«Il terzo mattino, però, scomparsa dietro di me la montagna, mi imbattei in qualcosa che viveva in un buco nella terra e allungava da esso un braccio per afferrare le cose che passavano. Il braccio mi afferrò per le gambe, e la mia lancia parve non procurare alcun effetto sensibile. Non credo che sarei riuscito a cavarmela, se non avessi ricevuto aiuto.»
«Aiuto?» La sbalordita domanda giunse senza la pausa caratteristica nelle osservazioni del maestro; era stato Jim a formularla. «E come hai potuto ricevere aiuto? Nessuno di noi era da quelle parti.»
«E infatti non era nessuno di noi… almeno, non esattamente. Aveva però il nostro aspetto, e si serviva di lance come le nostre; ma quando infine riuscimmo a uccidere la cosa nella fossa e cercammo di parlarci, le sue parole mi parvero del tutto diverse; a dire il vero, mi ci volle del tempo per capire che stava parlando. Faceva gli stessi rumori che noi facciamo per parlare, ma li mescolava ad altri che non abbiamo mai appreso da te.
«Dopo un certo periodo compresi che i rumori dovevano essere parole, e allora mi domandai per quale motivo non ci avessi pensato prima… dopotutto, se quella persona non era stata istruita da te, doveva avere creato da sola le sue parole per definire le cose, e sarebbe stato sciocco immaginare che avesse potuto ottenere i medesimi risultati. Decisi di andare con costui per saperne di più; in fondo, questo mi pareva ben più importante che tracciare delle semplici mappe. Se avessi potuto imparare il suo linguaggio, certo lui avrebbe potuto dirmi cose che per scoprire da soli avremmo dovuto impiegare mesi e mesi di esplorazioni.
«Non parve curarsi del fatto che lo seguivo, e lungo la strada cominciai ad afferrare qualche parola del suo linguaggio. Non fu certo facile, perché le metteva assieme in modo assai strano; non dovevo soltanto scoprire il suono che usava per definire un particolare oggetto. Cacciammo insieme, comunque, e andando avanti imparammo a parlarci. Non viaggiavamo in linea retta, ma ho tenuto bene a mente la strada che seguimmo, e potrei indicare il suo villaggio sulla mappa alla prima occasione.»
«Villaggio?» Ancora una volta era stato Jim a interromperlo; Fagin non aveva proferito verbo.
«È la sola parola che conosca per definirlo. Non era per niente simile al nostro; era un posto ai piedi di una erta collina, e c’erano dei buchi su tutta la parete di roccia. Alcuni erano assai piccoli, come i pori che possiamo scorgere in qualsiasi roccia; altri erano molto più grandi, e c’erano delle persone che ci vivevano dentro. Il mio compagno era uno di loro.
«Furono molto sorpresi nel vedermi, e cercarono di farmi un gran numero di domande; ma io non fui in grado di comprenderli tanto da poter fornire una sola risposta. Quello che aveva viaggiato con me parlò ai suoi compagni, e immagino abbia riferito di avermi incontrato; ma il loro interesse non calò, e molti continuarono a guardarmi, qualsiasi cosa facessi.
«Il pomeriggio era assai inoltrato quando raggiungemmo l’altura, e io cominciavo a pormi il problema del luogo in cui sostare per la notte. Non mi fu subito chiaro che quegli individui vivevano nella roccia, e quando alfine me ne resi conto, non ne fui troppo soddisfatto. Ci sono molte più scosse da quella parte che qui, già me n’ero reso conto, e quella altura pareva davvero una residenza di dubbia sicurezza. Quando il sole fu vicino a scomparire, decisi di lasciare la mia nuova compagnia e di accamparmi più avanti, sulla cima di una collina che avevo scoperto, e fu allora che scoprii come essi non intendessero affatto lasciarmi andare. Erano perfino pronti a usare delle maniere rudi, pur di farmi restare. A quel punto avevo imparato qualche altra parola del loro linguaggio, però, e alla fine riuscii a convincerli di non avere alcuna intenzione di lasciarli del tutto, e che il mio unico intento era quello di passare la notte da solo. C’era una quantità rimarchevole di legna da ardere intorno, e potei raccoglierne a sufficienza per la notte senza troppi inconvenienti… anzi, alcuni dei più piccoli mi aiutarono, quando capirono quello che volevo.»
