«Il suo campo?» domandò Webster. «Io credevo…»
Grant rise.
«Capisco cosa intende dire. Un addetto al censimento. Un numeratore. Le assicuro che il mio lavoro è proprio questo. Non le ho mentito.»
Webster era sconcertato, con una lieve traccia d’imbarazzo.
«Spero, signor Grant, di non averla…»
«Per carità,» disse Grant. «Sono abituato a venire considerato soltanto un tizio che scrive coscienziosamente nomi ed età e poi se ne va a trovare un altro gruppo di esseri umani. Questa, naturalmente, era la vecchia idea del censimento. Una conta delle code, niente di più. Una questione puramente statistica. Dopotutto, l’ultimo censimento è stato effettuato più di trecento anni fa. E i tempi sono cambiati.»
«Lei mi incuriosisce,» fece Webster. «A sentirla, questa sua… conta delle code sembra quasi sinistra.»
«Non è sinistra,» protestò Grant. «È logica. È una valutazione della popolazione umana. Una valutazione, però, che non si limita soltanto a scoprire quanti uomini esistono, ma come essi sono in realtà, che cosa pensano e come si comportano.»
Webster affondò ancor più comodamente nella soffice poltrona, tese i piedi verso il fuoco che ardeva nel caminetto.
«Non vorrà dirmi, signor Grant, che lei intende psicanalizzarmi?»
Grant vuotò il bicchiere di brandy, e lo posò sul tavolino.
«Non ne ho bisogno,» spiegò. «La Commissione Mondiale sa tutto quello che è necessario conoscere sulla gente come lei. Ma ci sono gli altri… i vagabondi delle colline, li chiamate qui. A nord li chiamano i selvaggi delle betulle. A sud li chiamano in un altro modo, non ricordo più quale. Una popolazione nascosta… una popolazione quasi dimenticata. Coloro che hanno scelto la strada dei boschi. Coloro che sono andati via, che si sono dispersi quando la Commissione Mondiale ha allentato le redini del governo.»
Webster brontolò.
«Le redini del governo dovevano essere allentate» dichiarò. «È la storia a dimostrarlo anche a chi non vuole vedere. Anche prima della nascita della Commissione Mondiale, l’assetto governativo del mondo era appesantito dai superstiti dell’età della pietra. Non c’erano motivi per l’esistenza di un governo cittadino trecento anni fa, come non ci sono motivi oggi per l’esistenza di un governo nazionale.»
«Lei ha perfettamente ragione,» disse Grant, «Eppure quando la stretta del governo è stata allentata, il suo controllo sulla vita del singolo è diminuito enormemente. L’uomo che voleva andare via, che voleva vivere indipendentemente dal suo governo, prendendone i benefici e sfuggendo agli obblighi, ha scoperto che la cosa era facilmente fattibile. La Commissione Mondiale non ci badava. C’erano cose ben più importanti da fare, c’erano preoccupazioni ben più gravi da affrontare… chi badava più agli irresponsabili e ai malcontenti? E gli irresponsabili e i malcontenti erano tanti. I contadini, per esempio, che avevano perduto le tradizioni antiche e gli stessi mezzi di sussistenza con l’avvento dell’idroponica. Molti contadini non riuscivano ad adattarsi alla vita industriale, non riuscivano a trovare un posto nella nuova società. Cosa dovevano fare, allora? Che cosa fecero? Se ne andarono, sparirono. Ritornarono alla vita primitiva. Una vita primitiva che consisteva nel coltivare un campicello, nell’andare a caccia di selvaggina, nel sistemare trappole nei boschi per catturare lepri e scoiattoli, nell’abbattere alberi per trovare il legno con il quale costruirsi una casa… e anche nel compiere qualche furtarello, qua e là. Privati di ogni mezzo di sussistenza e di una vita radicata nelle loro ossa da innumerevoli generazioni, i contadini ritornarono alla terra, ripercorsero la strada fino all’origine, fino al contatto più semplice e immediato con la terra e la natura… e la terra non li ha delusi, perché si è presa cura di loro.»
«Questo è accaduto trecento anni fa,» disse Webster. «La Commissione Mondiale non pensò a questa gente, allora. Non fece caso a questi profughi. Cercò di fare il possibile, certo, entro margini ragionevoli, ma, come ha detto lei, non si preoccupava certo del fatto che qualcuno le scivolasse tra le dita. Per quale motivo, allora, c’è questo improvviso interesse?»
