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Fothergill aveva attribuito il disturbo all’eccessivo uso di pane tostato e burro, a colazione; spiegazione che Breton aveva trovato ancora meno soddisfacente delle più recenti teorie, secondo cui si trattava di irritazioni temporanee della corteccia visiva. Un tetro pomeriggio, quando lui e gli altri lettori sedevano nel vecchio edificio della biblioteca, immobili come oggetti pietrificati in fondo a un pozzo, sfogliò le pagine di una pubblicazione medica sconosciuta e rimase colpito nel trovarvi disegni precisi — non delle forme di fortificazione, che nessun artista sarebbe riuscito a riprodurre — ma della stella nera che talora le sostituiva.

Uno dei disegni era opera del filosofo francese Blaise Pascal, e un altro, risalente addirittura al XII secolo, era stato eseguito dalla Badessa Hildegarde von Bingen.

“Vidi una grande stella” aveva scritto la Badessa “molto splendente e bellissima, e circondata da una miriade di scintille cadenti, mentre declinava verso sud… E, d’improvviso, ecco che scompaiono tutte e si trasformano in carboni neri che precipitano nell’abisso, cosicché non posso più vederli.”

Breton lesse in fretta ma, come aveva potuto constatare anche per altri casi, non si accennava a visite nel passato successive a quei fenomeni. Sotto questo aspetto, lui probabilmente era davvero unico.

Un anno più tardi, Breton scrisse pedantemente nel suo taccuino:

Ora propendo più che mai per la teoria secondo cui tutti i sofferenti di emicrania sono dei potenziali viaggiatori nel tempo, frustrati nei loro impulsi. La forza che produce lo stimolo temporale è il desiderio di tornare nel passato, possibilmente per rivivere periodi di intensa felicità, ma più probabilmente per correggere errori che, visti in retrospettiva, hanno avuto un effetto deleterio sul corso degli eventi.

Prima della morte di Kate, il mio caso personale era un singolare esempio di uno che “avrebbe potuto” quasi tornare nel passato, non perché spinto da una ragione particolarmente forte, ma per il fatto di avere una soglia psichica particolarmente bassa, una conformazione anomala del sistema nervoso. (Le turbe visive potevano essere provocate da un graduale spostamento temporale della retina che, in fin dei conti, è un’estensione del cervello, e quindi è anche l’organo di senso più intimamente associato all’attività del sistema nervoso centrale).

Ma, dalla morte di Kate, le mie potenziali capacità di andare nel passato hanno raggiunto un livello anomalamente elevato, dando come risultato frequenti viaggi. Tralasciando il problema di formulare delle ipotesi filosofiche capaci di conciliare le implicazioni fisiche, resta la questione di come mettere in pratica la teoria. Ergotamine, metisergide, diuretici… tutti questi medicamenti vengono usati per ridurre gli effetti dell’emicrania, ma non è a questo che penso…

E dopo cinque anni:

L’assegno mensile di Hetty è arrivato oggi. Era superiore al solito, il che mi ha permesso di saldare il conto con la Società Scientifica Clermont, con mio grande sollievo. A questo punto, non intendo compromettere il mio credito con dei pagamenti a rate, sebbene mi rimanga sempre di riserva la casa, il cui valore è notevolmente aumentato. (Che buona idea ho avuto quando ho concesso il controllo formale dei miei affari a Hetty e a quel nuovo tecnico, Tougher. Mi preoccupa solo il pensiero che, questa volta, lei arrotondi di tasca sua l’assegno che mi manda.)

Ho un motivo per essere eccitato, oggi. Il mio lavoro è passato dallo stadio di ricerca a quello costruttivo sperimentale. Avrei potuto arrivarci prima, se non avessi imboccato delle strade sbagliate. Tutta colpa dei suggerimenti del dottor Garnet, della clinica per l’emicrania; sono contento di aver troncato i rapporti con quell’organizzazione. I sintomi preliminari, l’afflusso di sangue al cervello, la reazione ai diversi medicinali, il metabolismo delle amine… tutte cose inutili. (Almeno per quanto concerne il mio lavoro. Non devo denigrare il dottor Garnet.)

E pensare che devo la mia grande scoperta all’uso di un cacciavite malfatto!

