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«Non c’è posto per i sentimentalismi, signorina Stanley,» disse Fowler, cercando di tenere fuori dalla sua voce una nota di collera. «Lei conosce bene quanto me per quale motivo facciamo tutto questo. Lei si rende perfettamente conto che l’Uomo, nella sua forma naturale, semplicemente non può adattarsi a Giove, non può sperare di affrontare ad armi pari il pianeta. L’unica soluzione è quella di trasformare gli uomini nel genere di creature che possono adattarsi alle condizioni di vita del pianeta. L’abbiamo già fatto sugli altri mondi.

«Se pochi uomini muoiono, ma alla fine avremo successo, il prezzo che avremo pagato sarà lieve. In tutte le epoche gli uomini hanno sprecato la loro vita morendo per cose stupide, per motivi stupidi, per ideali stupidi. Perché noi dovremmo esitare, allora, a sacrificare poche vite umane, di fronte a un obiettivo così grande com’è quello che ci sta davanti?»

La signorina Stanley era seduta rigida e diritta, a braccia conserte, e le luci del locale giocavano con i suoi capelli che cominciavano a ingrigire; e Fowler, guardandola, cercò di immaginare quali fossero i suoi sentimenti, quali fossero i suoi pensieri in quel momento. Non aveva paura di lei, nel senso stretto della parola, ma quando era con lei non si sentiva mai a proprio agio. Quegli occhi azzurri e penetranti vedevano troppo bene, le sue mani avevano un aspetto troppo abile e capace. Quella donna avrebbe dovuto essere una tranquilla, vecchia zia, seduta comodamente su una poltrona a dondolo, intenta a lavorare a maglia con le sue dita veloci e sicure. Ma non era così. La signorina Stanley era la migliore operatrice di convertitori di tutto il Sistema Solare, e non le piaceva la maniera nella quale lui, Fowler, conduceva le operazioni nella sua cupola.

«C’è qualcosa che non va, signor Fowler,» disse lei.

«Precisamente,» ammise Fowler. «È per questo che mando fuori il giovane Allen da solo. Lui potrà scoprire cosa sta succedendo.»

«E se fallisce?»

«Manderò un altro.»

Lentamente, lei si alzò dalla sedia, mosse qualche passo verso la porta, poi si fermò, bruscamente, davanti alla scrivania di Fowler.

«Un giorno o l’altro,» gli disse, «Lei diventerà un grand’uomo. Non si lascia mai sfuggire un’occasione. E questa è la sua occasione, la sua grande occasione. Lo ha saputo dal momento in cui questa cupola è stata prescelta per gli esperimenti. Se lei avrà successo, sarà promosso, non importa il numero degli uomini che moriranno per ottenere questo successo. Lei sarà promosso, malgrado tutti i cadaveri che potranno essere disseminati lungo la strada.»

«Signorina Stanley,» le disse, e la sua voce era secca. «Il giovane Allen uscirà tra poco. La prego di controllare che la sua macchina…»

«La mia macchina,» disse lei, in tono gelido, «Non ha nessuna colpa. Funziona in base alle coordinate stabilite dai biologi.»

Restò seduto, curvo sulla scrivania, ascoltando i passi della donna che si allontanavano lungo il corridoio.

Quello che lei aveva detto era vero, naturalmente. I biologi avevano predisposto le coordinate. Ma i biologi potevano sbagliarsi. Bastava una differenza sottile come un capello, una virgola sbagliata nei calcoli, e il convertitore avrebbe mandato fuori qualcosa che non era quello che avrebbe dovuto uscire, nelle intenzioni. Un mutante che avrebbe potuto cedere alla tensione, oppure impazzire, oppure venire colpito da qualche condizione particolare, da qualche ostacolo sconosciuto, dalle forze dell’imprevisto che agivano sempre, in una missione del genere.

Perché l’Uomo non sapeva molto di quello che avveniva fuori. Sapeva solo quello che gli dicevano gli strumenti; e i campioni di ciò che avveniva su Giove, campioni forniti da quegli strumenti e da molti meccanismi che avevano sondato Giove, non erano altro che campioni, dati indicativi ma senza un valore probante, perché Giove era grande, troppo grande, incredibilmente grande, e le cupole erano piccole, al suo confronto, e lontane, e poche.

