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Non volevo scuoterlo da quel sogno, ma in realtà le carote erano per Rex. A me le carote piacciono solo se sono passate nella pastella e fritte in un dito di grasso oppure sotto forma di torta di carote con una bella copertura di formaggio cremoso.

Morelli tirò fuori una carota per Bob ma lui gli rifilò uno sguardo della serie vorrai scherzare.

Cominciavo a sentirmi dispiaciuta per Joe. «Okay» mi arresi «vestiamoci, andiamo in cucina e cominciamo a fare rumore. Bob dovrà arrendersi.»

Cinque minuti dopo, noi ci eravamo vestiti e Bob aveva collare e guinzaglio.

«Un momento» dissi. «Non possiamo andare tutti via e lasciare il cuore a casa da solo. Ho gente che mi entra in casa ogni giorno.»

«Che gente?»

«Benny e Ziggy, tanto per cominciare.»

«La gente non può entrarti in casa come se niente fosse. È illegale. È violazione di domicilio con scasso.»

«Non è così grave» dissi. «Le prime volte sono rimasta sorpresa, ma dopo un po’ ci si fa l’abitudine.» Tirai fuori il cuore dal freezer. «Lo lascio al signor Morganstern. Lui è un mattiniero.»

«Il mio freezer è difettoso» dissi al signor Morganstern «e non vorrei che questo mi si scongelasse. Me lo può tenere fino a ora di cena?»

«Certo» disse. «Sembra un cuore.»

«È una nuova dieta. Una volta a settimana si deve mangiare un cuore.»

«Ma guarda un po’. Forse dovrei seguirla anch’io. Ultimamente sono stato un po’ svogliato.»

Morelli mi aspettava nel parcheggio. Stava correndo sul posto e ora che era all’aperto Bob aveva lo sguardo sveglio e sorridente.

«Ha già fatto i bisogni?» chiesi a Joe.

«Tutto sotto controllo.»

Morelli e Bob partirono a passo spedito mentre io arrancavo dietro. Riesco a fare cinque chilometri con dieci centimetri di tacco e posso fare shopping fino a portare Morelli all’esaurimento, ma di correre non se ne parla. Magari se si trattasse di correre per una svendita di borse, allora forse sì.

Un po’ alla volta, rimasi sempre più indietro. Quando Morelli e Bob girarono l’angolo e li persi di vista, tagliai per un cortile e uscii davanti al forno di Ferraro. Mi presi una sfogliatella alle mandorle e tornai allegramente a casa, mangiandomi il dolce. Ero quasi arrivata al parcheggio quando vidi Joe e Bob che correvano a lunghi passi per la St. James. Ripresi immediatamente a saltellare e ad ansimare.

«Dove eravate finiti?» dissi. «Vi ho perso.»

Morelli scosse la testa disgustato. «Che tristezza. Hai dello zucchero a velo sulla maglietta.»

«Sarà caduto dal cielo.»

«Sei patetica.»

Quando tornammo a casa trovammo Benny e Ziggy nell’ingresso.

«Si direbbe che abbiate fatto un po’ di jogging» osservò Ziggy. «Fa bene alla salute. Lo dovrebbero fare più persone.»

Joe mise una mano sul petto di Ziggy per trattenerlo. «Che ci fate qui?»

«Eravamo venuti a trovare la signorina Plum, ma a casa non c’era nessuno.»

«Be’, eccola qui. Non volete parlarle?»

«Certo» disse Ziggy. «Ti è piaciuta la marmellata?»

«Fantastica, grazie.»

«Non vi siete introdotti nel suo appartamento, vero?» chiese Morelli.

«Non ci permetteremmo mai» disse Benny. «Abbiamo troppo rispetto per lei. Vero, Ziggy?»

«Già, è vero» disse Ziggy. «Ma se volessi ci riuscirei. Non ho perso la mano.»

«Hai avuto modo di parlare con tua moglie?» chiesi a Benny. «È a Richmond?»

«Ho parlato con lei ieri sera. È a Norfolk. Le cose non vanno tanto bene, come del resto c’era da aspettarsi. Sono sicuro che ti rendi conto che è una situazione difficile per tutti.»

«È una tragedia. Nessun’altra novità da Richmond?»

«Purtroppo no.»

Benny e Ziggy si diressero verso l’ascensore e Morelli e io seguimmo Bob in cucina.

«Erano in casa, vero?» chiese Joe.

«Certo. A cercare il cuore. La moglie di Benny gli sta dando il tormento perché vuole che quel cuore salti fuori.»

Morelli riempì la ciotola di cibo di Bob. Il cane lo fece fuori tutto e si mise a cercarne dell’altro.