Ignoro cosa mi abbia spinto ad aspirare il siero da quella grossa bolla che si era prodotta sul palmo della mia destra, a meno che non l’abbia fatto perché pensavo continuamente al possibile uso dei dolori causati dall’emicrania come meccanismo deterrente per aumentare gli impulsi cronomotori. I lavori eseguiti alla clinica hanno stabilito che una sostanza chiamata “kinina” si produce nelle arterie craniche durante gli attacchi di emicrania, nelle persone non abbastanza fortunate da essere affette da “hemicrania sine dolore".

Il siero di una vescica non provoca dolore, ma io ho provato che, quando lo si aspira dalla vescica e lo si mette a contatto col vetro, produce kinina, la quale, se il liquido viene reimmesso nella vescica, sicuramente provoca dolore. Iniettando kinina ai primi sintomi di ticopsia che precedevano i miei tre ultimi viaggi, fui in grado di soffrire di veri attacchi di emicrania, e per la prima volta, sentii quei tre olmi stormire al vento.

Finalmente ho concluso la prima fase del mio lavoro e ora mi trovo a dover affrontare il problema di effettuare lo spostamento temporale di una notevole massa fisica, e cioè del mio corpo. Prevedo che sia necessario un enorme potenziamento degli impulsi nervosi, e ho la sgradevole sensazione di dover cercare una qualche scappatoia alle Leggi di Kirchoff.

Tuttavia sono pieno di fiducia. Devo cercare però di mantenervi calmo per non provocare un altro viaggio. L’eccitazione infatti è tradizionalmente uno dei fattori che provocano l’emicrania. Ho letto da qualche parte un appunto del patriota francese, dottor Edward Liveing, che, nel 1873, diceva: “…È convinzione comune che non è da tutti poter godere impunemente del piacere di assistere a certe rappresentazioni teatrali dove la gloria della Francia viene quotidianamente celebrata con rumori e fumo…".

E dopo altri tre anni:

Il superamento delle Leggi di Kirchoff è stato in fondo più facile del previsto (se si prende in considerazione la quarta dimensione diventano possibili tante cose), ma avevo sottovalutato molto le spese. La vendita della casa e dei mobili mi ha fruttato solo una piccola parte della somma necessaria. Per fortuna sono riuscito a persuadere Hetty e Tougher a modificare l’accordo stipulato quasi otto anni fa e a rilevare la mia compartecipazione nell’azienda. Sono preoccupati per me, specialmente Hetty, ma credo di essere riuscito a convincerli che sono sano tanto di mente che di corpo. Hetty è invecchiata molto e fuma troppo.

Kate, mia adorata, questa è l’ultima volta che mi rivolgo a te scrivendo su questo taccuino. Ormai non è molto lontano il tempo, in cui ne sfogheremo insieme le pagine se, fino a quel momento, cara, fino a quel momento…

Breton aspettò che calasse la sera, prima di recarsi nel parco.

Parcheggiò la vecchia Buick a qualche centinaio di metri dall’ingresso della Cinquantesima Strada e passa qualche minuto a controllare l’equipaggiamento. Prima di tutto, il cappello. L’aveva messo sul sedile posteriore, e pareva un qualunque vecchio cappello un po’ sformato, se non ci fossero stati i lampi di luce arancione che di tanto in tanto saettavano al suo interno. Lo prese, se lo sistemò in testa con cura, e impiegò qualche istante a collegare i cavi che scendevano dalla fascia interna, con gli altri che sporgevano dal colletto della camicia. Quando ebbe terminato di collegarli, sollevò il bavero dell’impermeabile e provò a muoversi. L’intrico di cavi sfregava sulla pelle, graffiandogliela, ma gli permetteva una completa libertà di movimento. Poi si occupò del fucile. Quando aveva svuotato la casa, al momento di venderla, aveva ritrovato l’arma nell’armadio dello scantinato e l’aveva portata nell’appartamento preso in affitto. Dopo averlo spolverato, aveva scoperto che il percussore si era incastrato (non ricordava più come fosse successo) e l’aveva portato da un armaiolo perché lo rimettesse in sesto. La linea snella del fucile era rovinata dal grosso mirino a raggi infrarossi che vi aveva aggiunto, per poter vedere al buio. Breton tirò fuori dalla tasca le munizioni e caricò l’arma con gesti misurati. Mise il proiettile in canna per non rischiare di perder tempo all’ultimo momento.