Mentre i secondi passavano, Surgenor sentì crescere dentro di sé la tensione che precedeva sempre il miracolo del balzo nello spazio-beta. Quella volta, forse perché la posta in gioco era tanto alta, l’attesa sembrò più lunga del normale, la tensione più snervante. Surgenor si costrinse a restare seduto immobile, come se fosse a suo agio, mentre cercava di mettere in relazione il tempo oggettivo con quello soggettivo; ma fu solo quando vide Gillespie e Voysey guardare i loro orologi che si dovette convincere che, per quanto potesse sembrare mostruosamente ingiusto, qualcos’altro non aveva funzionato sulla Sarafand.
— Credi che dovremmo chiedere ad Aesop? — gli mormorò Gillespie, che era seduto al suo fianco.
— Se c’è qualche intoppo ci penserà lui a… — Fu interrotto dallo scampanellio che precedeva sempre un annuncio ufficiale del computer.
— Devo informare tutti i presenti che non è possibile eseguire il balzo in programma verso l’Obiettivo Uno.
Vi fu un immediato mormorio di sorpresa e di irritazione, al di sopra del quale si udirono parecchie richieste di spiegazione. Nessuno sembrava particolarmente allarmato, e Surgenor cominciò a chiedersi se tutti i suoi timori per un viaggio-jolly non l’avessero reso pessimista più del dovuto.
— La ragione per la quale non possiamo fare il balzo è che i miei sensori beta-spaziali mi forniscono dati che non posso accettare. — Aesop aveva alzato il volume della voce, in modo da farsi sentire al di sopra del mormorio.
— Sii più preciso, Aesop — gridò Voysey.
— Come saprete tutti, se avete studiato i manuali dell’SC, un balzo nello spazio-beta viene eseguito attraverso vari stadi. Nel primo, un’unità sensoria viene fatta ruotare dallo spazio-cinque allo spazio-beta, poi viene riportata indietro, dopo che ha analizzato e registrato il flusso gravitonico. Appena i suoi dati sono stati messi in relazione con quelli dello spazio normale, in altre parole, appena la stella che costituisce l’obiettivo è stata identificata e localizzata, l’intera nave viene fatta a sua volta ruotare nello spazio-beta, viene fornita la spinta adeguata e la nave è fatta ruotare una seconda volta nello spazio normale, nelle vicinanze della stella.
— Queste cose le sappiamo — disse Voysey irritato. — Veniamo al punto, Aesop.
— Ci sono già arrivato, Victor, ma rispiegherò la situazione per te.
— Al tono di rimprovero nella voce di Aesop, Voysey guardò gli uomini seduti vicino a lui con una smorfia.
— Il sistema di astronavigazione della nave ha dei circuiti di bloccaggio che mi impediscono di fare un balzo a meno che non sappia perfettamente dove salto. Non sono in grado di localizzare la nostra destinazione nello spazio- beta, e quindi la nave non può muoversi.
— Tutto qui? — disse Ray Kessler, rompendo il silenzio che era seguito alle ultime parole di Aesop.
— Basta che prendi la mira, Aesop. L’Obiettivo Uno è qui a due passi. — Indicò col dito la stella all’interno del cerchio verde. Mentre l’uomo parlava, il gelo dello spazio intergalattico, privo di stelle, che era restato in letargo dentro a Surgenor, cominciò a muoversi e ad allungare i suoi neri tentacoli.
— Il fatto che un oggetto stellare sia facilmente identificabile nello spazio normale, non significa che lo sia altrettanto nello spazio-beta — rispose Aesop.
— Nello spazio-beta non esiste luce, né alcuna altra forma di radiazione elettromagnetica. La navigazione viene eseguita captando e analizzando i flussi di gravitoni emessi dalle masse stellari. I gravitoni sono difficili da captare, e la loro direzione non è prevedibile. Per usare l’analogia che trovate nei vostri manuali, un viaggiatore nello spazio-beta è come un cieco in una grande sala piena di correnti, nella quale un gruppo di persone faccia delle bolle di sapone. Lui deve trovare la strada da una persona all’altra servendosi solo delle bolle che vanno a scoppiare sulla sua pelle.
— Qual è il problema allora? Non riesci a sentire le bolle?
— Non in modo utile. Il gravitone, il quantum gravitazionale, è stato ritenuto sempre una costante universale, ma in questa regione dello spazio sembra essere una variabile crescente legata al tempo.
