— Lo so. Credi che non lo sappia? — Jack aspirò a fondo. — Ascolta, perché non la pianti?
— Piantare che cosa?
— Tutto… Kate, la casa… Perché non te ne vai e lasci Kate a me?
Dopo aver parlato, Jack si sentì sopraffare da un’ondata di benevolenza per l’altro se stesso. Ecco, questo era il modo migliore per risolvere la situazione… Era sicuro che John sarebbe stato ben felice di accettare la vita, invece della morte in quella cantina. Lo osservò per spiarne le reazioni.
— Accetto! È chiaro che accetto — rispose John in tono più vivace. — Sono disposto ad andare ovunque… Non sono mica stupido.
— Bene, allora.
I due si fissavano, e Jack sentì qualcosa di strano nella testa. La sua mente e quella di John si erano “toccate". Il contatto era lievissimo e fuggevole, tuttavia lo agghiacciò. Era la prima volta che gli capitava qualcosa di sia pur lontanamente simile, ma lo riconosceva con assoluta certezza. E sapeva che John aveva mentito dicendo di essere disposto ad andarsene ovunque.
— Immagino che noi siamo i tipi più naturalmente portati per questi fenomeni di telepatia che, a quanto pare, sono diventati frequenti negli ultimi giorni — disse calmo John. — In fin dei conti, i nostri cervelli devono essere identici.
— Mi spiace.
— A me no. Anzi, te ne sono grato. Non mi ero reso conto di quanto significasse Kate per me. Adesso, invece, lo so… E conta troppo perché possa desiderare di andarmene e lasciarla a un uomo come te.
— Anche se l’alternativa è la morte?
— Anche se l’alternativa è la morte. — John Breton riuscì a sorridere mentre parlava.
— Così sia — disse Jack con voce piatta. — Così sia.
— D’altra parte, tu non mi avresti lasciato andare.
— Non…
— La telepatia funziona da entrambe le parti, Jack. Un momento fa ho avuto modo di leggere nella tua mente tanto bene quanto tu nella mia. Sei convinto di non poter correre il rischio di lasciarmi libero… E poi c’è un’altra cosa.
— Sarebbe? — Jack Breton aveva la sgradevole sensazione di perdere a poco a poco l’iniziativa in un dialogo in cui lui avrebbe dovuto avere il coltello dalla parte del manico.
— Nel tuo intimo, tu vuoi uccidermi. Io sono la personificazione della tua colpa. Tu ti trovi nella posizione, più unica che rara, di espiare con la più terribile delle pene, uccidendo me, pur continuando a vivere.
— Che modo contorto di parlare!
— No. Non so cosa hai provato dentro di te dopo la morte di Kate, ma è chiaro che ti ha fatto impazzire. E quando ti si presenta un problema, tu rifiuti tutte le possibili soluzioni, e ti aggrappi solo a quella che può soddisfare il tuo bisogno di uccidere.
— Quante sciocchezze! — Jack Breton andò ad accertarsi che le tende alle piccole finestre della cantina fossero ben chiuse.
— Lo hai già dimostrato, per tua stessa ammissione. — La voce di John era impastata di sonno.
— Va’ avanti.
— Quando hai fatto quel grande viaggio a ritroso nel tempo, non avevi nessun bisogno di portare il fucile e ammazzare Spiedel. Saresti riuscito lo stesso nel tuo intento: anzi, avresti ottenuto di più tornando sulla scena di quella stupida lite con Kate appena si era guastata la macchina. In quel caso, bastava che tu mi avvertissi di agire diversamente.
— Credevo di averti già spiegato i limiti della fisica cronomotoria — replicò Jack. — Non esiste una scelta consapevole della destinazione… La mente è attratta solo verso i punti chiave.
