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Fui percorsa da un brivido involontario. «Brrr.»

«Già. Ti capisco. Sono arrivato sulla scena per secondo. Ho visto la Cadillac e mi si sono ritirate le palle.»

Da dove mi trovavo non riuscivo a vedere granché della macchina. E la cosa non mi dispiaceva ora che sapevo quanto era distrutta. Era stata colpita da un treno merci e il treno non sembrava aver subito alcun danno. Da quel che riuscivo a vedere non c’era stato nessun deragliamento.

«Qualcuno ha chiamato Mary Maggie Mason?» chiesi. «Se questa è la macchina che guidava Eddie DeChooch, la proprietaria è Mary Maggie.»

«Dubito che qualcuno l’abbia chiamata» disse Costanza. «Non credo che siamo così organizzati.»

Da qualche parte tra le mie cose dovevo avere l’indirizzo e il numero di telefono di Mary Maggie. Frugai nella borsa tra spiccioli, carte di chewing gum, mentine, limetta per le unghie e tutte le altre cianfrusaglie che si raccolgono nel fondo. Alla fine trovai quello che cercavo.

Mary Maggie rispose al secondo squillo.

«Sono Stephanie Plum» le dissi. «Hai riavuto la macchina?»

«No.»

«C’è stato un incidente ferroviario ed è rimasta coinvolta una Cadillac bianca. Pensavo che magari potresti venire qui e vedere se riesci a identificarla.»

«Ci sono feriti?»

«Troppo presto per dirlo. Al momento stanno lavorando sul rottame.»

Le diedi indicazioni sul luogo e le dissi che l’avrei aspettata.

«A quanto pare tu e Mary Maggie siete colleghe» disse Costanza. «Mi dicono che vi rotolate nel fango insieme.»

«Già» risposi «sto pensando di dare una svolta alla mia carriera professionale.»

«Ti consiglio di ripensarci. Pare che lo Snake Pit sia sul punto di chiudere. Gira voce che i suoi conti siano in rosso da due anni.»

«È impossibile. Era pieno zeppo di gente.»

«I posti come quello fanno soldi con la vendita di alcolici e la gente non beve abbastanza. Vanno, pagano l’ingresso e finisce lì. Sanno che se bevono troppo possono essere segnalati e magari vedersi ritirata la patente. Ecco perché Pinwheel Soba si è tirato fuori. Ha aperto un’attività a South Beach dove ha sempre un sacco di gente. A Dave Vincent non importa. Per lui si trattava solo di una buffonata. I soldi gli vengono da attività di cui è meglio non sapere.»

«E così Eddie DeChooch non sta ricavando niente dal suo investimento?»

«Non lo so. Questa gente frega il fisco, ma la mia impressione è che DeChooch non ci ricavi molto.»

Tom Bell era l’investigatore incaricato del caso Loretta Ricci e, a quanto sembrava, gli avevano affidato anche questo. Era uno degli sbirri in borghese che si agitavano intorno all’auto e al locomotore. Si girò e venne verso di noi.

«C’era qualcuno nella macchina?» chiesi.

«Non si sa. Il locomotore butta fuori così tanto calore che non riusciamo ad avere una rilevazione precisa dall’apparecchiatura termosensibile. Dovremo aspettare che il locomotore si raffreddi oppure estrarre l’auto dai binari e aprirla. È una cosa che porta via del tempo. Una parte è rimasta intrappolata sotto il locomotore. Stiamo aspettando delle attrezzature speciali per lavorarci. Quello che sappiamo di sicuro è che nella macchina non c’è nessuno ancora vivo. E per anticipare la tua prossima domanda, non siamo stati in grado di leggere la targa, quindi non sappiamo se si tratti dell’auto che guidava DeChooch.»

Essere la ragazza di Morelli ha i suoi vantaggi. Mi vengono fatti dei favori speciali, come per esempio dare una risposta alle mie domande.

Il passaggio a livello di Deeter Street ha una campana e una sbarra. Ci trovavamo a circa duecento metri da lì, tanto era stata sbalzata lontano la macchina. Il treno era lungo e arrivava oltre Deeter Street. Da dove mi trovavo vedevo che le sbarre erano ancora abbassate. Era possibile che ci fosse stato un guasto e si fossero abbassate dopo l’incidente. Ma a me sembrava più probabile che l’auto si fosse fermata di proposito sui binari e avesse aspettato di essere colpita dal treno.

