lei, o di lui, perché la voce sebbene dolce, era fonda. — Ci stanno riprendendo, sai, Strella.

— Lo so — disse l'ometto con la voce di Estrel. Nessuno dei due degnò mai di un'occhiata Falk; si comportavano come se fossero completamente soli.

— Vai avanti con quello che stavi dicendo, Kradgy.

— Stavo per chiederti perché ci hai messo tanto.

— Tanto? Sbagli, mio Signore. E come potevo trovarlo nella Foresta a est di Shorg? È un deserto desolato. Gli sciocchi animali non sono stati di alcun aiuto; in questi giorni si limitano a rimasticare un po' di Legge. Quando infine mi hai mandato il cercatore d'uomini, ero a due chilometri più a nord di lui. Lo trovai poi che si stava dirigendo dritto dritto in territorio Basnasska. Come sai il Consiglio ha fornito loro uccelli-bomba, in grado di far fuori Vagabondi e Soliapachim. Ecco perché mi sono mescolata a quell'oscena tribù. Non hai visto i miei resoconti? Te li ho inviati con puntualità finché non ho perso la trasmittente guadando un fiume a sud dell'Enclave del Kansas. A Besdio, però, mia madre me ne ha data un'altra. Immagino che abbiano registrato su nastro i miei resoconti.

— Non li guardo mai. A ogni modo sono stati tempo e rischi sprecati, dal momento che in tutte queste settimane non sei riuscita a fargli capire che non deve avere paura di noi.

— Estrel — chiamò Falk. — Estrel.

Estrel, grottesca e fragile nel suo travestimento, non si girò, non sentì. Continuò a parlare coll'uomo ammantato. Rosso di vergogna e di rabbia Falk urlava il suo nome, poi si fece anche avanti a scuoterla per le spalle: nulla, non c'era nulla se non un fremito di luci nell'aria, un guizzo di colori che sparivano.

Il vano della porta era sempre spalancato e Falk poteva vedere nella stanza accanto. C'era l'uomo ammantato, c'era Estrel, e gli volgevano la schiena. Pronunciò il suo nome in un sussurro ed ella si voltò a guardarlo. Senza aria di trionfo, senza vergogna fissò nel suo uno sguardo calmo, passivo, distaccato, incurante, proprio come era stata con lui per tutto quel periodo.

— Perché… perché mi hai mentito? — le chiese. — Perché mi hai portato qui? — Egli sapeva perché; sapeva cos'era ed era sempre stato agli occhi di Estrel. Non era la sua intelligenza che parlava, ma il suo rispetto di sé e la sua lealtà che in quel primo momento non poteva sopportare o ammettere la verità.

— Mi hanno mandato perché ti guidassi qui. Eri tu che volevi venirci.

Cercò di riprender coraggio. Lì impalato, senza fare un passo verso di lei, chiese — Sei una Shing?

— Io lo sono — disse l'uomo ammantato, sorridendo affabile. — Io sono uno Shing. Tutti gli Shing sono bugiardi. E dunque, sono uno Shing che ti mente, nel qual caso naturalmente non sono uno Shing, ma un non-Shing che ti mente lo stesso? Oppure è una menzonga che tutti gli Shing mentono? Sono realmente uno Shing; e realmente io mento. I terrestri, come altre creature, sono noti per essere a loro volta falsi; le lucertole cambiano colore, le cimici si mimetizzano sul legno e i passerini mentono standosene immobili per confondersi con i sassi o con la sabbia, a seconda del fondale. Strella, questo qui è più stupido di un bambino.

— No, mio Signore Kradgy, anzi è molto intelligente — rispose Estrel con il suo solito modo dolce e passivo. Parlava di Falk come fanno gli uomini degli animali.

Aveva camminato al suo fianco, mangiato con lui, dormito con lui. Aveva dormito stretta nelle sue braccia… Falk la guardava, in silenzio; anche lei e quell'uomo se ne stavano zitti, immobili, quasi aspettando da lui la richiesta di continuare il dialogo.