«Piccoli? Non erano tutti grossi uguale?» domandò Dorothy.
«No! È una delle cose strane che non ho fatto in tempo a menzionare. Alcuni non erano più alti di un piede e mezzo, e altri erano il doppio di noi… nove piedi, se non di più. Però avevano tutti la nostra forma. Non ho scoperto il motivo di questo fatto. Uno dei più grossi, a quanto mi parve, diceva agli altri quello che doveva essere fatto, in quasi tutte le occasioni, e ho pure scoperto che i piccoli erano quelli coi quali era più facile andare d’accordo.
«Ma questo ci allontana dalla storia. Quando accesi i miei fuochi furono in molti a guardarmi, ma non parvero in grado di capire finché non sprizzò la fiamma, e allora si radunò una folla di persone meravigliate quale non credo se ne siano mai viste. Non sapevano nulla del fuoco; e penso fosse per questo che intorno alla collina era rimasta tanta legna da ardere.
«Naturalmente aveva cominciato a piovere quando accesi il fuoco, e fu divertente guardarli; sembrava che avessero una terribile paura di restare fuori, sotto la pioggia, e che pure non riuscissero a rinunciare allo spettacolo delle fiamme. Andarono avanti e indietro, ma gradualmente sparirono nei loro buchi. Dopo qualche tempo se ne erano andati tutti, anche se pochi restarono finché non videro quello che il fuoco faceva alla pioggia.
«Non vidi più nessuno per tutto il resto della notte. L’acqua non si fece troppo profonda sulla collina, e non appena il mattino l’ebbe prosciugata, uscirono tutti fuori.
«Potrei fare una lunga storia degli eventi che seguirono, ma questo dovrà aspettare. Imparai a parlare con loro in maniera soddisfacente… il modo in cui mettono insieme le loro parole è di grande aiuto, una volta scoperto il meccanismo… e riuscii pure a conoscerli abbastanza bene. La cosa più importante, direi, è che loro erano grandemente interessati a tutto quello che a me era noto e a loro no, come il fuoco, il tenere greggi di animali, e la coltivazione di piante per trarne del cibo; e vollero sapere come io fossi riuscito a sapere tutte queste cose. Parlai di te, Fagin; e non è escluso che questo sia stato un errore. Pochi giorni or sono il loro maestro, o capo, comunque tu voglia chiamarlo, venne a dirmi che voleva che io tornassi qui a prenderti, in modo che tu potessi insegnare al suo popolo tutte le cose che sai.
«Ti dirò, questo mi sembrava davvero giusto. Ho pensato che più persone tu conosci, in grado di contribuire a quello che tu desideri che noi facciamo, meglio potrà andare per tutti.» Fece una pausa, per dare a Fagin la possibilità di rispondere.
«Non è del tutto errato,» disse infatti la voce della macchina, dopo il consueto intervallo. «Che è successo, poi?»
«La mia risposta non fu pronunciata bene, a quanto pare. Interpretai la proposta come una richiesta, e risposi che sarei tornato qui di buon grado a domandarti se tu avessi voluto andare ad aiutare il popolo delle grotte. Il capo… il suo nome significa Veloce, nella loro lingua; tutti i loro nomi significano qualcosa… divenne furioso per davvero. A quanto sembra, si aspetta che gli altri facciano come lui dice, senza domande né esitazioni. Questo lo avevo già notato, ma temo di essere stato lento a utilizzare questa mia scoperta. Comunque, non vedo come lui potesse aspettarsi che tu obbedissi ai suoi ordini.
«Ma purtroppo era così; e lui decise, ascoltando le mie parole, che tu e gli altri del villaggio avreste probabilmente rifiutato. Quando accade questo, il suo primo pensiero è di ricorrere alla forza; e dal momento in cui gli diedi la mia risposta egli iniziò a progettare un assalto al nostro villaggio, per portarti via con lui, che tu volessi andare o no.
«Mi ordinò di dirgli dove si trovava il nostro villaggio, e quando rifiutai tornò a infuriarsi. Il corpo di una capra morta che qualcuno aveva portato come provvista di cibo si trovava nelle vicinanze, e lui si gettò sul cadavere e cominciò a fare su di esso delle cose terribili con il suo coltello. Dopo qualche tempo tornò a parlarmi.