«E, Joe, che cosa hai intenzione di fare? Quali sono i tuoi…»
L’ironia riaffiorò sul viso di Joe.
«Pensaci sopra, Tyler. Rifletti per un poco… cerca di scoprire fino a qual punto desideri ciò che ti offriamo. Poi, forse, potremo discuterne.»
«Proponi un baratto?» chiese Webster.
Joe annuì.
«Immagino che ci siano anche delle trappole, nel contratto,» disse Webster.
«Un paio,» disse Joe. «Tu trovale, e poi discuteremo anche di quelle.»
«Che cosa avete intenzione di chiedere, voi mutanti?»
«Molto,» gli disse Joe. «Ma forse ne varrà la pena.»
Lo schermo si spense e Webster rimase a fissarlo con occhi che non vedevano. Delle trappole? Certo che ce n’erano. Non poteva essere altrimenti. E probabilmente il genere umano ci sarebbe cascato in pieno.
Webster chiuse gli occhi, e sentì il battito cupo del sangue che gli pulsava nel cervello.
Che cosa si era affermato della filosofia juwainiana, in quel giorno lontano nel quale essa era andata perduta? Che avrebbe fatto progredire la razza umana di centomila anni nello spazio di due brevi generazioni. Qualcosa del genere, era questo il concetto.
Forse era un po’ esagerato… ma non troppo. L’esagerazione era giustificata, giustificata dal valore dello strumento che era stato offerto al genere umano.
Gli uomini capaci di comprendersi vicendevolmente, di accettare i reciproci punti di vista per quello che essi valevano in realtà; ogni uomo capace di vedere dietro le parole, di vedere le cose con gli occhi di un altro e di accettare la concezione di un altro come se fosse stata propria. Arricchendo, anzi, la propria conoscenza con le idee degli altri: finite le incomprensioni, finiti i malintesi, finiti i pregiudizi di un’altra epoca… finite le pressioni psicologiche di coloro che deformavano ad arte la verità, passata per sempre l’epoca della falsità, dell’inganno, della mistificazione… e al posto di tutto questo una visione limpida e completa di tutti gli angoli di qualsiasi problema umano, di tutti i punti di conflitto, di tutte le diverse interpretazioni. E questo era applicabile a ogni cosa, a qualsiasi tipo di comportamento umano. A qualsiasi ramo dello scibile umano. Alla sociologia, alla psicologia, alla tecnica, a tutte le diverse sfaccettature del prisma di una civiltà complessa come quella degli uomini. Basta con le lotte nate dagli equivoci, basta con le liti fratricide, ma soltanto una valutazione onesta e sincera dei fatti e delle idee così com’erano, così come si presentavano.
Centomila anni nello spazio di due generazioni? Forse la valutazione non era stata troppo esagerata, dopotutto.
Ma… le trappole delle quali aveva parlato Joe? C’erano davvero? O si trattava, semplicemente, della beffa estrema, della trappola più grande? I mutanti intendevano veramente cedere la loro scoperta? A quale prezzo? Forse si trattava soltanto di una nuova esca, fatta ballonzolare davanti agli occhi dell’umanità, mentre dietro l’angolo i mutanti si rotolavano dal gran ridere.
I mutanti non avevano usato quello strumento. Era naturale che non l’avessero usato, perché non ne avevano realmente bisogno. Possedevano già la telepatia e, per quello che riguardava i mutanti, essa serviva perfettamente allo scopo. Quegli individualisti non avrebbero trovato molti usi per uno strumento che permetteva loro di comprendersi reciprocamente, perché a loro non importava niente di capirsi. I mutanti erano uniti, apparentemente, solo per quei contatti necessari a salvaguardare gli interessi comuni, ma questo era tutto. Lavoravano insieme per salvare la pelle, ma non trovavano niente di piacevole in questo.
Un’offerta onesta? Un’esca, una lusinga per attirare l’attenzione degli uomini da una parte, mentre un affare sporco e pericoloso veniva concluso dalla parte opposta? Semplicemente uno scherzo, una beffa crudele? O si trattava di una offerta a doppio taglio, che conteneva qualcosa di terribilmente pericoloso?
Webster scosse il capo. Era impossibile stabilirlo. Era inutile cercare di sondare i motivi che spingevano un mutante, o il suo modo di pensare.
