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Si udirono dei passi sull’erba, alle sue spalle.

«Il whisky, signore,» disse Jenkins.

Thomas Webster guardò il robot, e prese il bicchiere che Jenkins gli offriva sul vassoio.

«Grazie, Jenkins,» disse.

Rigirò il bicchiere tra le dita, meditabondo.

«Jenkins, da quanto tempo tu servi da bere a questa famiglia?»

«È dai tempi di suo padre, signore,» disse Jenkins. «E dai tempi del padre di suo padre.»

«Ci sono notizie?» domandò il vecchio.

Jenkins scosse il capo.

«Nessuna notizia.»

Thomas Webster cominciò a sorseggiare il suo whisky.

«Allora questo significa che sono già lontani dal sistema solare. Tanto lontani che neppure la stazione di Plutone può captare i loro messaggi, e ritrasmetterli a noi. Avranno già percorso più della metà della distanza che ci separa da Alfa del Centauro. Se soltanto io potessi vivere fino al giorno…»

«Certo che vivrà fino a quel giorno, signore,» gli disse Jenkins. «Lo sento nelle ossa.»

«Tu,» dichiarò il vecchio, «Non hai ossa.»

Lentamente sorseggiò il liquore, valutandone il sapore con l’esperienza del vecchio bevitore. E anche questa volta il whisky era troppo allungato. Ma non sarebbe servito a niente protestare. Non sarebbe servito a niente prendersela con Jenkins. Quel dottore, quel maledetto dottore! Che diceva a Jenkins di aggiungere un po’ d’acqua. Sempre di più. E, così facendo, toglieva a un vecchio il piacere di gustare qualcosa di decente, negli ultimi anni della sua vita…

«Che c’è laggiù?» domandò, indicando il sentiero che saliva sinuoso sulle pendici della collina.

Jenkins si voltò a guardare.

«A quanto sembra, signore,» disse, «È Nathaniel che porta a casa un ospite.»

I cani erano venuti insieme ad augurare la buonanotte, e se ne erano andati di nuovo.

Bruce Webster li seguì con lo sguardo, sorridendo.

«Sono fantastici,» disse.

Si rivolse a Grant.

«Suppongo che Nathaniel le abbia prodotto una bella sorpresa, oggi.»

Grant sollevò il bicchiere di brandy, lo guardò controluce.

«Sì,» disse. «La sorpresa è durata solo un minuto, però. E poi ho ricordato quello che avevo letto su di lei e su quello che lei sta facendo qui. Non è il mio campo, naturalmente, ma il suo lavoro è stato divulgato ampiamente, anche in forma accessibile a un profano.»

«Il suo campo?» domandò Webster. «Io credevo…»

Grant rise.

«Capisco cosa intende dire. Un addetto al censimento. Un numeratore. Le assicuro che il mio lavoro è proprio questo. Non le ho mentito.»

Webster era sconcertato, con una lieve traccia d’imbarazzo.

«Spero, signor Grant, di non averla…»

«Per carità,» disse Grant. «Sono abituato a venire considerato soltanto un tizio che scrive coscienziosamente nomi ed età e poi se ne va a trovare un altro gruppo di esseri umani. Questa, naturalmente, era la vecchia idea del censimento. Una conta delle code, niente di più. Una questione puramente statistica. Dopotutto, l’ultimo censimento è stato effettuato più di trecento anni fa. E i tempi sono cambiati.»

«Lei mi incuriosisce,» fece Webster. «A sentirla, questa sua… conta delle code sembra quasi sinistra.»

«Non è sinistra,» protestò Grant. «È logica. È una valutazione della popolazione umana. Una valutazione, però, che non si limita soltanto a scoprire quanti uomini esistono, ma come essi sono in realtà, che cosa pensano e come si comportano.»

Webster affondò ancor più comodamente nella soffice poltrona, tese i piedi verso il fuoco che ardeva nel caminetto.

«Non vorrà dirmi, signor Grant, che lei intende psicanalizzarmi?»

Grant vuotò il bicchiere di brandy, e lo posò sul tavolino.