«Spiacente, amico» disse Morelli. «Ecco cosa succede quando si ingrassa.»

Mi si chiuse lo stomaco dal senso di colpa per aver mangiato la sfogliatella. In confronto a Joe io ero una vacca. Morelli aveva addominali tesi come una tavola da surf. Lui riusciva sul serio a fare le flessioni. E molte. Mentalmente le sapevo fare anche io. In pratica, fare flessioni seguiva a ruota il jogging nella classifica delle cose che mi piace fare.

Capitolo 12

Eddie DeChooch teneva nascosta la nonna da qualche parte. Probabilmente non al Burg perché in quel caso l’avrei già saputo. Presumibilmente erano nella zona di Trenton. Le località di chiamata erano entrambe urbane.

Joe mi aveva promesso di non riferire la cosa in polizia, ma sapevo che avrebbe lavorato comunque in incognito. Avrebbe fatto domande in giro e sguinzagliato i suoi colleghi piedipiatti a cercare Eddie DeChooch con molto più accanimento di me. Anche Connie, Vinnie e Lula stavano tampinando i loro informatori. Non mi aspettavo che ne venisse fuori qualcosa. Eddie DeChooch lavorava da solo. Forse faceva visita a padre Carolli ogni tanto. E forse si faceva vedere a qualche veglia funebre. Ma agiva da solo. Ero convinta che nessuno conoscesse il posto dove si rintanava. A eccezione, forse, di Mary Maggie Mason.

Per chissà quale ragione, due giorni prima, DeChooch era andato a trovarla.

Prelevai Lula in ufficio e ci dirigemmo verso l’edificio dove abitava Mary Maggie. Era metà mattina e il traffico era scorrevole. Sopra di noi le nuvole si stavano compattando. Per la seconda parte della giornata era prevista pioggia. Non importava un fico secco a nessuno, in New Jersey. Era giovedì. Che piovesse pure. Da noi ci si preoccupava solo del tempo del fine settimana.

La Low Rider entrò rombante nel parcheggio sotterraneo facendo vibrare pavimento e soffitto di cemento. La Cadillac bianca non c’era ma la Porsche argento targata MMM-YUM era parcheggiata nel suo spazio. Fermai la Harley due corsie più in là.

Io e Lula ci guardammo. Non volevamo salire di sopra.

«L’idea di parlare con Mary Maggie mi mette a disagio» dissi. «Nel fango non ho avuto il mio cosiddetto “momento di gloria”.»

«È stata tutta colpa sua. Ha iniziato lei.»

«Avrei potuto fare meglio, ma mi ha preso alla sprovvista» dissi.

«Già. L’ho capito da come continuavi a gridare aiuto. Spero solo che non voglia farmi causa per averle rotto la schiena o che so io.»

Arrivammo alla porta di casa di Mary Maggie e rimanemmo in silenzio. Respirai profondamente e suonai il campanello. Venne ad aprire Mary Maggie e non appena ci vide cercò di chiuderci la porta in faccia. Regola numero due per una cacciatrice di taglie: se una porta si apre, infilaci subito il piede.

«Cosa vuoi ancora?» chiese Mary Maggie, cercando di togliere di mezzo il mio piede.

«Voglio parlarti.»

«Mi hai già parlato.»

«Ti devo parlare un’altra volta. Eddie DeChooch ha rapito mia nonna.»

Mary Maggie smise di spingermi via il piede e mi fissò. «Dici sul serio?»

«Io ho una cosa che gli interessa. E ora è lui ad avere qualcosa che interessa a me.»

«Non so cosa dire. Mi dispiace.»

«Speravo che potessi aiutarmi a trovarla.»

Mary Maggie aprì la porta e io e Lula ci infilammo dentro senza troppi convenevoli. Non pensavo di trovare la nonna rinchiusa in un ripostiglio, però mi sentivo in dovere di controllare. L’appartamento era carino ma non troppo grande. Un ambiente unico per soggiorno, sala da pranzo e cucina. Una camera da letto. Bagno e wc. Era arredato con gusto. Mobili classici. Colori tenui. Grigi e beige. E naturalmente c’erano libri ovunque.

«Non so davvero dove sia» disse Mary Maggie. «Mi ha chiesto di prestargli la macchina. È già successo in passato. Quando il padrone del locale dove lavori ti chiede di prestargli qualcosa conviene assecondarlo. E poi è un vecchietto simpatico. Dopo che sei stata qui, sono andata dal nipote e gli ho detto che rivolevo indietro la mia macchina. Eddie me la stava riportando quando tu e la tua amica gli avete teso un’imboscata nel mio garage. Da allora non ho sue notizie.»