Non provava rancore per lei. Non provava proprio nulla. Era svanita nell'aria, era diventata un fremito guizzante di luci. Era verso se stesso che provava qualcosa: era schiacciato, fisicamente schiacciato, dall'umiliazione.

Prosegui da solo, Opale, gli aveva detto il Principe del Kansas. Prosegui da solo, gli aveva detto Hiardan l'Apicultore. Prosegui da solo, gli aveva detto il vecchio, capace di Udire, nella Foresta. Prosegui da solo, figlio mio, aveva detto Zove. Quanti altri lo avrebbero portato alla meta, aiutato nella sua ricerca, armato di conoscenza, se avesse percorso la prateria da solo? Quanto avrebbe potuto imparare, se non si fosse fidato della buona fede di Estrel?

Ora non sapeva nulla, se non che si era dimostrato smisuratamente stupido e che lei aveva mentito. Gli aveva mentito sin dall'inizio, costantemente, a partire da quando gli aveva detto di essere una Vagabonda, no, anche prima: dalla prima volta che lo aveva visto, fingendo di non conoscerlo, di non sapere cos'era. Lo aveva saputo da sempre, ed era stata mandata per assicurarsi che arrivasse a Es Toch; e probabilmente anche per contrastare l'influenza che avrebbero potuto avere sulla sua mente quelli che odiavano gli Shing. Ma allora perché, pensò con pena, mentre se ne stava in quella stanza guardando lei nell'altra, perché aveva smesso di mentire, ora?

— Non importa più cosa ti dirò ora — gli disse come se gli avesse letto nel pensiero.

E magari l'aveva fatto. Non si erano mai serviti della telepatia; ma se lei era una Shing e aveva le capacità mentali della sua razza, la cui portata era oggetto di discussione e meditazione tra gli uomini, avrebbe potuto essersi sintonizzata con i suoi pensieri per tutto quel tempo, per tutte le settimane che era durato il loro viaggio Come poteva essere sicuro? E del resto era inutile chiederglielo…

Dietro di lui ci fu un rumore. Si girò e vide due persone in piedi dall'altra parte della stanza, vicino allo specchio. Indossavano mantelli neri con cappucci bianchi, ed erano alti due volte gli uomini normali.

— Ci si prende gioco di te troppo facilmente — disse uno dei due giganti.

— Devi sapere che ci si è presi gioco di te — precisò l'altro.

— Sei solo un mezzo uomo.

— Un mezzo uomo non può sapere tutta la verità.

— Chi odia viene ingannato e deriso.

— Chi uccide viene distrutto e strumentalizzato.

— Da dove vieni, Falk?

— Cosa sei, Falk?

— Dove sei, Falk?

— Chi sei, Falk?

I giganti rialzarono entrambi il cappuccio, mostrando che dentro non v'era nulla all'infuori di ombra, e indietreggiarono verso la parete, attraverso la parete, e svanirono.

Dall'altra stanza Estrel corse verso di lui, gli gettò le braccia al collo, stringendolo a sé, baciandolo avidamente, disperatamente. — Ti amo, ti ho amato dal primo momento che ti ho incontrato. Fidati di me, Falk, fidati di me! — Poi gli fu strappata, mentre ripeteva lamentosamente: — Fidati di me! — e trascinata via come tirata da una potente forza invisibile, quasi un vento impetuoso, che la prendesse nel suo vortice e la sollevasse attraverso la porta scorrevole che si rinserrò silenziosamente dietro di lei, come una bocca che si richiude.

— Ti accorgerai — gli disse quell'omone alto dall'altra stanza — che sei sotto l'effetto di droghe allucinogene. — La sua voce nitida, benché ridotta a un sussurro, nascondeva un accento di sarcasmo e di noia. — Fidati di te stesso meno di tutto. Eh? — Poi rialzò la lunga veste e orinò abbondamente; dopo di che uscì con passo ondeggiante, riaggiustandosi gli abiti e lisciandosi la chioma copiosa.

Falk rimase a guardare il pavimento verdastro dell'altra stanza assorbire gradatamente l'urina fino a che non fu scomparsa del tutto.