«Non ne ho bisogno,» spiegò. «La Commissione Mondiale sa tutto quello che è necessario conoscere sulla gente come lei. Ma ci sono gli altri… i vagabondi delle colline, li chiamate qui. A nord li chiamano i selvaggi delle betulle. A sud li chiamano in un altro modo, non ricordo più quale. Una popolazione nascosta… una popolazione quasi dimenticata. Coloro che hanno scelto la strada dei boschi. Coloro che sono andati via, che si sono dispersi quando la Commissione Mondiale ha allentato le redini del governo.»

Webster brontolò.

«Le redini del governo dovevano essere allentate» dichiarò. «È la storia a dimostrarlo anche a chi non vuole vedere. Anche prima della nascita della Commissione Mondiale, l’assetto governativo del mondo era appesantito dai superstiti dell’età della pietra. Non c’erano motivi per l’esistenza di un governo cittadino trecento anni fa, come non ci sono motivi oggi per l’esistenza di un governo nazionale.»

«Lei ha perfettamente ragione,» disse Grant, «Eppure quando la stretta del governo è stata allentata, il suo controllo sulla vita del singolo è diminuito enormemente. L’uomo che voleva andare via, che voleva vivere indipendentemente dal suo governo, prendendone i benefici e sfuggendo agli obblighi, ha scoperto che la cosa era facilmente fattibile. La Commissione Mondiale non ci badava. C’erano cose ben più importanti da fare, c’erano preoccupazioni ben più gravi da affrontare… chi badava più agli irresponsabili e ai malcontenti? E gli irresponsabili e i malcontenti erano tanti. I contadini, per esempio, che avevano perduto le tradizioni antiche e gli stessi mezzi di sussistenza con l’avvento dell’idroponica. Molti contadini non riuscivano ad adattarsi alla vita industriale, non riuscivano a trovare un posto nella nuova società. Cosa dovevano fare, allora? Che cosa fecero? Se ne andarono, sparirono. Ritornarono alla vita primitiva. Una vita primitiva che consisteva nel coltivare un campicello, nell’andare a caccia di selvaggina, nel sistemare trappole nei boschi per catturare lepri e scoiattoli, nell’abbattere alberi per trovare il legno con il quale costruirsi una casa… e anche nel compiere qualche furtarello, qua e là. Privati di ogni mezzo di sussistenza e di una vita radicata nelle loro ossa da innumerevoli generazioni, i contadini ritornarono alla terra, ripercorsero la strada fino all’origine, fino al contatto più semplice e immediato con la terra e la natura… e la terra non li ha delusi, perché si è presa cura di loro.»

«Questo è accaduto trecento anni fa,» disse Webster. «La Commissione Mondiale non pensò a questa gente, allora. Non fece caso a questi profughi. Cercò di fare il possibile, certo, entro margini ragionevoli, ma, come ha detto lei, non si preoccupava certo del fatto che qualcuno le scivolasse tra le dita. Per quale motivo, allora, c’è questo improvviso interesse?»

«Il motivo è molto semplice, penso,» gli disse Grant. «Probabilmente è venuto il momento di affrontare il problema.»

Guardò attentamente Webster, studiando il suo ospite. Calmo e riposato, davanti al fuoco, Webster aveva un viso forte, il viso di un capo, e le ombre delle fiamme guizzanti giocavano rincorrendosi sul suo viso dai lineamenti pronunciati. Il gioco delle luci e delle ombre dava un aspetto irreale al viso di Webster.

Grant si frugò in tasca, estrasse la pipa e la borsa del tabacco, e cominciò a riempire il fornello.

«C’è qualcos’altro,» disse.

«Eh?» domandò Webster.

«C’è qualcos’altro, in questo censimento. Sarebbe stato effettuato in ogni modo, immagino, perché un quadro completo della popolazione terrestre deve sempre essere a disposizione della Commissione. Si tratta di un elemento d’importanza indiscussa. Ma non è il solo motivo.»

«I mutanti,» disse Webster.

Grant annuì.

«È esatto. Non credevo che qualcuno lo sospettasse.»