— Lo so, ma… — Surgenor non finì la frase. Non voleva dare ulteriore sostanza alla sua sensazione mettendola in parole. Era raro trovare una donna fra gli equipaggi operativi del Servizio Cartografico. In parte a causa degli sforzi fisici richiesti (ogni membro dell’equipaggio, per esempio, doveva essere in grado di cambiare la ruota di un modulo in qualunque condizione), ma Surgenor sospettava che la ragione principale stesse nel fatto che le donne non riuscivano a capire lo scopo di quel lavoro. Lui stesso sapeva bene che la stragrande maggioranza delle mappe che aveva aiutato a tracciare non sarebbero mai state utilizzate; ma nello stesso tempo, capiva che dovevano essere tracciate, che le informazioni dovevano essere raccolte e registrate… anche se gli riusciva difficile spiegare esattamente perché. La maggior parte delle donne, invece, non capiva il senso di questa vaga fedeltà all’etica scientifica, e Surgenor, quando lavorava con loro, cominciava a provare un senso di incertezza sullo scopo di tutta la sua vita.
Quella mattina, comunque, la sua preoccupazione principale riguardava il modo in cui i fattori casuali riguardanti la Missione 837/LM/ 4002a avevano cominciato a combinarsi. Prima c’era stato il guasto ai banchi memoria di Aesop che gli permettevano di guidare la nave attraverso le correnti gravitoniche dello spazio-beta; poi la riparazione troppo rapida e facile del guasto; poi la partenza inaspettata di Marc Lamereux; e infine la scoperta che al posto di Marc sarebbe venuta una donna.
Surgenor cercava di fare del suo meglio per essere obiettivo e razionale, ma nonostante tutti i suoi sforzi non poteva togliersi dalla testa che stava per imbarcarsi per un viaggio-jolly che avrebbe messo la parola fine a tutti i viaggi-jolly.
La festa d’addio per Marc Lamereux cominciò presto e finì tardi, ma nonostante la grande quantità di alcool consumata, Surgenor non riusciva veramente a divertirsi. Aveva commesso l’errore tattico di alzare un po’ il gomito durante i brindisi del pranzo, vicino alla piscina, poi aveva passato il pomeriggio a dormire, col risultato che il resto della giornata fu una delusione per quel che riguardava l’intossicazione alcoolica.
— È come quella faccenda dell’omne animal post coitum triste, tranne che non finisce mai — disse ad Al Gillespie mentre sedevano insieme al bar. — Credo che si tratti di una legge di natura poco conosciuta: ci si può ubriacare solo una volta al giorno.
Gillespie scosse la testa. — Non è una legge poco conosciuta, Dave. È una delle regole fondamentali della sbornia: se incominci presto, devi continuare per tutto il giorno.
— Ormai è troppo tardi. — Surgenor inghiottì il suo whisky, caldo e senza sapore, e girò lo sguardo sulle pareti di vetro della stanza discretamente illuminata dove era situato il bar. Al di là delle piante esotiche che crescevano sulla terrazza, le luci della città si curvavano fino all’orizzonte, lungo una baia nella quale cento motoscafi tracciavano scie luminose sull’acqua. Le onde, eccitando al loro passaggio una miriade di piccole creature marine fosforescenti, sembravano fatte di freddo fuoco verde, e davano l’impressione che il mare avesse acquistato vita mentre la terra dormiva nel buio. E molto in alto, nel cielo, al di sopra della volta di luminosità artificiale, poche stelle di prima grandezza splendevano pazientemente, in attesa.
Surgenor, escluso dalla chiassosa allegria dei suoi compagni, provò un senso acuto di solitudine. Delos era un mondo bellissimo e ospitale, ma non era la sua casa; gli uomini che chiamava amici, e coi quali trascorreva tutte le ore della sua vita, non erano veramente suoi amici. Certo, lo trattavano con amabile tolleranza e rispetto, ma nessun altro atteggiamento sarebbe stato possibile entro i confini ristretti della nave, e se si fosse ritirato, il suo sostituto sarebbe stato trattato esattamente nello stesso modo.
