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La brutta notizia era che le credevo. Quella bella, era sapere che Ronald DeChooch era in contatto con lo zio.

«Mi dispiace per la scarpa» disse Mary Maggie a Lula. «L’abbiamo cercata, ma non si è trovata.»

«Mmm» fece Lula.

Io e Lula rimanemmo in silenzio finché non arrivammo al parcheggio.

«Che ne pensi?» chiese Lula.

«Penso che dobbiamo fare una visita a Ronald DeChooch.»

Avviai la moto, Lula montò su e attraversammo il garage a tutta birra, dirette alla Ace Pavers.

«Siamo fortunate ad avere un buon lavoro» disse Lula quando fermai la moto davanti all’ufficio di Ronald DeChooch. «Pensa se dovessimo lavorare in un posto come questo, a respirare catrame tutto il giorno e sempre con pezzi di robaccia nera appiccicati sotto le scarpe.»

Smontai dalla moto e mi tolsi il casco. L’odore di asfalto bollente incombeva su di noi e oltre il cancello chiuso, i rulli anneriti e i camion della pece emanavano tremule onde di calore. Non c’erano uomini in giro, ma era ovvio che i macchinari erano stati in funzione fino a poco tempo prima.

«Saremo professionali ma decise» dissi a Lula.

«Vuoi dire che non accetteremo stronzate da quel caprone bifolco di Ronald DeChooch.»

«Hai di nuovo guardato il wrestling in TV» dissi a Lula.

«L’ho videoregistrato, così posso rivedere gli incontri di The Rock.»

Io e Lula prendemmo coraggio ed entrammo senza bussare. Questa volta non ci saremmo fatte fermare da un branco di stronzi che passano il tempo a giocare a carte. Questa volta avremmo preteso delle risposte. Avremmo preteso rispetto.

Attraversammo rapidamente il piccolo corridoio dell’ingresso e di nuovo senza bussare andammo dritte nell’ufficio interno. Spalancammo una porta dietro l’altra e ci ritrovammo faccia a faccia con Ronald DeChooch che giocava al dottore con la segretaria. A dire il vero non fu proprio un faccia a faccia visto che DeChooch ci dava le spalle. Anzi, a essere precisi ci dava il suo grosso culo peloso visto che stava montando la poverina da dietro. Aveva le brache calate alle caviglie e la donna era piegata sul tavolino delle carte, tenendosi come meglio poteva.

Ci fu un momento di stupito silenzio, poi Lula scoppiò a ridere.

«Dovresti prendere in considerazione l’idea di farti la ceretta al culo» consigliò Lula a DeChooch. «Hai davvero un brutto sedere.»

«Cristo» esclamò DeChooch, tirandosi su i pantaloni. «Uno non è padrone di avere una relazione neanche nel proprio ufficio.»

La donna si tirò su, si sistemò la gonna e cercò di ficcare nuovamente le tette nel reggiseno. Poi sgambettò via, imbarazzata a morte, con le mutandine in mano. Mi augurai che fosse ben ricompensata per quel che faceva.

«Che volete ancora?» chiese DeChooch. «Avete in mente qualcosa in particolare o siete soltanto venute a vedere una dimostrazione?»

«Tuo zio ha rapito mia nonna.»

«Cosa?»

«L’ha presa ieri. Come riscatto vuole che gli consegni il cuore.»

La sorpresa nei suoi occhi si fece un tantino più intensa. «Sai tutto del cuore?»

Io e Lula ci scambiammo un’occhiata.

«Io… ehm, ce l’ho io il cuore» dissi.

«Gesù Cristo. Come cazzo l’hai avuto?»

«Non importa come l’ha avuto» intervenne Lula.

«Giusto» dissi. «Quello che importa è che sistemiamo la faccenda. Prima di tutto voglio che mia nonna torni a casa. Poi rivoglio il Luna e Dougie.»

«Per tua nonna posso fare qualcosa» disse Ronald. «Non so dove si stia nascondendo mio zio Eddie, ma ogni tanto lo sento. Ha un cellulare. Per quegli altri due la faccenda è diversa. Non ne so niente. Anzi, mi pare che nessuno ne sappia niente.»

