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La ricerca di un luogo in cui fermarsi fu perciò più breve, e forse meno accurata, di quanto avrebbe potuto essere stata altrimenti. Si misero d’accordo molto in fretta su di una penisola formata principalmente da una collina, alta una quarantina di piedi sul livello del mare, saldata alla terraferma da uno stretto passaggio ricco di quarzo come non mai. Nick non era l’unico del gruppo che si preoccupava tuttora della difesa fisica; e la penisola, oltre a presentare una difesa adatta, era abbastanza ampia da potere ospitare il gregge al completo. La processione si addentrò nella penisola, risalì la collina, e immediatamente cominciò a preparare, come sempre, i fuochi per la notte. La raccolta fu abbastanza soddisfacente, e quando cadde l’oscurità la riserva di legna accumulata pareva del tutto bastevole. I fuochi di guardia furono accesi, uno degli animali del gregge fu macellato e mangiato, e il gruppo si preparò a passare la notte. Solo quando le gocce furono apparse e i fuochi cominciarono a bruciare normalmente qualcuno cominciò a chiedersi quello che poteva accadere al livello del mare durante la pioggia notturna.

4. COMUNICAZIONE; PENETRAZIONE; DISPERAZIONE

Aminadabarlee tacque, con gli occhi fissi sullo schermo; e, per quanto la creatura fosse stata sgradevole, Raeker provò una certa comprensione. Anche lui sarebbe stato altrettanto poco socievole, in circostanze simili. Non era il momento di compassionarlo, comunque, ora che la speranza non era perduta; bisognava fare un numero enorme di cose.

«Wellenbach! Qual è la combinazione del batiscafo?» domandò.

Il tecnico spuntò alle sue spalle.

«Lo chiamo subito, dottore.»

Raeker lo fermò con un gesto.

«Aspetta un momento. Il dispositivo è normale, dall’altra parte? Voglio dire, è una ricevente normale, o un dannato groviglio di fili e di strumenti?»

«Perfettamente normale. Perché?»

«Perché, se non lo fosse, e tu formassi la combinazione, quei bambini potrebbero aprire il portello esterno o provocare altri disastri, nel tentativo di rispondere. Se invece si tratta di un apparecchio normale, come struttura e come aspetto, la bambina sarà in grado di rispondere senza correre rischi.»

«Capisco. La piccola non avrà nessuna difficoltà; l’ho vista usare diverse volte gli impianti di comunicazione.»

«Va bene. Chiamali, allora.» Raeker cercò di non rendere evidente l’incertezza che provava mentre il tecnico formava la combinazione. Era impossibile dire quello che era accaduto appena al di sopra dell’atmosfera di Tenebra; qualcosa aveva evidentemente forzato il portello esterno della lancia, ma la stessa cosa avrebbe potuto causare danni al batiscafo. In questo caso, i bambini erano probabilmente morti… anche se la loro guida forse aveva fatto indossare loro delle tute spaziali. Naturalmente, la speranza era l’ultima a morire.

Dietro di lui, Aminadabarlee pareva una statua d’acciaio, alquanto grottesca, in verità. Raeker non perse tempo a speculare sulla sua sorte personale, nel caso fossero giunte delle cattive notizie, attraverso l’impianto di comunicazione, e quella statua fosse ritornata in vita; tutta la sua attenzione era concentrata sulla sorte dei bambini. Una dozzina di ipotesi diverse si affacciarono alla sua mente nei pochi secondi che precedettero l’illuminarsi dello schermo. Poi lo schermo si illuminò, e le ipotesi più sgradevoli svanirono.

Un viso umano li stava guardando dallo schermo; magro, pallidissimo, sormontato da una massa di capelli che sullo schermo apparivano neri, ma che, come Raeker sapeva, erano rossi; un viso la cui espressione suggeriva la idea del terrore mantenuto appena sotto controllo, ma… un volto vivo. E solo questo era importante.

Quasi nello stesso istante un uomo entrò di corsa dalla porta della sala delle comunicazioni, e si fermò di colpo accanto alla figura immobile del drommiano.

«Easy! Stai bene?» Raeker non ebbe bisogno di parole per identificare il consigliere Rich. E neppure Aminadabarlee, e neppure la figura sullo schermo. Dopo l’intervallo di due secondi necessario a trasmettere l’immagine, il terrore sparì dal viso magro della bambina, che si calmò visibilmente.

«Sì, babbo. Ho passato un brutto momento, ti assicuro, ma adesso va tutto bene. Vieni?»

Per un istante nella sala ci fu una certa confusione, con Rich, Raeker e il drommiano che tentavano di parlare nello stesso tempo; poi la superiorità fisica di Aminadabarlee fece valere i suoi diritti, e il drommiano sollevò la sua testa aguzza verso lo schermo.