Sul lato opposto della strada individuai Mary Maggie e le feci cenno con la mano. Avanzò a fatica tra i curiosi e mi raggiunse. Vide da lontano la macchina e impallidì.

«Oh mio Dio» esclamò con occhi sbarrati e un’espressione palesemente scioccata in viso.

Presentai Mary Maggie a Tom e gli spiegai che poteva essere la proprietaria dell’auto.

«Se la facciamo avvicinare pensa di riuscire a dirci se si tratta della sua auto?» chiese Tom.

«C’è qualcuno dentro?»

«Non lo sappiamo. Non si vede nessuno. Potrebbe anche essere vuota. Ma non possiamo esserne certi.»

«Mi sto sentendo male» disse Mary Maggie.

Tutti si mobilitarono. Acqua, sali, busta di carta. Non so da dove sbucassero tutte quelle cose. Gli sbirri sanno muoversi in fretta quando hanno davanti una campionessa di lotta nel fango sul punto di vomitare.

Una volta smesso di sudare e riacquistato un po’ di colore in viso, Mary Maggie venne accompagnata da Bell più vicino alla macchina. Io e Costanza gli eravamo dietro di qualche passo. Non avevo particolarmente voglia di vedere la carneficina, ma non volevo neanche perdermi qualcosa.

Ci fermammo tutti a circa tre metri dai rottami. Il locomotore era immobile ma Bell aveva ragione, emanava ancora molto calore. L’enorme massa ferrosa di quella macchina incuteva paura anche da ferma.

Mary Maggie fissò quel che restava della Cadillac e ondeggiò turbata. «È la mia macchina» disse. «Almeno credo.»

«Da cosa lo capisce?» chiese Bell.

«Dal tessuto dei rivestimenti interni. Mio zio li aveva fatti rifare in blu. Non era il normale tessuto di serie.»

«Qualcos’altro?»

Mary Maggie scosse la testa. «Non credo. Non c’è rimasto granché da vedere.»

Tornammo tutti indietro e ci unimmo al resto delle persone. Dei camion che portavano pesanti attrezzature di soccorso accostarono e iniziarono a lavorare sulla Cadillac. Avevano piazzato una cesoia gigante, ma stavano usando torce all’acetilene per estrarre l’auto da sotto il treno. Si stava facendo buio ed erano stati portati dei faretti trasportabili per illuminare la scena, creando un’atmosfera sinistra, da set cinematografico di film dell’orrore.

Sentii qualcuno tirarmi per la manica e quando mi voltai vidi che si trattava di nonna Mazur che era in punta di piedi e cercava di vedere meglio la scena dell’incidente. Con lei c’era Mabel Pritchet.

«Hai mai visto una cosa simile?» disse la nonna. «Alla radio hanno detto che una Cadillac bianca era stata schiacciata da un treno e mi sono fatta accompagnare da Mabel. È la macchina di Eddie?»

«Non ne siamo sicuri, ma pensiamo che ci siano buone probabilità.»

Presentai la nonna a Mary Maggie.

«È un vero piacere» disse la nonna. «Sono una grande fan del wrestling.» Tornò a guardare ciò che restava della Cadillac. «Sarebbe un vero peccato se dentro ci fosse Eddie. È così carino.» La nonna si allungò davanti a me verso Mary Maggie. «Sapevi che sono stata rapita? Con tanto di busta in testa.»

«Avrà avuto paura» disse Mary Maggie.

«Be’, all’inizio credevo che Choochy avesse solo qualche idea perversa. Ha un problema con il pene, sai. Non riesce a fare niente. Gli rimane giù, come fosse morto. Ma poi ho scoperto di essere stata rapita. Che roba, eh? Prima abbiamo fatto un giro in macchina, poi ho sentito che entravamo in un garage con una porta automatica. Il garage era comunicante con uno di quei seminterrati abitabili, con un paio di camere da letto e una stanza per la TV. E in quella stanza c’erano delle sedie rivestite con un tessuto leopardato.»

«Conosco quella casa» disse Mary Maggie. «Ci sono andata a una festa, una volta. C’è anche un cucinino, vero? E il bagno di sotto ha una carta da parati con un motivo a uccelli tropicali.»