«Eddie dovrebbe chiamarmi questa sera alle sette. Non voglio che qualcosa vada storto. Gli darò il cuore e rivoglio indietro mia nonna. Se succede qualcosa di brutto a mia nonna o se non me la restituisce in cambio del cuore, la cosa prenderà una brutta piega.»

«Ricevuto.»

Io e Lula ce ne andammo. Ci chiudemmo alle spalle due porte, montammo sulla Harley e poi via. Due isolati più in là dovetti accostare perché ridevamo così tanto che temevo saremmo potute cadere dalla moto.

«È stato davvero il massimo» disse Lula. «Se vuoi catturare l’attenzione di un uomo basta beccarlo con i pantaloni calati.»

«È la prima volta che vedo qualcuno mentre lo fa!» dissi a Lula. Mi si era infuocato il viso per le risate. «Non mi sono neanche mai guardata allo specchio.»

«È meglio non guardarsi allo specchio» disse Lula. «Sono gli uomini che adorano gli specchi. Si guardano mentre lo fanno e gli sembra di vedere uno stallone. Le donne, invece, si guardano e la prima cosa che gli viene in mente è che devono assolutamente rinnovare l’iscrizione in palestra.»

Stavo cercando di riprendermi quando mia madre mi chiamò al cellulare.

«Sta succedendo qualcosa di strano» disse. «Dov’è tua nonna? Perché non è tornata a casa?»

«Sarà a casa questa sera.»

«Hai detto la stessa cosa anche ieri. Chi è l’uomo con cui si trova adesso? Questa faccenda non mi piace proprio per niente. Che dirà la gente?»

«Non ti preoccupare. La nonna è stata molto discreta. È solo che doveva fare questa cosa.» Non sapevo cos’altro dire così simulai il suono di un’interferenza. «Oh-oh» feci «si sta per interrompere la comunicazione. Devo proprio andare.»

Lula stava guardando oltre le mie spalle. «Vedo che in fondo alla strada» disse «c’è una grossa macchina nera appena uscita dall’area della ditta di pavimentazioni. E tre uomini sono appena usciti dalla porta principale e giurerei che ci stanno indicando.»

Guardai per vedere cosa stava succedendo. Da quella distanza era impossibile distinguere i dettagli, ma sembrava che uno di loro ci stesse effettivamente indicando. Gli uomini salirono in macchina e l’auto partì nella nostra direzione.

«Forse Ronald si è dimenticato di dirci qualcosa» disse Lula.

Avevo una strana sensazione al petto. «Avrebbe potuto chiamare.»

«A pensarci bene, forse non avresti dovuto dirgli che hai il cuore.»

Merda.

Io e Lula saltammo in sella alla moto ma ormai la macchina era a solo un isolato di distanza e ci stava raggiungendo.

«Tieniti stretta» urlai. E scattammo via. Accelerai verso la curva e la presi larga. Non ero ancora abbastanza brava sulla moto da correre rischi.

«Ehi» mi urlò Lula in un orecchio «ce li abbiamo dietro.»

Con la coda dell’occhio vidi che la macchina si avvicinava di lato. Eravamo su una strada a due corsie e ci separavano due isolati dalla Broad. Queste strade secondarie erano deserte, ma sulla Broad ci sarebbe stato traffico a quell’ora del giorno. Se fossi riuscita ad arrivarci, forse li avrei seminati. L’auto mi superò, si allontanò un po’ e poi si piazzò di traverso, bloccandoci la strada. Le portiere della Lincoln si aprirono, tutti e quattro gli uomini scesero e io mi fermai con una brusca frenata. Sentii il braccio di Lula sulla mia spalla e intravidi la sua Glock.

Tutto si fermò.

Alla fine uno degli uomini si fece avanti. «Ronnie ha detto di consegnarti il suo biglietto da visita nel caso avessi bisogno di metterti in contatto con lui. C’è su il suo numero di cellulare.»

«Grazie» dissi, prendendo il biglietto. «Ronald è stato previdente a pensarci.»

«Già. È uno in gamba.»

Poi risalirono in macchina e se ne andarono.