— Aesop! — Mike Targett era saltato in piedi, gli occhi fissi su Surgenor. — È una condizione locale? Limitata a questo ammasso?
— Questa conclusione si accorda con i dati a mia disposizione.
— E allora portaci fuori di qui, per l’amor di Dio! Fai un balzo alla cieca. Da qualsiasi parte.
Ci fu una pausa prima che Aesop rispondesse, il tempo sufficiente perché il gelo che paralizzava Surgenor gli raggiungesse il cervello.
— Ripeto: il sistema di astronavigazione è dotato di una serie di blocchi, che impediscono di effettuare un balzo finché la destinazione non è stata selezionata e verificata. Non mi è possibile scegliere una destinazione. Quindi la nave non si può muovere.
Targett scosse la testa, rifiutandosi di accettare quell’affermazione. — Allora è solo una questione meccanica, un dispositivo di sicurezza. Possiamo escluderlo.
— È uno dei parametri fondamentali su cui è costruito il sistema di controllo della nave. Per modificarlo sarebbe necessario ridisegnare e ricostruire l’unità centrale di controllo. Un lavoro che richiede un alto grado di specializzazione, e in più le risorse di una grossa fabbrica. — Ancora una volta, il tono staccato e pedante di Aesop non si accordava col significato delle sue parole, e a Surgenor, la cui mente aveva preso il volo verso l’allegoria, apparve l’immagine fantastica di un giudice che si metteva un naso di cartapesta per pronunciare la propria sentenza di morte.
— Capisco. — Targett si guardò intorno, con un sorriso pallido e innaturale, poi uscì verso la sala mensa.
— Di cosa stavate parlando? — chiese Kessler. — Che cosa sta succedendo? — Te lo dico io — intervenne Burt Schilling, con voce rauca per il panico. — Dicono che la nave non si può muovere. È così, vero, Dave? Surgenor si alzò, guardando la porta da dove era uscito Targett.
— È un po’ presto per giungere a una conclusione.
— Non cercare di darla a bere a me, grosso bastardo. — Schilling si mosse verso Surgenor, agitando un dito accusatore. — Lo sai benissimo che siamo bloccati qui. Avanti, ammettilo.
Surgenor si rese conto che il solito meccanismo era scattato: come tante volte nel passato, lo avevano identificato con la nave e con il suo inesistente capitano. Ma ora anche le sue riserve si erano esaurite.
— Non ho niente da ammettere — disse con voce dura. — Puoi rivolgerti anche tu a Aesop. Parla con lui. — Si voltò per andare a cercare Mike Targett.
— Io sto parlando con te! -Schilling lo prese per un braccio. Surgenor, invece di resistere, si lasciò tirare indietro il braccio, poi ne assecondò il movimento con tutte le sue forze. Colto di sorpresa, Schilling cadde di spalle, colpì il basso parapetto della zona di osservazione e cadde, urlando, verso le stelle. Un istante dopo urtava contro lo schermo curvo. Un interruttore automatico fece accendere le luci, mentre le stelle impallidivano e sparivano sulla superficie interna della sfera grigia. Schilling, che boccheggiava, ma non sembrava seriamente ferito, giaceva steso tenendosi lo stomaco con le mani e guardando Surgenor con occhi carichi di odio.
— Quando il ragazzine si sarà ripreso — disse Surgenor agli altri — ditegli di inoltrare i suoi reclami ad Aesop. Io ho i miei problemi a cui pensare. Theo Mossbake si schiarì la voce. — Siamo davvero bloccati?
— Per il momento si direbbe di sì. Ma razionando il cibo potremo sopravvivere tre mesi, se non di più. Avremo il tempo per cercare una soluzione.
— Ma se la nave non…
— Parlate con Aesop! — Surgenor si girò e uscì dalla sala di osservazione, col fiato grosso. Nella mensa, si prese un bicchiere di acqua gelata e la bevve lentamente, poi salì sulla scaletta. La porta della quinta stanza era chiusa, ma non a chiave. Surgenor bussò adagio, poi chiamò il nome di Targett. Non vi fu alcuna risposta, e dopo aver atteso qualche secondo, Surgenor aprì la porta. Mike Targett era seduto sul bordo del letto, con la testa bassa. Aveva la fronte coperta di sudore e gli occhi vitrei, ma per il resto sembrava normale e padrone di sé.