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— Allora vado — disse. Si incamminò sul terreno pianeggiante, tenendo la telecamera puntata davanti a sé, e mentre si avvicinava qualcosa nell’aspetto dei cilindri cominciò a preoccuparlo. Sembravano ordigni militari. Torpedini, forse.

Lo stesso pensiero doveva essere venuto anche ad Aesop. — Michael, hai fatto il controllo polyrad della zona?

— Sì. — Targett non l’aveva fatto, ma mentre rispondeva alzò il polso sinistro ed esaminò il quadrante. Non registrava niente di insolito. Inquadrò il quadrante con la telecamera, per dimostrare che non vi erano testate nucleari in giro.

— Tutto pulito. Ti sembrano torpedini questi affari, Aesop?

— Potrebbero essere qualsiasi cosa. Procedi con attenzione.

Targett, che ci aveva già pensato da solo, strinse le labbra cercando di non pensare ad Aesop. Giunse vicino al primo cilindro, osservando meravigliato il suo splendore elettrostatico.

— Tieni la telecamera a un metro dall’oggetto — suggerì Aesop. — Giragli attorno e riportati al punto di partenza.

— Sì, signore — disse Targett, calcando la voce sul “signore” e muovendosi come un granchio attorno al cilindro. Una delle due estremità era appuntita e finiva con un buco rotondo, del diametro di un centimetro circa. Un anello di vetro nero, praticamente indistinguibile dal metallo circostante, si trovava a circa un palmo dalla punta. L’altra estremità del cilindro, più arrotondata, era coperta di piccoli buchi, simili a quelli di un salino. Nella sezione mediana dell’oggetto si scorgevano varie piastre fissate sulla superficie per mezzo di viti che avrebbero anche potuto essere state costruite sulla Terra, tranne per il fatto che avevano il taglio a forma di Y. Non c’erano scritte o contrassegni di nessun tipo.

Mentre terminava il suo giro, Targett pensò ancora una volta, con emozione, all’esperienza incredibile di essere così vicino a una macchina fabbricata da una civiltà scomparsa. Decise di impadronirsi di un ricordo dell’oggetto e di portarselo a bordo di nascosto, se si fosse presentata l’occasione. «Anzi» pensò «tutta una serie di pezzi mi frutterebbe un buon guadagno rivendendoli…»

— Grazie, Michael — disse Aesop. — Ho raccolto i dettagli dell’esterno. Ora vedi se puoi svitare le piastre dalla sezione centrale.

— Va bene.

Targett restò un poco sorpreso di fronte alla richiesta di Aesop, ma posò la telecamera a terra, in modo che potesse inquadrare le sue azioni, ed estrasse il pugnale.

— Aspetta un momento, Mike — intervenne Surgenor, con voce insospettatamente forte e chiara, nonostante le centinaia di chilometri che li separavano.

— Un minuto fa hai parlato di torpedini. Che aspetto hanno queste cose?

— Dave — disse Targett con tono stanco — perché non ritorni al tuo pranzo?

— Mi è andato per traverso. Adesso dimmi come sono fatti quegli oggetti.

Targett gli descrisse rapidamente i cilindri, con un senso crescente di esasperazione. La sua passeggiata lungo i secoli, fra i relitti di una civiltà extraterrestre morta da tempo immemorabile, cominciava ad essere sempre più ostacolata dalle meschine restrizioni del presente.

— Ti spiace se adesso vado avanti? — concluse.

— Non credo che dovresti toccare queste cose, Mike.

— E perché no? Anche se sembrano torpedini, Aesop mi avrebbe avvertito se ci fosse una qualche probabilità che esplodano.

— Credi davvero? — disse Surgenor con voce dura. — Non dimenticarti che è un computer.

— Non devi dirlo a me. Proprio tu sei uno di quelli che gli attribuiscono una personalità.

— Ragiona un momento: non ti sei accorto di come ha cambiato atteggiamento all’improvviso? All’inizio voleva che tu stessi lontano dai cilindri, adesso ti chiede di smontarne uno.

— Il che prova che secondo lui non c’è pericolo.

