Si udirono dei passi, nel corridoio esterno, i passi di due persone che correvano verso la porta dell’ufficio.
Il sindaco si girò di scatto, imitato da Webster.
«Pa’!» gridò Webster.
«Ciao, Johnny,» ansimò Pa’, fermandosi.
L’uomo che veniva subito dopo Pa’ era un giovane, e agitava qualcosa, qualcosa che stringeva in mano… un fascio di fogli, che frusciavano lievemente.
«Che cosa volete?» chiese il sindaco.
«Molte cose,» rispose Pa’. Rimase in silenzio per un momento, cercando di riprendere fiato, e poi disse, continuando ad ansare. «Le presento il mio amico Henry Adams.»
«Adams?» domandò il sindaco.
«Certo,» rispose Pa’. «Suo nonno viveva qui. Nella Ventisettesima Strada.»
«Oh,» disse il sindaco, e fu come se qualcuno lo avesse colpito in testa con un mattone. «Oh, lei intende parlare di F.J. Adams.»
«Ci può scommettere le scarpe,» disse Pa’. «Eravamo in guerra assieme, noi due. Non mi faceva mai dormire la notte, a furia di parlarmi del suo bambino rimasto a casa.»
Carter si rivolse a Henry Adams.
«Come sindaco della città,» disse, cercando di ritrovare parte della sua dignità, «Voglio darle il benvenuto in…»
«Non mi sembra un benvenuto particolarmente entusiastico,» disse Adams. «Ho saputo che lei sta incendiando la mia proprietà.»
«La sua proprietà!» Il sindaco parve soffocare, e i suoi occhi fissarono, sbarrati e increduli, il fascio di fogli che Adams gli mostrava.
«Già, proprio la sua proprietà,» disse Pa’, e l’emozione gli rese stridula la voce. «L’ha appena comprata. Arriviamo adesso dalla tesoreria. Sono state pagate tutte le tasse arretrate e le multe e le addizionali di mora e tutte le altre diaavolerie che i suoi ladri legalizzati hanno pensato di escogitare per quelle case.»
«Ma, ma…» Il sindaco stava cercando affannosamente di trovare le parole, e di trovare il fiato per pronunciarle. «Non vorrà certo parlare di tutta la proprietà. Sicuramente si tratta soltanto della vecchia casa degli Adams.»
«Tutta la proprietà, tutta, fino all’ultima miseria di un mattone,» disse Pa’, in tono trionfante.
«E adesso,» disse Adams, rivolgendosi al sindaco, «Se volesse usarmi la cortesia di dire ai suoi uomini di smettere di distruggere la mia proprietà…»
Carter si curvò sulla scrivania, e assalì la radio come se fosse stata un nemico, muovendo le dita a velocità vertiginosa.
«Maxwell,» gridò. «Maxwell, mi senti? Maxwell!»
«Che cosa vuoi?» chiese Maxwell.
«Interrompi subito quello che stai facendo,» gridò Carter, con voce stridula. «Smetti di appiccare gli incendi. Comincia subito a spegnere quelli che sono già in corso. Prendi le pompe. Chiama i pompieri, Fa’ quello che vuoi, ma spegni immediatamente quegli incendi.»
«Diavolo,» disse Maxwell. «Come mi piacerebbe che tu riuscissi a decidere cosa vuoi fare, una volta tanto!»
«Fa’ come ti ho detto,» strillò il sindaco, con tutte le sue forze. «Spegni immediatamente quegli incendi.»
«Va bene,» disse Maxwell. «Va bene. Non c’è bisogno di farti saltare le coronarie. Ma questo non piacerà per niente ai ragazzi. Proprio per niente. Dopo essere stati presi a fucilate per fare una cosa sulla quale tu cambi subito idea.»
Carter si sollevò dalla scrivania.
«Desidero assicurarle, signor Adams,» disse, «Che si tratta soltanto di un colossale sbaglio.»
«Ha detto bene, sindaco,» dichiarò solennemente Adams. «Si tratta di un colossale sbaglio. Il più colossale che lei abbia mai fatto in vita sua.»
Per un momento i due rimasero in piedi, l’uno davanti all’altro, guardandosi negli occhi.
