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«Mi spiace» rispose «ma non abbiamo cuori. Che ne dite di qualche altro organo? Abbiamo del fegato, dell’ottimo fegato di vitello.»

«Deve essere un cuore» disse Lula. «Sa dove possiamo trovarne uno?»

«Per quanto ne so, vanno tutti a finire in una fabbrica di cibo per cani in Arkansas.»

«Non abbiamo tempo di andare in Arkansas» disse Lula. «Grazie comunque.»

Mentre uscivamo ci fermammo davanti a una vetrina di quei negozi che vendono tutto per il campeggio e comprammo un piccolo frigo portatile rosso e bianco.

«Sarà perfetto» disse Lula. «Tutto quello che ci serve adesso è il cuore.»

«Credi che avremo più fortuna a Stark Street?»

«Conosco dei macellai che vendono roba di cui è meglio non sapere la provenienza. Se non hanno un cuore da vendere, se ne procurano uno e senza fare troppe domande.»

C’erano zone di Stark Street che a confronto facevano sembrare la Bosnia una ridente località. Lula aveva lavorato a Stark Street quando faceva la prostituta. Era una lunga strada di negozi in disfacimento, palazzi in disfacimento e persone in disfacimento.

Impiegammo una mezz’ora per arrivarci, arrancando per il centro città e godendoci l’attenzione che un bolide come il nostro, con le sue marmitte personalizzate, non mancava di attirare.

Era una bella giornata di aprile, ma Stark Street era tetra. Per la strada rotolavano pagine di giornale che poi finivano contro i marciapiedi e le verande di cemento di tristissime case a schiera. Sulle facciate di mattoni, le bande di quartiere avevano spruzzato con bombolette spray i loro slogan. Ogni tanto c’era un edificio incendiato e sventrato, con le finestre annerite di fumo e inchiodate con assi di legno. Tra le case a schiera si erano inseriti abusivamente dei negozietti: un bar rosticceria, un’autofficina, una ferramenta e una macelleria, l’Omar’s Meat Market.

«Questo è il posto che fa per noi» disse Lula. «Omar’s Meat Market. Se il cuore viene usato per fare cibo per cani, di sicuro Omar lo vende per farci il brodo. Ci conviene solo verificare che non batta ancora quando lo prendiamo.»

«È sicuro lasciare la moto parcheggiata qui sul marciapiede?»

«Assolutamente no. Parcheggiala accanto alla vetrina in modo che possiamo tenerla d’occhio.»

Dietro il banco delle carni c’era un omone nero. Portava i capelli molto corti con qualche spruzzatina di grigio qua e là. Il grembiule bianco da macellaio era macchiato di sangue. Al collo aveva una grossa catena d’oro e portava un orecchino con un solitario. Fece un sorriso a trentadue denti quando ci vide.

«Lula! Ti trovo bene. Non ti ho più visto da quando hai smesso di lavorare in strada. Niente male il completo in pelle.»

«Questo qui è Omar» mi disse Lula. «Ha più o meno i soldi di Bill Gates. Gestisce questa macelleria solo perché gli piace infilare le dita nel culo delle galline.»

Omar buttò indietro la testa e fece una risata molto simile al rombo che la Harley aveva fatto riecheggiare tra le vetrine di Stark Street.

«Che posso fare per te?» chiese Omar a Lula.

«Mi serve un cuore.»

Omar non batté ciglio. Come se una richiesta del genere fosse ordinaria amministrazione. «Certo. Che genere di cuore ti serve? Che ci devi fare? Il brodo? Affettarlo e friggerlo?»

«Immagino che tu non abbia cuori umani.»

«Oggi no. Solo su ordinazione.»

«Qual è la cosa che gli assomiglia di più, allora?»

«Cuore di maiale. Quasi non si vede la differenza.»

«Okay» fece Lula «ne prendo uno.»

Omar andò verso l’estremità del bancone e infilò la mano in un recipiente pieno di organi. Ne tirò fuori uno e lo mise sulla bilancia sopra un pezzo di carta oleata. «Che ne dite di questo?»

«Non ne so molto di cuori» disse Lula a Omar. «Magari potresti darci una mano. Stiamo cercando un cuore che vada bene per un maiale di oltre cento chili che ha appena avuto un infarto.»

«Quanti anni ha questo maiale?»

«Oltre i sessantacinque, forse settanta.»