— Il che prova che secondo lui potrebbe esserci pericolo, testone. Ascolta, Mike, questa tua gita ha assunto un aspetto un po’ diverso da quello che ci aspettavamo all’inizio, e dal momento che sei stato tu ad offrirti volontario per questa missione, Aesop preferisce che sia tu a rischiare, mentre lui sta a guardare.

Targett scosse la testa, anche se nessuno poteva vederlo. — Se Aesop pensasse che c’è qualche rischio mi ordinerebbe di allontanarmi.

— Proviamo a chiederlo a lui — disse Surgenor. — Aesop, perché hai chiesto a Michael di svitare il rivestimento di uno dei cilindri?

— Per vedere com’è fatto dentro — rispose il computer.

Surgenor sospirò. — Scusa. Qual è la ragione che ti ha indotto a permettere che Mike conducesse da solo l’indagine, invece di aspettare l’arrivo dei due moduli o della stessa nave?

— Gli oggetti in questione assomigliano a torpedini, o missili, o bombe — rispose Aesop senza esitazioni. — Ma l’assenza completa di elementi di collegamento meccanici o elettrici sulla loro superficie suggerisce che possano essere ordigni automatici e autosufficienti. Il loro sistema repulsore è ancora in funzione, perciò c’è la possibilità che anche altri sistemi siano ancora attivi o in grado di essere attivati. Se gli oggetti sono davvero armi automatiche, evidentemente è meglio che siano esaminate da un solo uomo piuttosto che da quattro o dodici, specialmente dal momento che l’individuo in questione ha rifiutato un ordine diretto di lasciare la zona, e dunque ha limitato la responsabilità legale del Servizio Cartografico, e i suoi obblighi.

— Come volevasi dimostrare — commentò Surgenor acidamente. — La scelta sta a te, Mike. Il Capitano Aesop crede fermamente che bisogna sempre cercare il bene più grande per il maggior numero di persone. E in questo caso tu sei la minoranza.

— Non posso rischiare la nave -disse Aesop.

— Lui non può rischiare la nave, Mike. Adesso sai quali sono i rischi e puoi rifiutarti di avvicinarti a quegli oggetti, finché non arriva una squadra con tutti gli strumenti necessari.

— Non credo che ci sia qualche pericolo reale — disse Targett con voce ferma. — E poi, quello che dice Aesop mi sembra ragionevole: è un rischio calcolato, lo vado avanti.

Analizzando i propri sentimenti, Targett fu sorpreso di scoprire che si sentiva un po’ deluso da Aesop. Era sempre stato contrario al modo con cui i suoi compagni personalizzavano il computer, eppure in fondo al suo cuore aveva sempre considerato Aesop come un’entità benevola, che vegliava su di lui in maniera più scrupolosa di quanto ci si sarebbe mai potuti aspettare da un comandante umano. Forse quell’argomento avrebbe offerto molti spunti a uno psicoanalista, ma per il momento il suo interesse era tutto concentrato sull’interno del cilindro. Si slacciò il pesante zaino, lo posò a terra e si inginocchiò vicino alla macchina aliena.

Il taglio a forma di Y delle viti non era il più adatto per la punta del pugnale, ma le viti stesse, per fortuna, erano a molla, e una volta premute si svitarono facilmente. Sollevò con cautela la prima piastra, mettendo alla luce una massa di componenti e di circuiti, la maggior parte dei quali sembravano duplicati e sistemati simmetricamente lungo un asse comune. I fili e i cavi erano grigi, senza alcun codice di colori, ma sembravano nuovi, come se fossero stati installati da poche settimane, e non millenni prima.

Targett, che non aveva nessuna preparazione scientifica, a parte quella appresa durante i corsi dell’SC, provò improvvisamente un rispetto profondo per le creature che avevano creato i cilindri. In cinque minuti aveva smontato tutte le piastre ricurve e le aveva appoggiate in fila vicino al cilindro. L’ispezione all’interno dell’oggetto non gli disse niente di più sulle sue funzioni, ma il meccanismo che si trovava nella punta aveva l’aspetto ostile e inequivocabile di una mitragliatrice.