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— E a cosa può servire? — La breve, irrazionale speranza di Targett si trasformò in rabbia e panico. — Ho ventisei colpi e ci sono trecento di quei robot là fuori.

— Trecentosessantadue, per essere precisi — disse Aesop. — Adesso ascolta le mie istruzioni e obbedisci senza perdere altro tempo. Spara un colpo di ultralaser contro una delle torpedini. Cerca di colpire il più possibile vicino alla punta, senza rischiare di mancare il colpo. Poi descrivi esattamente gli effetti.

— Maledetto presuntuoso! Rendendosi conto dell’inutilità di insultare un computer, Targett estrasse la pistola dalla fondina e alzò il mirino telescopico. Lo regolò su un debole ingrandimento, e si contorse nello spazio ristretto fra le due rocce, finché non trovò una buona posizione per sparare. Il controllo del respiro, essenziale per una buona mira, era impossibile, con i polmoni che ansimavano come mantici per l’aria viziata, ma le torpedini erano un bersaglio relativamente facile per un’arma a radiazione. Attese finché non ne apparve una nel suo segmento di cielo, centrò il reticolo sulla punta conica e premette il grilletto. Mentre la prima capsula del caricatore scaricava la sua energia, un lampo abbagliante della durata di un quarto di secondo uscì dalla canna e si rifranse per un attimo contro il muso della torpedine. Il cilindro nero sembrò ondeggiare per un attimo, poi si riprese e sparì dalla vista, apparentemente illeso.

Targett sentì che la fronte gli si copriva di sudore. Per quanto incredibile potesse sembrare, lui, Mike Targett, l’individuo più importante dell’universo, stava per morire, come tutti gli esseri anonimi che erano morti prima di lui.

— Ne ho colpito uno — disse muovendo a fatica le labbra. — Proprio sulla punta. Ha continuato a volare come se non fosse successo niente.

— È rimasto qualche segno sul metallo?

— Non credo. Ma li vedo contro luce, e non posso esserne del tutto sicuro.

— Hai detto che la torpedine ha continuato a volare come se non fosse successo niente — insistette Aesop. — Pensaci bene, Michaeclass="underline" non c’è stata nessuna reazione?

— Ecco, mi sembra che abbia vacillato per una frazione di secondo, ma…

— Proprio come mi ero aspettato — commentò Aesop. — L’interno della torpedine che hai esaminato suggeriva che fosse dotata di duplici sistemi sensori e di controllo. I nuovi dati confermano questa interpretazione.

— Accidenti a te, Aesop — mormorò Targett — credevo che avessi intenzione di aiutarmi, invece ti preoccupi solo di raccogliere nuovi dati. D’ora in poi, fa’ da solo il tuo sporco lavoro. Mi dimetto dal Servizio.

— La radiazione dell’ultralaser dovrebbe aver neutralizzato i sensori primari — continuò Aesop imperturbabile — facendo entrare in azione quelli secondari. Un altro colpo contro la stessa torpedine la renderebbe ingovernabile, e ci sono buone probabilità che l’impatto provochi la rottura dello schermo protettivo del motore, che sembra essersi deteriorato col tempo. L’alto livello di radiazioni non-direzionali prodotte da un incidente a un motore di questo tipo, a sua volta, dovrebbe essere sufficiente a saturare entrambi i canali sensori delle altre torpedini, il che provocherebbe…

— Può funzionare! — Targett provò una fitta di sollievo, simile a un raggio di sole, che svanì rapidamente com’era giunta. Cercò con uno sforzo di nascondere le proprie emozioni, soprattutto a Dave Surgenor. — Il guaio è che non si vede nessun segno sulle torpedini, dopo che sono state colpite, e se cerco di tirare fuori la testa per guardarmi in giro, me la riducono a un colabrodo. Forse questa è la soluzione migliore, almeno finirebbe tutto in fretta.

— Lasciami dire una cosa, Aesop — si udì la voce di Surgenor. — Ascolta, Mike, hai ancora una possibilità. Ti restano venticinque capsule nel caricatore. Spara alle torpedini che passano, e forse riuscirai a colpirne una due volte.

— Grazie, Dave. — Con un grigio senso di rassegnazione si rese conto di quello che restava da fare. -Apprezzo il tuo interessamento, ma ricordati che sono io che devo giocare. Ventisei su trecentosessantadue significa una probabilità su tredici. Tredici è un brutto numero, e non mi sento molto fortunato.

