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Alla fine, non fece nessuna delle due cose, ma si limitò a permettere a Theodrin di prendere il suo mantello, ricamato ai bordi con fiori gialli, e versarle una tazza di té. Non dovette chiederle nessuna delle due cose, e Theodrin si ritirò in un angolo, dando degli strattoni al suo scialle e assumendo un’espressione imbronciata mentre Romanda occupava lo sgabello vuoto. Malgrado le gambe disuguali dello sgabello, Romanda riuscì a farlo sembrare un seggio nel Consiglio della Torre o forse un trono, mentre si aggiustava lo scialle dalla frangia gialla che aveva indossato sotto il mantello.

«I negoziati stanno andando male» disse con quella sua acuta voce musicale. Lo fece comunque suonare come un proclama. «Varilin si sta mordendo le labbra dalla frustrazione. Anche Magla è frustrata, se è per questo, e perfino Saroiya. Quando Saroiya arriva al punto di digrignare i denti, la maggior parte delle Sorelle starebbe giù urlando.» Fatta eccezione per Janya, ogni Adunante che aveva avuto un seggio prima della divisione della Torre si era insinuata nei negoziati. Stavano discutendo con donne che avevano conosciuto allora nel Consiglio, dopotutto. Beonin era stata quasi degradata a sbrigare delle commissioni.

Romanda toccò il suo té con le labbra, poi tenne la tazza da un lato sul suo piattino senza dire una parola. Theodrin si precipitò dall’angolo per prendere la tazza dal vassoio e aggiungere del miele prima di ridarla all’Adunante e andare a mettersi di nuovo nel cantuccio. Romanda assaggiò di nuovo il suo té e annuì in segno di approvazione. Il volto di Theodrin si imporporò.

«I negoziati andranno come andranno» disse Egwene attentamente. Romanda si era opposta a ogni genere di negoziati, fasulli o meno. E sapeva cosa sarebbe successo stanotte. Mantenere il Consiglio all’oscuro su quello era sembrato un inutile schiaffo nei loro confronti. La stretta crocchia dietro la testa di Romanda si mosse a scatti mentre lei annuiva. «Ci hanno già mostrato una cosa: Elaida non acconsentirà che le Adunanti che parlano in sua vece cedano di un pollice. Se ne sta rintanata nella Torre come un ratto in un muro. L’unico modo per stanarla è scatenarle contro dei furetti.» Myrelle emise un suono con la gola, guadagnandosi un’occhiata sorpresa da parte di Maigan. Gli occhi di Romanda restarono fissi su quelli di Egwene.

«Elaida verrà rimossa in un modo o nell’altro» disse Egwene con calma, appoggiando la propria tazza di té sul piattino. La sua mano non tremava. Cosa aveva appreso quella donna? E come?

Romanda fece una debole smorfia verso il suo té, come se, dopotutto, mancasse ancora un po’ di miele. O per la delusione che Egwene non avesse detto di più. La donna si mosse sul suo sgabello con l’aria di una spadaccina che si prepara per un altro attacco, la lama che si sollevava. «Quello che hai detto sulla Famiglia, Madre. Che ce ne sono oltre un migliaio invece di poche dozzine. Che alcune hanno cinque o seicento anni.» Scosse il capo a quella cosa tanto inverosimile. «Com’è possibile che la Torre non se ne sia mai accorta?» Non era una semplice domanda: la stava sfidando.

«Abbiamo appreso solo di recente quante selvatiche ci sono fra il Popolo del Mare» replicò con gentilezza Egwene. «E non siamo ancora sicure di quante ce ne siano in realtà.» La smorfia di Romanda non fu così debole, stavolta. Era stata la Gialla a confermare per prima la presenza di centinaia di selvatiche del Popolo del Mare nella sola Illian. Primo colpo per Egwene.

