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«Nessuno dei sedili è adatto a lui,» rispose la ragazza.

«Il suo peso normale è sui quattro G,» interloquì Rich, dalla Vindemiatrix.

«Dovrà sopportarne di più; ma probabilmente ce la farà, in questo caso. Gli dica semplicemente di sdraiarsi. Adesso, signorina Rich…»

«Mi chiami Easy; risparmierà tempo.»

«Mi dica quello che riconosce sul quadro davanti a lei.»

«Non molto. Gli interruttori della luce sono contrassegnati, e si trovano in alto a sinistra. L’impianto di comunicazione si trova al centro; i comandi dei portelli si trovano accanto agli interruttori della luce; poi ci sono almeno due piedi quadrati di interruttori «on-off», contrassegnati da lettere, e che non significano nulla, per me…» Tacque, e Saki annuì.

«Molto bene. Adesso, quasi in cima al quadro, a destra dell’impianto di comunicazione, dovrebbe vedere una zona di circa sei pollici quadrati, contrassegnata «Hunt». L’ha trovata?»

«Sì, la vedo.»

«Si assicuri che il commutatore principale, che si trova nell’angolo in basso a sinistra, indichi «Off». Poi porti i tre commutatori del gruppo contrassegnato «Aero» nella posizione «On». Adesso si assicuri che il grosso commutatore, contrassegnato «D.I.», sia spento. Ha visto?»

«Sì, signore.»

«Adesso, si assicuri di essere legata bene al suo posto. Lei ha semplicemente sintonizzato il batiscafo con i circuiti della macchina che si trova sul pianeta, mettendo in azione l’homing device. Non voglio correre il rischio di farle usare l’energia, ma con una certa dose di fortuna il pilota automatico la farà scendere nelle vicinanze del luogo in cui si trova la nostra macchina. Non deve preoccuparsi dell’attrito atmosferico; l’astronave è stata progettata per una penetrazione statica. È un grosso pianeta, e se possiamo restringere la zona del suo atterraggio a un raggio di cinquecento miglia, questo ci sarà di grande aiuto per rintracciarla in seguito. Mi capisce?»

«Sì. Sono legata al mio posto, e ‘Mina è sdraiato.»

«Molto bene. Adesso allunghi la mano verso il settore «Hunt», che ha appena regolato, e abbassi il commutatore principale. Spero che lei sopporti bene l’accelerazione; la prima impressione sarà spiacevole.»

Sakiiro, a bordo della nave di soccorso, e il gruppo che si trovava nella sala delle comunicazioni della Vindemiatrix, osservarono in preda a una grande tensione la mano della ragazza, che si sollevava e poi tornava ad abbassarsi. Non riuscirono a vederla, effettivamente, nel momento in cui stabiliva il contatto, e con una certa sorpresa i tecnici non furono in grado di scoprire molto facilmente i risultati dell’azione. Si erano aspettati di vedere la ragazza appiattirsi contro il sedile, a causa del brusco cambiamento di accelerazione; ma le cose non andarono poi così male.

«Posso sentirlo,» riferì Easy, «l’astronave sta girando… adesso il pianeta è alla nostra sinistra… e mi sento un po’ più appesantita… adesso stiamo di nuovo stabilizzando la posizione, e il «basso» è davanti, se questo quadro è nella parte frontale della cabina.»

«È così,» rispose il tecnico, «adesso dovreste essere attirati dalla macchina, rallentando fino a raggiungere una velocità di cinquecento miglia orarie, rispetto all’atmosfera che vi circonda. L’operazione di frenaggio sarà a sussulti; l’astronave ha un sistema di frenaggio a intermittenza, per superare la barriera del calore.»

«Va bene. Quanto tempo ci vorrà?»

«Un paio d’ore. Potrà sopportarlo benissimo.»

Rich, a questo punto, intervenne.

«Immagini che il batiscafo passi sulla macchina di terra prima di avere diminuito sufficientemente la velocità. Signor Sakiiro, cosa farebbe in questo caso il pilota automatico? Cercherà di scendere in quel punto ugualmente?»