Lo stesso lavoro dei biologi per la raccolta di elementi sui Rimbalzanti, con ogni verosimiglianza la più alta forma di vita gioviana, aveva comportato più di tre anni di studi intensi e assidui, e, in seguito, altri due anni di controlli e di riprove per avere una certa sicurezza nelle conclusioni. E si trattava di un lavoro che avrebbe potuto essere svolto, sulla Terra, in una settimana o al massimo due. Ma era un lavoro che, in questo caso, non poteva essere svolto sulla Terra, perché era impossibile portare sulla Terra una forma di vita gioviana. La pressione esistente su Giove non poteva essere riprodotta in nessun altro luogo all’infuori di Giove, e nella pressione e nella temperatura della Terra i Rimbalzanti sarebbero semplicemente scomparrsi in uno sbuffo di gas.

Eppure era un lavoro che bisognava svolgere, se l’Uomo voleva sperare di riuscire, un giorno, a vivere su Giove nella forma dei Rimbalzanti. Perché prima che il convertitore potesse cambiare un uomo in un’altra forma di vita, dovevano essere noti i particolari più sottili delle caratteristiche fisiche di quest’altra forma di vita… tutti i particolari, con sicurezza totale e assoluta, senza alcuna possibilità di errore.

Allen non tornò indietro.

I trattori, perlustrando il terreno della zona in cui avrebbe dovuto svolgersi la missione, non trascurarono nulla, ma non trovarono alcuna traccia di Allen, a meno che la creatura lenta e furtiva che uno dei piloti riferì di avere visto passare non fosse stata il terrestre scomparso nella sua nuova forma di Rimbalzante.

I biologi sogghignarono con i loro più elaborati sogghigni di superiorità accademica quando Fowler suggerì che le coordinate da loro stabilite per il convertitore potessero essere sbagliate. Gli spiegarono, con studiata superiorità, che le coordinate erano quelle esatte, perché avevano dimostrato la loro giustezza in più occasioni. Quando un uomo entrava nel convertitore, e l’interruttore veniva abbassato, l’uomo diventava un Rimbalzante. In quella forma usciva dalla macchina e si allontanava, scompariva alla vista, nell’atmosfera densa e sciropposa del pianeta.

Qualche impercettibile deviazione, aveva suggerito Fowler; qualche errore infinitesimale, qualche sottilissimo mutamento da ciò che avrebbe dovuto essere un Rimbalzante, qualche difetto tanto trascurabile da essere ignorato. Se era questo il caso, gli risposero i biologi, ci sarebbero voluti degli anni per scoprirlo.

E Fowler sapeva che i biologi avevano ragione.

Così adesso gli uomini scomparsi erano cinque invece che quattro, e Harold Allen era uscito sulla nuda superficie di Giove per niente, assolutamente per niente. Per quello che riguardava la missione, era come se il giovane non fosse mai uscito.

Fowler cercò tra i documenti che ingombravano la sua scrivania, e prese in mano l’elenco del personale, un sottile fascio di fogli uniti da un punto metallico, un sottile fascio di fogli che conteneva le vite degli uomini della Cupola Gioviana Numero 3. Era una cosa che odiava più della morte, quella, una cosa che gli faceva orrore e gli stringeva il cuore in una morsa di gelo; ma era anche una cosa che lui doveva fare. In un modo e nell’altro il motivo di quelle strane scomparse doveva essere scoperto. E c’era un solo mezzo per scoprirlo, e quel mezzo era l’invio di altri uomini.

Rimase immobile per un istante, ad ascoltare l’ululato del vento che rugghiava sulla cupola, quell’ululato eterno e immutabile che era la voce di Giove, la voce delle feroci tempeste e degli spaventosi uragani che spazzavano dall’inizio del tempo le superficie di quel pianeta, in un’esplosione di collera ribollente e feroce.

C’era qualche minaccia ignota, là fuori? si chiese. Qualche pericolo del quale non sapevano nulla? Qualcosa che stava in agguato là fuori, per apparire d’un tratto in tutto il suo orrore e inghiottire i Rimbalzanti, senza fare distinzione tra i Rimbalzanti autentici e i Rimbalzanti che erano uomini? Per il nemico ignoto certamente la natura delle vittime non avrebbe fatto differenza. Uomini o Rimbalzanti, sarebbe stato uguale.