«Il motivo è molto semplice, penso,» gli disse Grant. «Probabilmente è venuto il momento di affrontare il problema.»
Guardò attentamente Webster, studiando il suo ospite. Calmo e riposato, davanti al fuoco, Webster aveva un viso forte, il viso di un capo, e le ombre delle fiamme guizzanti giocavano rincorrendosi sul suo viso dai lineamenti pronunciati. Il gioco delle luci e delle ombre dava un aspetto irreale al viso di Webster.
Grant si frugò in tasca, estrasse la pipa e la borsa del tabacco, e cominciò a riempire il fornello.
«C’è qualcos’altro,» disse.
«Eh?» domandò Webster.
«C’è qualcos’altro, in questo censimento. Sarebbe stato effettuato in ogni modo, immagino, perché un quadro completo della popolazione terrestre deve sempre essere a disposizione della Commissione. Si tratta di un elemento d’importanza indiscussa. Ma non è il solo motivo.»
«I mutanti,» disse Webster.
Grant annuì.
«È esatto. Non credevo che qualcuno lo sospettasse.»
«Io lavoro sui mutanti,» gli spiegò Webster. «Ho dedicato la vita intera al problema delle mutazioni.»
«In questi ultimi tempi sono apparse delle strane manifestazioni culturali,» disse Grant. «Sono apparse qua e là, in maniera del tutto frammentaria, ma si tratta comunque di cose senza precedenti. Composizioni letterarie che portano l’impronta inconfondibile di personalità nuove e diverse da quelle alle quali siamo avvezzi. Musiche le quali si distaccano completamente dalla tradizione, seguono strade nuove e spesso del tutto incomprensibili. Opere d’arte che non assomigliano a nulla di ciò che noi conoscevamo fino a oggi. E quasi tutte queste opere sono anonime, oppure rimangono celate da uno pseudonimo.»
Webster rise.
«Una cosa simile, naturalmente, rappresenterà un mistero impenetrabile per la Commissione Mondiale!»
«Non è questo l’aspetto più preoccupante, per la Commissione,» spiegò Grant. «La Commissione Mondiale non si preoccupa tanto dell’arte e della letteratura, quanto di altre cose… cose che non si mostrano alla luce. Se si sta manifestando una specie di rinascimento bucolico, è naturale che esso appaia, all’inizio, sotto forma di nuove manifestazioni artistiche e letterarie. Ma, come la storia insegna, un rinascimento non riguarda soltanto l’arte e la letteratura.»
Webster sprofondò ancora di più nella soffice poltrona, e appoggiò il mento sulle mani congiunte.
«Credo di capire,» disse, «Quello che lei vuole intendere.»
Rimasero così, seduti in silenzio per lunghi minuti, ascoltando il crepitio dei ceppi nel caminetto, e il respiro freddo e remoto di un vento d’autunno che accarezzava leggero le foglie degli alberi, fuori.
«C’è stata un’occasione, una volta,» disse Webster, nel silenzio fatto di tanti piccoli fruscii, e parlò a bassa voce, come se parlasse soltanto a se stesso. «Un’occasione per raggiungere un ordine d’idee completamente nuovo, per ottenere qualcosa che avrebbe spazzato via tutto il ciarpame di quattromila anni di pensiero umano. Un uomo ha soffocato sul nascere questa occasione.»
Grant si agitò, nervosamente, poi si irrigidì, temendo che Webster avesse notato il suo movimento.
«Quell’uomo,» disse Webster. «Era mio nonno.»
Grant capì che, a questo punto, avrebbe dovuto dire qualcosa, capì che non avrebbe potuto restare là in silenzio, fermo sulla sua poltrona.
«Forse Juwain s’ingannava,» disse. «Forse non aveva trovato una nuova filosofia.»
«Questo è un pensiero,» dichiarò Webster, «Al quale abbiamo dovuto ricorrere spesso, per consolarci. Ma è molto improbabile. Juwain era un grande filosofo marziano, forse il più grande che Marte abbia mai generato. Io non ho dubbi: se fosse sopravvissuto, avrebbe potuto sviluppare quella nuova filosofia. Ma non è sopravvissuto. Non è sopravvissuto perché mio nonno non ha potuto andare su Marte.»