Ma un colpo non era sufficiente per finire Romanda. O nemmeno per ferirla gravemente. «Dovremo dar loro la caccia, una volta che le nostre faccende qui saranno terminate» disse in tono cupo. «Lasciarne rimanere qualche dozzina a Ebou Dar e Tar Valon, solo per aiutarci a rintracciare le fuggitive, era una cosa, ma non possiamo permettere che un migliaio di selvatiche restino... organizzate.» Mise ancora più sdegno nella parola, nell’idea che delle selvatiche potessero organizzarsi, che non nel resto. Myrelle e Maigan stavano osservando attentamente, in ascolto. Maigan si stava perfino sporgendo in avanti, tanto era assorta. Nessuna delle due sapeva più delle storie che Egwene aveva diffuso, che tutti supponevano provenissero direttamente dalle spie di Siuan.

«Ben più di un migliaio,» la corresse Egwene «e nemmeno una selvatica. Tutte donne mandate via dalla Torre, eccetto qualche fuggitiva che ha eluso la cattura.» Non alzò la voce, ma espose ogni punto con fermezza, incontrando lo sguardo di Romanda. «In ogni caso, come proponi di dar loro la caccia? Sono sparpagliate in ogni paese, in ogni genere di mestiere. Ebou Dar è stato l’unico posto in cui si siano radunate o incontrate non per caso, e tutte quelle sono fuggite con l’arrivo dei Seanchan. Fin dalle Guerre Trolloc, la Famiglia ha permesso alla Torre di sapere solo quello che loro volevano si sapesse. Duemila anni, nascoste sotto il naso della Torre. I loro numeri sono aumentati mentre quelli della Torre sono diminuiti. In che modo proponi di trovarle ora, fra tutte le selvatiche là fuori che la Torre ha sempre ignorato perché ‘troppo vecchie’ per diventare novizie? Le donne della Famiglia non risaltano in alcun modo, Romanda. Usano il Potere tanto spesso quanto le Aes Sedai, ma mostrano l’età come chiunque altro, seppur più lentamente. Se vogliono rimanere nascoste, non saremo mai in grado di rintracciarle.» E questi erano diversi colpi a favore di Egwene, senza subirne nessuno. La fronte di Romanda riluceva debolmente di sudore, un sicuro segno di disperazione per una Aes Sedai. Myrelle era seduta estremamente immobile, ma Maigan pareva sul punto di cadere a faccia in giù dal suo sgabello, per quanto era instabile.

Romanda si umettò le labbra. «Se incanalano, dovrebbero acquisire il volto senza età. Se invecchiano, non è possibile che incanalino molto spesso, o forse non lo fanno mai. E non c’è alcun modo in cui possano vivere cinque o seicento anni!» Niente più sotterfugi, pareva.

«C’è solo una vera differenza fra le Aes Sedai e la Famiglia» disse in tono tranquillo Egwene. Le parole apparivano comunque fragorose. Perfino Romanda sembrò trattenere il respiro. «Hanno lasciato la Torre Bianca prima di poter giurare sul Bastone dei Giuramenti.» Ecco: era allo scoperto finalmente.

Romanda sussultò come se avesse ricevuto un colpo mortale. «Tu non hai ancora pronunciato i giuramenti» disse con voce roca. «Hai intenzione di rinunciarvi? Di chiedere alle Sorelle di rinunciarvi?» Ci fu un rantolo da parte di Myrelle o di Maigan. O forse di entrambe.

«No!» esclamò brusca Egwene. «I Tre Giuramenti sono ciò che ci rende Aes Sedai, e io giurerò sul Bastone dei Giuramenti non appena sarà nostro!» Inspirando profondamente, modulò il proprio tono. Ma si sporse anche verso l’altra donna, cercando di coinvolgerla, di includerla. Di convincerla. Quasi protese una mano. «Per come stanno ora le cose, le Sorelle si ritirano per trascorre i loro ultimi anni in pace, Romanda. Non sarebbe meglio se quelli non fossero i loro ultimi anni? Se le Sorelle si ritirassero nella Famiglia, potrebbero legare la Famiglia alla Torre. Allora non ci sarebbe bisogno di una futile caccia.» Era arrivata a tanto; ormai poteva pure compiere l’ultimo passo. «Il Bastone dei Giuramenti può svincolare come vincolare.»