— Ma se è la tua sola possibilità…

— Non la sola. — Targett si mise in ginocchio, preparandosi a una mossa estrema. — Ho una buona mira con le armi a radiazione. La mia scommessa migliore è di uscire e cercare di colpire una di quelle cose due volte.

— Non farlo, Mike — disse Surgenor con ansia.

— Mi spiace. — Targett si mosse in avanti, teso. — Ormai la mia decisione…

— La tua decisione è piuttosto irrazionale — lo interruppe Aesop — forse a causa della mancanza di ossigeno. Ti sei dimenticato di aver lasciato cadere la telecamera fuori dal tuo rifugio?

Targett esitò nell’attimo di gettarsi fuori. — La telecamera? Funziona ancora? Riesci a vedere tutto lo stormo?

— Non tutto, ma abbastanza da permettermi di seguire ciascuna torpedine per una buona parte del suo giro. Ti dirò io quando sparare, e regolando i colpi secondo il periodo di rotazione dello stormo, possiamo avere buone probabilità di colpire la stessa torpedine due volte.

— Va bene, Aesop, hai vinto. — Targett tornò a distendersi a terra, oppresso dal triste pensiero che ormai qualsiasi cosa facesse, il risultato finale sarebbe stato lo stesso. Respirava affannosamente, boccheggiando: i suoi polmoni rifiutavano ormai l’aria viziata, e le dita si muovevano a fatica dentro i guanti. Sollevò la pistola e guardò attraverso il mirino.

— Comincia a sparare quando vuoi, per iniziare la serie. — La voce di Aesop gli giunse debolmente, attraverso il rombo che sentiva nelle orecchie.

— Va bene. — Attese che una torpedine apparisse nel triangolo di cielo, e sparò una vampata di energia verso la punta. La torpedine ondeggiò per un istante, poi continuò il suo volo. Targett ripeté l’operazione altre volte, sempre con lo stesso risultato, finché il mucchietto di capsule vuote espulse dall’arma superò la dozzina.

— Dove sei, Aesop? — disse affannosamente. — Perché non mi aiuti?

— Le radiazioni ultralaser non lasciano alcun segno sulla superficie delle torpedini, perciò sono costretto a lavorare su una base puramente statistica — disse Aesop. — Ma ormai ho una quantità di dati sufficienti per prevedere il loro movimento con un indice di probabilità soddisfacente.

— E allora fallo, per l’amor di Dio!

Vi fu una piccola pausa. — Ogni volta che dico “ora” spara alla prima torpedine che appare nel tuo campo visivo.

— Sono pronto. — Targett sbatté le palpebre per schiarirsi la vista. Puntini neri, circondati da un alone luminoso, avevano cominciato a danzargli davanti agli occhi.

— Ora!

Una torpedine apparve un istante dopo e Targett premette il grilletto. Il raggio ultralaser investì la punta, ma dopo un tremito iniziale, il cilindro nero continuò per la sua rotta, sparendo dalla vista di Targett.

— Ora!

Targett sparò ancora, con lo stesso risultato.

— Ora!

Ancora una volta il raggio d’energia colpì una torpedine senza nessun effetto visibile.

— Non funziona. — Targett mise a fuoco con difficoltà gli occhi sull’indicatore posto sul calcio. — Mi restano otto cariche. Comincio a pensare… a pensare che dovrei applicare il mio piano prima che…

— Non perdere tempo, Michael. Ora!

Targett tirò il grilletto e un’altra torpedine continuò indisturbata la sua corsa.

— Ora!

Disperato, Targett sparò ancora. La torpedine era uscita dal suo campo visivo, prima che gli venisse il sospetto che forse aveva cambiato direzione.

— Aesop — riuscì a dire — credo che…

Si udì un’esplosione sorda, e il segmento triangolare di cielo divenne di un bianco abbagliante. Soltanto l’oscuramento immediato dell’elmetto salvò gli occhi di Targett dalla furia dell’esplosione. Il bagliore accecante continuò per qualche secondo, mentre il motore alieno finiva di disintegrarsi. Poteva immaginare i sensori primari e quelli secondari delle torpedini saltare, e le macchine precipitare al suolo o andare a fracassarsi contro i fianchi delle colline e…