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Sir Roger strinse le labbra e gettò un’occhiata verso il padiglione che proteggeva sua moglie ed i figli.

«Questo è ovvio», ammise. «Io spero solo di riuscire a ritardare ancora un po’ l’attacco».

«E dopo?», incalzai.

«Non so.» Sir Roger roteò su se stesso verso di me e mi fissò con lo sguardo di un rapace che piomba sulla preda, aggiungendo: «Ma questo è il mio segreto, mi capisci? te lo dirò come in confessione: se tutto questo trapela, se la nostra gente scoprirà quanto sono preoccupato e che non ho il minimo piano… per tutti noi sarà la fine.»

Feci un cenno d’assenso col capo. Sir Roger piantò gli speroni nel fianco del proprio cavallo e tornò al galoppo verso il campo, gridando come un ragazzo.

CAPITOLO IX

Durante la lunga attesa, prima che giungesse il mezzogiorno su Tharixan, il mio Signore chiamò a consiglio i Capitani. Un tavolo a cavalletto venne eretto davanti all’edificio centrale e ci sedemmo tutti attorno.

«Per grazia di Dio,» cominciò Sir Roger, «ci è stato concesso un certo respiro. Come tutti voi potete notare, ho fatto in modo che tutte le loro navi scendessero a terra, e cercherò di guadagnare più tempo possibile. Ma questo tempo bisogna metterlo a frutto. Dobbiamo rafforzare le nostre difese, inoltre saccheggeremo il forte alla ricerca di mappe, libri ed altre fonti di informazione. Quelli tra i nostri uomini che hanno maggior attitudine all’arte della meccanica, dovranno studiare e provare ogni macchina che troveremo, in modo che possiamo imparare anche noi come erigere schermi di energia, come volare e, insomma, come poter opporre resistenza ai nostri nemici. Ma tutto questo deve essere fatto in grande segreto, in luoghi nascosti agli occhi degli avversari perché, se dovessero scoprire che non sappiamo nulla di tutte queste diavolerie…».

Con un sorriso Sir Roger si passò un dito sulla gola.

Il buon Padre Simon, il suo cappellano, divenne verdastro.

«Era proprio necessario?», chiese debolmente.

Sir Roger fece un cenno nella sua direzione.

«Ho del lavoro anche per voi, Padre. Io avrò bisogno di Fratello Parvus, perché mi faccia da interprete coi Wersgorix, ma abbiamo un prigioniero, Branithar, che parla Latino…».

«Io non direi proprio, Milord.» lo interruppi. «Le sue declinazioni sono atroci e ciò che fa dei verbi irregolari non può essere descritto con acconce parole in una nobile compagnia.»

«Ciononostante, fintantoché non avrà imparato sufficientemente l’Inglese, sarà necessario un chierico per parlare con lui. Perché lui dovrà spiegare a coloro che studiano le macchine catturate tutto ciò che non comprendono, ed inoltre dovrà fare da interprete quando interrogheremo gli altri prigionieri wersgoriani.»

«Ah, ma lui si presterà?», indagò Padre Simon. «Quello è un pagano assai recalcitrante, figlio mio, ammesso che abbia davvero un’anima. Pensa, solo qualche giorno fa, sulla nave, nel tentativo di addolcirgli quel cuore di pietra, sono entrato nella sua cella ed ho cominciato a leggergli ad alta voce l’elenco delle generazioni da Adamo a Noè, ed avevo appena passato Jared, che mi sono accorto che si era addormentato come un sasso!»

«Fatelo portare qui,» ordinò allora il mio Signore. «E cercate anche Hubert il Guercio. Ditegli di venire qui con tutto l’armamentario.»

Mentre aspettavamo, parlando sottovoce, Alfred Edgarson notò che rimanevo in silenzio.

«Ebbene, Fratello Parvus,» esclamò col suo vocione, «cos’è che ti turba? Tu hai poco da temere, penso, dal momento che sei un uomo di Dio. Ma anche noi, se ci comportiamo bene, non avremo nulla da temere, se non un po’ di penitenza in Purgatorio. E poi ci uniremo a San Michele per far sentinelle alle mura del Paradiso. Non è così?»