«Domani,» continuò Adams, «Presenterò alla magistratura una petizione per l’abrogazione dello statuto municipale. Come proprietario della maggior parte dei terreni compresi nei confini comunali, penso di avere il diritto legale di farlo.»
Il sindaco deglutì, e finalmente riuscì a pronunciare qualche parola.
«E in base a quali motivi?» chiese.
«In base al motivo che non ce n’è più bisogno,» disse Adams. «Non credo che mi sarà molto difficile dimostrare questa tesi.»
«Ma questo… questo significa…»
«Proprio così,» disse Pa’. «Lei ha capito benissimo cosa significa. Significa che lei ha perso il posto, sindaco.»
«Un parco,» disse Pa’, indicando con un ampio gesto della mano la sterpaglia incolta che un tempo era stata il quartiere residenziale della città. «Un parco, perché la gente ricordi come vivevano un tempo i suoi vecchi.»
I tre erano fermi sulla Tower Hill, vicino alla torre rugginosa dell’antica centrale idrica, le cui tozze gambe d’acciaio sparivano in un mare d’erba verde e incolta, che arrivava alla cintola.»
«Non direi proprio un parco,» spiegò Henry Adams. «Vorrei qualcosa di più. Un sacrario. Un grande monumento commemorativo. Sì, proprio un monumento commemorativo, fatto di cose vive e autentiche, un monumento che ricordi un’epoca di vita in comune che altrimenti verrebbe dimenticata nel breve volgere di un secolo. Un grande monumento vero, per conservare un certo numero di costruzioni d’un tipo particolare, che sorsero un giorno per soddisfare certe esigenze di vita e certi gusti particolari dell’uomo. Non perché l’uomo volesse diventare schiavo di qualsiasi canone architettonico, ma perché egli ha ritenuto, un tempo, con questo mezzo, di abbreviare la strada verso un migliore sistema di vita. Tra cento anni gli uomini cammineranno tra queste case provando gli stessi sentimenti di meraviglia e di rispetto, forse perfino di timore, che oggi provano entrando nelle grandi sale di un museo. Per i nostri figli, e per i figli dei nostri figli, questo mausoleo parrà uscito da un’epoca primitiva, rappresenterà un gradino della lunga scala che conduce a una vita piena e migliore. Ci saranno degli artisti, che passeranno la loro vita a trasferire queste antiche case sulle loro tele. E gli scrittori di romanzi storici verranno qui, per respirare l’aria del passato, per trasfondere un alito di autenticità nelle loro pagine.»
«Ma lei ha detto che intendeva restaurare tutte le case, che intendeva far tornare i prati e i giardini esattamente com’erano stati un tempo,» disse Webster. «Per fare questo lei dovrà spendere una fortuna. E poi un’altra fortuna per mantenere quello che avrà ricostruito. Le piante e il tempo non si fermano.»
«Io possiedo troppo denaro,» disse Adams. «Troppo denaro, e non è colpa mia. Ricordi che mio padre e mio nonno sono stati tra i pionieri dello sfruttamento industriale dell’energia atomica.»
«Che giocatore era tuo padre, miseria ladra,» disse Pa’. «Tutte le volte che si andava a riscuotere la paga, mi ripuliva ben bene.»
«Ai vecchi tempi,» disse Adams, «Quando un uomo possedeva troppo denaro, poteva fare molte altre cose. C’erano gli enti di beneficenza, per esempio. La carità organizzata. O c’erano le borse di studio, le fondazioni per ricerche mediche, e così via. Ma oggi gli enti di beneficenza non ci sono più. La carità organizzata è scomparsa. È scomparsa per mancanza di organizzazione, ma soprattutto perché non può dare più profitti. E da quando la Commissione Mondiale si è messa all’opera, esistono fondi più che sufficienti per qualsiasi tipo di ricerca, medica o scientifica, che si voglia intraprendere.
«Quando sono tornato qui a visitare la casa di mio nonno non pensavo a una cosa del genere. Volevo soltanto vedere la casa, ecco tutto. Mio nonno me ne ha tanto parlato. Mi ha raccontato di quando aveva piantato l’albero nel giardino, davanti alla casa. Mi ha detto tante cose sull’aiuola di rose che aveva coltivato sul retro.