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«È possibile che io conosca il vostro linguaggio meno bene di quanto avessi immaginato,» furono le sue parole. «Capisco bene, quando sento che lei ha lasciato due bambini incustoditi su un’astronave nello spazio?»

«Non proprio bambini, signore,» protestò Flanagan. «La ragazza umana ha un’età che le permette di ragionare con una buona dose di intelligenza, e non direi certo che suo figlio sia un bambino: è grande quanto lei.»

«Noi raggiungiamo il nostro completo sviluppo fisico dopo un anno dalla nascita,» esplose il drommiano. «Mio figlio ha quattro anni, più o meno l’equivalente sociale di un bambino terrestre di sette. Avevo l’impressione che la razza umana fosse davvero ammirevole, ma dare delle responsabilità a uno stupido del suo calibro implica una serie di condizioni sociali difficilmente distinguibili dalla barbarie. Se accadesse qualcosa al mio bambino…» Si interruppe; il viso di Flanagan era scomparso dallo schermo, e doveva avere evitato le ultime frasi della violenta requisitoria di Aminadabarlee; ma il drommiano non aveva certo finito. Si rivolse a Raeker, il cui volto era ancora più pallido del solito, e ricominciò. «Mi sento male al pensiero di avere a volte affidato mio figlio alla custodia di esseri umani, durante gli anni da me passati sulla Terra. Avevo creduto che la vostra razza fosse civile. Se questa dimostrazione di idiozia porterà al risultato che mi pare più probabile, la Terra ne pagherà tutte le conseguenze; nessuna astronave guidata da esseri umani potrà più atterrare su qualsiasi pianeta della Galassia che sia capace di stimare i sentimenti drommiani. Il resoconto della vostra idiozia traverserà gli anni luce, e nessuna astronave umana riuscirà a entrare nei cieli drommiani senza venire distrutta. La razza umana avrà il disprezzo, debitamente meritato, di tutte le razze civili della…»

Fu interrotto, ma non da una voce. Nel microfono si udì un rumore lacerante, e un numero di oggetti liberi, visibili sullo schermo, balzarono d’improvviso verso una parete vicina. La colpirono con forza e rimbalzarono, ma senza obbedire ad alcuna legge fisica. Rimbalzarono tutti nella stessa direzione… la direzione che Raeker, con un senso di vera disperazione, riconobbe come quella del portello della lancia. Un libro entrò a grande velocità nel campo visivo, e colpì uno strumento di metallo che viaggiava a minore andatura.

Ma questa collisione non fu udita. Nessun altro suono giunse dal microfono; la lancia era silenziosa, immersa nel silenzio dello spazio privo d’aria.

3. COGITAZIONE; DISLOCAZIONE; EMIGRAZIONE

Nick restò sulla soglia della sua capanna e pensò furiosamente. Dietro di lui i sette altri sopravvissuti all’attacco giacevano in diversi stati di impotenza. Lo stesso Nick non era del tutto illeso, ma era ancora in grado di camminare… e, se necessario, di combattere, si disse con una certa asprezza. Tutti gli altri, eccezion fatta per Jim e Nancy, sarebbero stati incapaci di ogni utile azione almeno per diversi giorni.

Gli pareva che forse Fagin non avesse avuto torto ad arrendersi a Veloce come aveva fatto; almeno, il selvaggio aveva mantenuto la sua parola, e aveva permesso a Nick di raccogliere e curare i suoi amici feriti. Ogni volta che Nick ripensava all’attacco, comunque, e anche a Veloce, gli pareva di ricominciare da capo la battaglia. Avrebbe avuto un intenso piacere nel rimuovere le scaglie di Veloce una per una, e usarle per tappezzare una capanna, in bella vista davanti agli occhi del loro legittimo proprietario.

Non si stava, comunque, semplicemente amareggiando al ricordo delle sue sventure; stava davvero pensando. Per la prima volta dopo molti anni, stava mettendo seriamente in dubbio una decisione di Fagin. Gli pareva ridicolo che il Maestro avesse potuto riuscire a evadere dal villaggio delle caverne senza aiuto; lui non era stato capace di combattere la gente di Veloce durante l’attacco, e se era stato in possesso di armi o poteri dei quali Nick non fosse stato a conoscenza, quello sarebbe davvero stato il momento più opportuno per farne uso. Fuggire di notte non sarebbe servito a niente; sarebbe stato preso al mattino.