«Straniero, volontario» pensò, ricordando il frammento di un vecchio verso che per decenni aveva rappresentato un suo credo personale. Nel senso usato dal poeta, la frase doveva descrivere un uomo che non restava mai abbastanza a lungo in un posto per familiarizzarsi con esso, ma per Surgenor significava anche che gli equipaggi dei moduli, esseri umani incompleti e imperfetti, trattavano le relazioni personali nello stesso modo. E lui ne era un esempio lampante. Aveva scelto di vivere come uno straniero in una nave di stranieri, e anche se conosceva Marc Lamereux da cinque anni, nessuno dei due era particolarmente triste al pensiero della separazione. E quale accusa più grande poteva esserci per il suo modo di vita?
Ripensando agli anni trascorsi sulla Sarafand, Surgenor vedeva una serie di uomini salire sulla nave, restarci per periodi più o meno lunghi di tempo, sparire. Alcune delle facce erano sfocate, altre le ricordava con chiarezza, senza una ragione particolare. Clifford Pollen, il cui libro piuttosto superficiale era stato finalmente pubblicato, era diventato un giornalista di successo in un’agenzia coloniale. Il giovane Bernie Hilliard era riuscito a tagliare la corda prima che finisse il suo contratto biennale ed era tornato sulla Terra a fare l’insegnante in una scuola media. Ce n’erano stati molti altri, tutti diversi fra loro, ma con una cosa in comune: l’incapacità di restare a lungo, e per questo Surgenor aveva sempre provato per loro un certo disprezzo. Ma ora gli sembrava che quelle che lui aveva sempre considerato debolezze potessero essere piuttosto delle virtù. Forse rappresentavano preziose lezioni di vita, che lui si era ostinatamente rifiutato di apprendere.
Un’esplosione di risate e un vociare allegro, in un’altra parte della stanza, disturbò i pensieri di Surgenor senza mutare il suo stato d’animo. Cambiò il suo whisky stantio con uno nuovo, e si allontanò dal bar in cerca di un angolo più tranquillo. La compagnia aveva raggiunto la cinquantina di persone : ai membri della Sarafand si erano uniti uomini di altre navi e un gruppetto di funzionari e tecnici della stazione. C’era anche un certo numero di ragazze, ognuna delle quali era oggetto delle attenzioni di almeno tre giovanotti, e Surgenor pensò che sarebbe stato bello, molto bello, poter parlare a una donna in una sera come quella.
Sfortunatamente, per quanto l’idea lo attirasse, non aveva molte possibilità di metterla in pratica. Non se la sentiva di competere con dei giovani scatenati nella speranza di attirare l’attenzione di una ragazza, che in ogni caso l’avrebbe considerato probabilmente una figura paterna; e neppure aveva intenzione di abbandonare la festa e mettersi a girare per la città. Tutto quello che poteva fare era sfidare la cosiddetta legge fondamentale della sbornia di Gillespie e cercare di immettersi nella stessa orbita alcoolica di alcuni suoi colleghi. Inghiottì un abbondante sorso di whisky, e stava per avvicinarsi al gruppo raccolto intorno al piano, quando la porta si aprì ed apparve la figura curva di Harold Beresford, l’Amministratore di settore. Insieme a lui c’era una donna alta e snella, coi capelli corti e un vestito a un pezzo. Surgenor osservò la coppia con occhi gelosi, chiedendosi come avesse fatto quell’individuo fissato e litigioso, famoso fra gli uomini del Servizio a causa della sua passione per l’uncinetto, a dimostrare più preveggenza di lui, portandosi una compagnia femminile alla festa. L’ingiustizia di quella situazione stava accrescendo ancor di più il suo malumore, quando notò la spilla con l’ammasso stellare sul colletto della donna, e gli venne in mente che probabilmente si trattava della sostituta di Lamereux. Chiedendosi se per caso il fato non avesse deciso di dargli un premio speciale, Surgenor si fece incontro a Beresford e gli strinse la mano.
— David Surgenor, vero? — disse l’uomo, scrutandolo in faccia. — Bene! Siete proprio l’uomo adatto per introdurre Christine agli altri. Christine, vi presento David Surgenor.
— Chiamami Chris — disse la donna con un sorriso aperto. La sua stretta di mano fu più ferma di quella di Beresford. Surgenor notò che aveva dei calli sul palmo.