«Certamente no. Si tratta di un veicolo, non di un missile. Compirà un giro intorno al punto di atterraggio, a una distanza che non richiederà più di un’addizionale mezzo G per compiere la correzione di rotta. In caso di necessità, il pilota automatico potrà cercare di fare atterrare l’astronave; ma questo potremo controllarlo noi dall’alto.»

«E come? Non si aspetterà che Easy si metta a pilotare il batiscafo, immagino?»

«Non nel senso che viene comunemente dato a questa frase. Comunque, quando sarà raggiunta quella che noi chiamiamo «velocità di volo», i serbatoi centrali di frenaggio del batiscafo saranno pieni dell’atmosfera locale. Allora spiegherò a sua figlia come dovrà dare inizio all’operazione di elettrolisi; questo riempirà i serbatoi di idrogeno, e l’astronave potrà volare, una volta compiuta questa operazione, a un’altezza sufficiente a permettere l’impiego dei razzi. Allora lei e il suo giovane amico potranno far ruotare il batiscafo, mettendolo in posizione di decollo, e accendere i razzi rimanenti. Noi staremo ad aspettarli, quassù.»

«Mi era parso di sentirle dire che i razzi non erano stati collegati ancora ai circuiti del quadro di comando.»

Sakiiro rimase in silenzio per qualche istante.

«Ha ragione; lo avevo dimenticato. Questo complica il problema.»

«Vuole dire che la mia bambina è condannata all’esilio, laggiù?»

«Non necessariamente. Saranno necessarie delle manovre precise e ravvicinate; ma credo che potremo manovrare l’astronave sulla quale ci troviamo, in modo da raggiungere il batiscafo quando esso si troverà all’apogeo della sua orbita. L’intero progetto di costruzione, se lei ricorda, è stato basato sulla necessarietà di fare galleggiare la batisfera a un’altezza tale da permettere l’impiego dei razzi; e se questi razzi possono funzionare a bordo di essa, non vedo perché sia impossibile imitare il procedimento.»

«Allora potete salvarla.» La frase era in pratica una domanda. Sakiiro era un uomo onesto, ma trovò difficile fornire una risposta. Comunque la diede, dopo un attimo di esitazione, fissando negli occhi l’uomo di mezza età la cui espressione angosciata era visibilissima attraverso lo schermo.

«Dovremo riuscire a salvarli entrambi. Non le nascondo che questo sarà difficile e pericoloso; bisognerà trasferire un tecnico sulla parte esterna del batiscafo, per terminare i collegamenti dei circuiti, mentre l’apparecchio galleggia come un pallone aerostatico, facendo partire il disgraziato da un’astronave sorretta dai razzi frenanti, e la faccenda non sarà certo un gioco da ragazzi.»

«Perché non potete semplicemente prendere a bordo dell’astronave di soccorso i due bambini?»

«Perché sono certo che le loro tute spaziali non potranno sopportare la pressione esistente a quell’altezza,» replicò Sakiiro. «Non conosco i modelli drommiani, ma conosco bene i nostri.»

«Signor Sakiiro.» La voce di Easy si inserì nella conversazione.

«Sì, Easy?»

«Posso fare qualcos’altro? Non mi sembra giusto stare qui ferma, mi… mi spaventa un poco.»

Rich lanciò un’occhiata supplichevole al tecnico. Come diplomatico, era anche un grande psicologo, e conosceva bene sua figlia. Non era di natura isterica, ma non erano state certo numerose le dodicenni che si erano trovate in una situazione del genere. Lui non era in grado di suggerire qualche occupazione ragionevole, onde occupare la sua attenzione; ma fortunatamente anche Sakiiro si rese conto della necessità.

«Ci sono degli indicatori di pressione, alla sua sinistra,» disse il tecnico. «Se lei è in grado di fornirci costantemente un resoconto delle indicazioni registrate, mentre il suo amico ci avverte al minimo segno di attenuazione della luce delle stelle, la cosa potrà esserci d’aiuto. Continui finché non si sentirà troppo pesante per poter continuare agevolmente; non ci vorrà troppo tempo.»