Ma… un momento. Che avrebbero potuto davvero fare a Fagin gli abitatori delle caverne? La sostanza dura e bianca di cui era coperto il Maestro… o di cui era fatto, per quanto ne poteva sapere Nick… poteva essere a prova di coltelli e di lance; questo non era mai venuto in mente a Nick e ai suoi amici. Forse per questo Fagin era stato così blando, quando i suoi allievi avrebbero potuto essere danneggiati; forse pensava di agire in modo più costruttivo, una volta rimasto solo.

Sarebbe stato bello discuterne col Maestro senza interferenze da parte di Veloce. Certo, il capo non avrebbe potuto ascoltare fruttuosamente, dato che non conosceva l’inglese, ma sapendo che un colloquio era in corso, sarebbe stato in grado di impedire qualsiasi azione progettata nel corso del colloquio stesso. Se fosse stato possibile fare in modo che il Veloce non ascoltasse… ma se fosse stato possibile fare questo, il problema non sarebbe più esistito. Il nocciolo del problema era che Veloce non poteva essere tolto di mezzo.

Ormai era notte, e perciò pioveva. Gli invasori erano protetti dai fuochi del villaggio, in quel momento; comunque, rifletté Nick, nessuno stava proteggendo i fuochi.

Sollevò il capo a guardare le gocce grandi dai trenta ai cinquanta piedi, che planavano incessantemente giù dal cielo nero, e seguì con lo sguardo una di esse nella sua discesa, fino a un punto a circa trecento iarde sopra il suo capo. Qui la goccia svanì, impallidendo e scomparendo nell’incontrare la corrente di aria calda proveniente dai fuochi del villaggio. Non erano le gocce che venivano direttamente dall’alto a provocare guai… non nel villaggio di Fagin.

Un’altra goccia più grande, al di là del doppio anello di protezione, ottenne di più. Si posò a terra a cinquanta iarde da uno dei fuochi esterni.

Il terreno era stato raffreddato dalle gocce che l’avevano preceduta in misura sufficiente a farla restare liquida, così per qualche tempo la si poté vedere strisciare verso i fuochi, a causa dell’attrazione esercitata dalle correnti di aria calda. Poi il calore irradiato la fece impallidire; ma Nick sapeva bene che si trovava ancora là. Era cristallina, priva di bolle di ossigeno; e adesso era puro vapore, ugualmente libera dalla necessità primaria della combustione. Nick avrebbe annuito soddisfatto, se la sua testa fosse stata in grado di muoversi liberamente, quando vide che il fuoco che si trovava sulla strada dell’invisibile nube cominciò a raffreddarsi e nel giro di pochi minuti impallidì visibilmente.

Se anche qualcuno tra gli assalitori aveva notato l’incidente, non fece assolutamente nulla. Nessuno di loro si mosse, e il fuoco si spense. Cinque secondi dopo Nick aveva terminato di elaborare il suo piano.

Uscì completamente dalla capanna e si diresse verso il deposito centrale di combustibile. Qui raccolse tutti i bastoni che poteva portare, e li trasportò nell’edificio dove i feriti stavano riposando. Nessuno degli attaccanti lo fermò né lo interrogò; nessuno gli aveva più parlato, da quando era stata conclusa la tregua. All’interno della capanna, egli rapidamente preparò e accese un fuoco. Quando il chiarore fu diventato costante, accese un bastone e ritornò al deposito. Con fare disinvolto avvicinò l’estremità accesa dell’improvvisata torcia alla catasta di legno, come se avesse voluto vedere meglio quanto andava facendo; poi compì diversi altri tragitti dal deposito alla capanna, trasportando combustibile, e lasciando la torcia dove l’aveva messa. Alla fine l’edificio non fu più in grado di contenere altra legna, così lui cessò il suo lavoro.