«Dov’è l’altro… mio figlio?» disse con voce stridula.

Lei rispose prontamente:

«È qui, e sta bene.»

«Lascia che gli parli.» La bambina lasciò per un istante l’area inquadrata dalla telecamera, ed essi udirono la sua voce, ma non le sue parole, mentre si rivolgeva a qualcun altro. Poi lei riapparve, con i capelli scuri scompigliati e una ferita sanguinante sulla guancia.

«È in un angolo, e non vuole uscire. Alzò il volume, in modo che lei possa farsi sentire da lui.» La bambina non fece alcun riferimento alla ferita, e Raeker, con sorpresa, notò che neppure suo padre ne faceva cenno. Aminadabarlee non parve neppure accorgersene. Parlò nella sua lingua stridula, che apparentemente veniva capita dal solo Rich, tra coloro che si trovavano nel locale, e andò avanti per diversi minuti, facendo delle pause, evidentemente quando formulava delle domande.

Dapprima non ricevette alcuna risposta; poi, facendosi sempre più suadente, ebbe in risposta una fievole voce lamentosa. Nell’udirla il drommiano riacquistò parte dell’usuale autocontrollo, ed egli parlò più lentamente; e dopo un paio di minuti la testa di Aminadorneldo apparve accanto a quella di Easy. Raeker si chiese se provava un po’ di vergogna; le espressioni drommiane erano un libro chiuso, per lui. Apparentemente almeno un membro della famiglia possedeva una coscienza, però, dato che dopo qualche altro minuto di predica da parte del genitore, il piccolo si rivolse a Easy e parlò in inglese.

«Mi dispiace di averle fatto del male, signorina Rich. Avevo paura, e credevo che fosse stata lei a fare il rumore, e mi sembrava che volesse costringermi a uscire dall’angolo. Mio padre dice che lei è più grande di me, e che io dovrò fare tutto quello che lei mi dirà, finché non sarò di nuovo con lui.»

La bambina sembrò capire la situazione,

«Tutto a posto, ‘Mina,» disse in tono gentile. «Non mi hai fatto molto male. Mi occuperò io di te, e torneremo da tuo padre… fra un po’ di tempo.» Lei lanciò un’occhiata alla telecamera, pronunciando queste parole, e lo stato di tensione si impadronì di nuovo di Raeker. Una rapida occhiata al consigliere Rich confermò i suoi sospetti; la ragazza stava cercando di dire qualcosa, cercando anche, presumibilmente, di non spaventare il suo compagno. Con dolcezza, ma con uguale fermezza, Raeker sostituì il drommiano davanti alla telecamera. Easy diede segno di averlo riconosciuto; qualche tempo prima, quando aveva visitato la Vindemiatrix, la ragazza gli era stata presentata.

«Signorina Rich,» esordì Raeker. «Siamo ancora un po’ all’oscuro riguardo a quello che vi è accaduto. Può dircelo? Oppure c’è la vostra guida con voi, per fornirei un rapporto?»

Lei scosse il capo, in segno di diniego, rispondendo all’ultima domanda.

«Non so dove sia il signor Flanagan. È rimasto sulla lancia, penso per fumare una sigaretta; ci ha fatto promettere di non toccare i comandi in alcun caso… doveva crederci proprio stupida. Ci siamo tenuti lontani dal quadro di comando, naturalmente… anzi, dopo una prima occhiata, siamo stati fuori dalla cabina di comando, per dire la verità, visitando solo gli altri compartimenti. Sono tutti osservatori e cabine, tranne la cambusa, e stavamo per ritornare sulla lancia, quando ricevemmo una chiamata dal signor Flanagan, che aveva lasciato il suo apparecchio sintonizzato sulla lunghezza d’onda dei ricevitori delle nostre tute. Il signor Flanagan ci disse che si trovava sul portello esterno, e che lo avrebbe aperto non appena fosse stato chiuso quello della lancia… le due astronavi sono così vicine che potremmo passare da una all’altra in un solo momento… e aggiunse che dovevamo restare assolutamente immobili e senza toccare niente fino al suo arrivo. ‘Mina aveva appena aperto bocca per rispondere, quando è venuta la scossa; fummo gettati contro la parete, e io sono rimasta ferma là, schiacciata da quella che mi pareva una accelerazione di tre o quattro gravità. ‘Mina riusciva invece a muoversi, e cercò di chiamare il signor Flanagan all’apparecchio, ma non ci fu nessuna risposta, e io non gli ho permesso di toccare nient’altro. L’accelerazione è durata un minuto o due, secondo me; lei può stabilirlo meglio di me, È terminata un attimo prima che lei ci chiamasse.»