Non volevo proprio scoraggiarlo dicendo loro quanto mi era venuto di pensare ma, quando insistettero tutti, risposi:

«Ahimé, miei prodi, il peggio può già essersi abbattuto su di noi.»

«Cosa?», abbaiò Sir Brian Fitz-William. «Come sarebbe a dire? Non startene lì a piagnucolare!»

«Mentre viaggiavamo verso questo pianeta non avevamo nessun modo sicuro per misurare il tempo», sussurrai in risposta. «Le clessidre sono troppo imprecise e, dopo che abbiamo raggiunto questo luogo creato dal Diavolo, ci siamo perfino dimenticati di rovesciarle. Ma quant’è lungo il giorno qui? Che giorno è sulla Terra?»

Sir Brian assunse un’aria perplessa.

«Davvero non lo so. Ma che importa?»

«Immagino che voi abbiate mangiato del manzo a colazione,» risposi, «siete sicuri che non sia venerdì?»

Tutti sussultarono e si guardarono spalancando tanto d’occhi.

«Quando sarà domenica?», gridai. «Mi sapete dire la data dell’Avvento? Come faremo ad osservare la Quaresima e la Pasqua con queste due lune che ci confondono le idee?»

Thomas Bullard si prese il viso tra le mani.

«Siamo rovinati!»

Sir Roger si alzò in piedi.

«No!», gridò rivolto agli altri. «Io non sono un prete e neanche un uomo molto pio. Ma non è stato proprio Nostro Signore in persona a dire che il settimo giorno era fatto per l’uomo e non l’uomo per il settimo giorno?»

Padre Simon aveva un’espressione dubbiosa.

«Io posso concedere dispense speciali in occasioni straordinarie,» disse, «ma non so bene fin dove posso arrivare con questa facoltà.»

«Tutto questo non mi piace», mugugnò Bullard. «Mi sembra che Dio abbia distolto da noi la sua mano perché non abbiamo osservato i digiuni ed i sacramenti.»

Sir Roger si adirò. Per un momento osservò i suoi uomini da cui il coraggio defluiva come il vino da un boccale crepato; poi si calmò, scoppiò in una sonora risata e gridò:

«Nostro Signore non aveva forse ordinato ai suoi seguaci di andare il più lontano possibile per diffondere la Sua parola e che Lui sarebbe sempre stato con loro? Non discutiamo i Sacri Testi. Forse noi pecchiamo venialmente in questa contigenza ma se è così, un uomo non piagnucola, bensì cerca di fare ammenda. Faremo delle costose offerte per emendarci, e per ottenere i mezzi per fare queste offerte non abbiamo forse l’intero Impero Wersgoriano a portata di mano, un Impero da spremere come un limone per ottenerne il riscatto? Questo dimostra che è stato Dio stesso a ordinarci questa guerra!»

Sir Roger sguainò la spada, che sprizzò lampi accecanti alla luce del sole, e la tenne brandita verso l’alto.

«Con questa, col mio Sigillo di Cavaliere, ed il mio braccio, che è anche il Segno della Croce, io giuro di battermi per la gloria di Dio!»

Lanciò in aria l’arma che roteò lucente nel tepore del mattino, poi la riafferrò al volo e la fece roteare tanto che la sua lama vibrò.

«Lotterò con questa spada!»

Gli uomini lanciarono un debole evviva. Solo il tetro Bullard si astenne. Sir Roger si chinò verso quel Capitano e lo udii dire:

«La prova incontrovertibile del mio ragionamento è che taglierò a pezzi chiunque solleverà ulteriori obiezioni.»

In effetti, sentii che con la sua rozza logica il mio padrone aveva afferrato la verità. Quando ne avessi avuto il tempo, avrei riplasmato la sua logica nella debita forma sillogica, tanto per essere sicuro della sua esattezza; ma per il momento ne fui molto incoraggiato e gli altri se non altro non si sentirono più così demoralizzati.

Poi un soldato andò a prendere Branithar che, in piedi davanti a noi ci fissò con occhi di fuoco.

«Buongiorno,» gli disse con gentilezza Sir Roger per mio tramite. «Vorremmo che tu ci aiutassi ad interrogare i prigionieri e a studiare le macchine catturate.»