Una luce morbida e gentile si era insinuata nelle pareti e nel soffitto dell’ufficio, era cresciuta d’intensità mano a mano che le ombre del crepuscolo s’infittivano, fuori; con il calare del giorno, il sistema d’illuminazione automatico entrava in funzione, e dalle fonti di luce nascoste irradiava una luminosità sempre più vivida. Il giorno tramontava, fuori, e la luce degli uomini appariva, nelle case degli uomini. Webster diede un’occhiata alla finestra, e vide che era già un rettangolo nero, palpitante di alcuni punticini luminosi che erano grandi lettere di insegne pubblicitarie palpitanti come stelle cadenti sull’orizzonte nero della città immersa nell’ora che seguiva il tramonto.
Allungò la mano, formò la combinazione dell’ufficio esterno, e parlò alla segretaria.
«Mi dispiace di averla trattenuta fino a quest’ora. Non mi ero accorto che fosse così tardi.»
«Non ha importanza, signore,» rispose la segretaria. «C’è una visita per lei. Il signor Fowler.»
«Fowler?»
«Sì, il signore venuto da Giove.»
«Lo so,» disse Webster, stancamente. «Gli dica di entrare.»
Aveva quasi dimenticato Fowler e la minaccia che quell’uomo rappresentava, e le minacce che aveva fatto a lui, nel pomeriggio.
Guardò, con aria assente, la sua scrivania, e vide il caleidoscopio, là dove lo aveva lasciato. Strano giocattolo, pensò. Che idea bizzarra. Una cosa semplice per le menti semplici di una volta. Ma il ragazzo ne sarebbe andato pazzo.
Allungò la mano e prese il giocattolo, lo accostò al viso, appoggiò l’occhio a un’estremità e guardò. La luce trasmessa creava un disegno di colori pazzeschi, un incubo geometrico. Diede una leggera scossa al tubo cilindrico, e il disegno cambiò. E poi, un’altra scossa…
Il suo cervello fu sconvolto da un senso improvviso di terrore, la sua mente tremò per un malessere subitaneo, e tutti i colori del caleidoscopio esplosero nella sua mente in una singola fiammata di sofferenza, un olocausto che sembrò squassare tutto il suo spirito.
Il cilindro gli sfuggì di mano e cadde e rotolò rumorosamente sulla scrivania. Webster allungò le braccia e si aggrappò al bordo della scrivania, anche se era seduto, anche se sapeva di non cadere.
E la sua mente fu attraversata da un sentimento di orrore: che giocattolo terribile per un bambino!
Il malessere diminuì e lui rimase immobile, sconvolto, con la mente nuovamente lucida, con il respiro che si faceva più regolare.
Strano, pensò. Strano che provochi un effetto simile. O si è trattato di qualcosa d’altro, e il caleidoscopio non c’entra affatto? Un malessere, forse. Il cuore che comincia a logorarsi. Sono un po’ troppo giovane per queste cose, e mi sono sottoposto agli esami periodici da pochissimo tempo. E mi hanno trovato in buone condizioni.
La porta si aprì e Webster sollevò lo sguardo.
Fowler si fece avanti, lentamente, misurando i passi, e si fermò davanti alla scrivania.
«Sì, Fowler? Che cosa voleva dirmi?»
«Me ne sono andato in collera,» disse Fowler. «E non volevo lasciare così le cose. Poteva darsi che lei mi avesse capito, ma poteva darsi anche di no. Forse mi aveva giudicato male, forse aveva pensato che mi fossi comportato nel peggiore dei modi. Vede, il fatto è che io ero sconvolto, e mi sono lasciato trasportare dall’ira. Sono tornato da Giove, pensando che, finalmente, c’era una giustificazione per tutti gli anni che io avevo trascorso nelle cupole; pensando che, finalmente, tutto il dolore e la vergogna che avevo patito quando avevo visto uscire i miei uomini, quando li avevo creduti morti, avevano ottenuto una ricompensa, la più grande di tutte le ricompense. Lei non può sapere quello che io provavo quando quei ragazzi stavano davanti a me, sull’attenti, e io dicevo loro che dovevano uscire, e tutti mi guardavano come si guarda un carnefice. Sono tornato da Giove, portando delle notizie, mi capisce?, le notizie che il mondo aspettava. Per me era la cosa più bella che mai avrebbe potuto accadere, e credevo che anche lei l’avrebbe capito. Credevo che tutto il popolo l’avrebbe capito. Era come se io fossi tornato per annunciare al genere umano che il Paradiso era dietro l’angolo… e bastava fare qualche passo per raggiungerlo. Perché è così, Webster… è proprio così.»