«È un maiale anzianotto» disse Omar. Tornò indietro e prelevò un altro cuore. «Questo è qui da un po’ di tempo. Non so se il maiale sia morto d’infarto, ma il cuore non ha un bell’aspetto.» Vi affondò il dito. «Non gli manca niente, intendiamoci, è solo che sembra ne abbia viste parecchie, capisci cosa voglio dire?»

«Quanto costa?» chiese Lula.

«Sei fortunata. Questo è in saldo. Posso dartelo a metà prezzo.»

Io e Lula ci guardammo.

«Okay, lo prendiamo» dissi.

Omar guardò oltre il bancone verso il minifrigo che Lula teneva in mano. «Vuoi che te lo incarti o lo vuoi tenere nel ghiaccio?»

Sulla via del ritorno in ufficio ci fermammo a un semaforo rosso e ci si piazzò accanto un tipo su una Harley modello Fat Boy.

«Bella moto» disse. «Cosa avete nel frigo?»

«Un cuore di maiale» rispose Lula.

Dopodiché il verde scattò e ce ne andammo.

Cinque minuti dopo eravamo in ufficio a mostrare il cuore a Connie.

«Cavolo, sembra vero» disse.

Io e Lula rispondemmo con un’alzata di sopracciglia.

«Non che sia in grado di distinguerli» precisò Connie.

«Funzionerà a meraviglia» disse Lula. «Tutto quello che dobbiamo fare è scambiarlo con la nonnina.»

Mi si annodò lo stomaco dalla paura. Era come se avessi tante piccole palpitazioni che mi facevano mancare il respiro. Non volevo che accadesse nulla di male alla nonna.

Io e Valerie litigavamo in continuazione da bambine. A me veniva sempre una qualche idea folle e Valerie faceva immancabilmente la spia a mia madre. Stephanie è sul tetto del garage che prova a volare, urlava Valerie a mia madre entrando di corsa in cucina. Oppure, Stephanie è in cortile che cerca di fare la pipì in piedi come i maschi. Dopo che mia madre mi aveva sgridato, quando nessuno poteva vedere, davo a Valerie una bella botta in testa. Pam! Poi ci prendevamo a pugni. E poi mia madre mi sgridava di nuovo. E alla fine scappavo di casa.

Correvo sempre a casa di nonna Mazur. Nonna Mazur non mi faceva mai la ramanzina. Ora capisco perché. In fondo in fondo, nonna Mazur era più pazza di me.

Nonna Mazur mi faceva entrare senza una sola parola di rimprovero. Trascinava le quattro sedie della cucina in soggiorno, le disponeva a quadrato e ci adagiava sopra un lenzuolo. Poi mi dava un cuscino e dei libri da leggere e mi mandava nella tenda che aveva costruito per me. Dopo un paio di minuti, sotto il lenzuolo arrivavano sempre un piatto di biscotti o un sandwich.

A un certo punto del pomeriggio, prima che mio nonno tornasse a casa dal lavoro, mia madre veniva a riprendermi e tutto si sistemava.

E ora la nonna era con quel pazzo di Eddie DeChooch. E alle sette l’avrei barattata con un cuore di maiale. «Uh!» feci.

Lula e Connie mi rivolsero un’occhiata.

«Stavo pensando ad alta voce» dissi. «Forse dovrei chiamare Joe o Ranger per farmi da appoggio.»

«Joe è la polizia» disse Lula. «E DeChooch ha detto che non vuole la polizia.»

«DeChooch non si accorgerebbe di Joe.»

«Pensi che Joe starà al gioco?»

Era proprio quello il problema. Avrei dovuto dire a Morelli che stavo scambiando la nonna con un cuore di maiale. Rivelare una notizia del genere a cose fatte e dopo che tutto aveva funzionato alla perfezione era ben diverso. Al momento assomigliava molto di più a quella volta che avevo cercato di volare dal garage.

«Magari potrebbe suggerirmi un’idea migliore» dissi.

«A Eddie DeChooch interessa una cosa sola» disse Lula. «E ce l’hai nel frigo.»

«Ho un cuore di maiale in questo frigo!»

«Be’, sì, tecnicamente è così» ammise Lula.

Probabilmente Ranger era la scelta migliore. Si trovava a proprio agio con la gente più pazza del mondo… come Lula, la nonna e me.