— È proprio quello che stavo dicendo! Anch’io sono una vittima della “hemicrania sine dolore". In questi ultimi nove anni ho visto per dozzine e dozzine di volte i prismi luminosi e ho fatto dozzine di viaggi… sempre sulla scena della lite, perché sapevo che tutto ha avuto inizio da quel punto, Là io sono stato colpevole, ma tu non puoi deciderti ad affrontare la cosa. Ci hai detto di essere riuscito ad accettarla, allora, per un certo periodo, poi, come ci hai raccontato quando sei arrivato a casa, ti sei concentrato unicamente sulla scena del delitto. Hai cominciato a vedere gli alberi del parco che si proiettavano sulle corsie del traffico. E questo perché quella scena esercitava una potente attrazione su di te. C’era Spiedel, il punto debole a portata di mano su cui trasferire la tua colpa, c’era un momento di grave pericolo per Kate… e non c’era tempo di soppesare il bene e il male. Solo il tempo di uccidere…
— Hai torto — sussurrò Jack. — Guarda le cose in faccia, è la tua unica possibilità. Allora io e te eravamo una sola persona, e so perfettamente che cosa ti passava per la testa. Tu “volevi” che Kate morisse. Quando Convery bussò per la prima volta alla porta, la voce interiore che ti gridava che eri finalmente libero era la stessa che sentivo io. E in fondo non c’è niente di terribile in questo… — Gli occhi di John tornarono a chiudersi e la sua voce si affievolì. — … Non si può amare una donna senza aver voglia di ucciderla, qualche volta… Lei non può essere sempre come la vorresti tu… Qualche volta vuole essere se stessa… tutto sta a sapersi adattare… bisogna sapersi adattare… — John Breton si addormentò, con la faccia tumefatta schiacciata contro il pavimento.
— Pazzo! — mormorò Jack. — Tu sei un povero pazzo!
Risalì la scala e si soffermò con la mano sull’interruttore, per controllare un’ultima volta se John era legato bene. Appena riprendeva i sensi, avrebbe avuto la possibilità di muoversi nella parte centrale della cantina, ma non sarebbe potuto arrivare a prendere gli attrezzi con cui liberarsi. John Breton sarebbe stato scomodissimo, pensò Jack con un certo rimorso; sapeva tuttavia che non sarebbe stata una cosa lunga. Spense la luce e uscì, chiudendo a chiave la porta del capanno.
Intanto era calata la sera, ma il cielo era pieno di luce. Verso nord, stavano sospese sopra l’orizzonte spettrali cortine luminose rosse e verdi che stendevano le loro pieghe scintillanti attraverso il cielo, torcendosi e dispiegandosi sotto la spinta dei terribili venti solari. L’aurora boreale era talmente vivida da offuscare le stelle del nord. Nel resto del cielo brillavano le consuete costellazioni, ma anch’esse offuscate in splendore dall’imponente e silenzioso spettacolo pirotecnico delle meteore. La pace notturna era rotta dal bombardamento di fuoco di un gigante pazzo. Dietro lo schermo dell’atmosfera, i tracciati delle stelle cadenti si intersecavano di continuo in tutte le direzioni con un ritmo disuguale, accentuati a tratti da proiettili più luminosi che attraversavano l’orizzonte disegnando parabole incredibili.
Quella scena fantastica si rifletteva nelle acque del lago, la cui superficie pareva trasformata in uno specchio in ebollizione.
Breton la osservò per un attimo senza vederla, poi salì in macchina. La sua mano sfiorò un oggetto liscio e scuro, posato sul sedile di fianco al suo. Era la scarpa di John; quella stessa su cui si era soffermata alcune ore prima l’attenzione del tenente Convery. Jack aprì il finestrino e la scagliò in direzione del lago ma il tiro era troppo corto e la scarpa cadde in mezzo ai sassi, sulla riva. Jack scrollò le spalle e avviò il motore, facendo compiere all’auto un ampio semicerchio che sollevò nugoli di ciottoli.
Mentre si dirigeva verso sud, sull’autostrada di Silverstream, si ritrovò a sbirciare di continuo nello specchietto con la sensazione di essere seguito, anche se dietro di lui non c’era altro che il pulsante scintillio dell’aurora boreale.
13
Breton tirò un sospiro di sollievo quando vide la casa ancora avvolta nell’oscurità.
Mise la macchina in garage, ed entrò dalla porta posteriore. Un’occhiata all’orologio gli mostrò che era stato assente meno di tre ore… anche se a lui erano sembrate molte di più. Attraversando l’anticamera vide la bottiglietta di sonnifero: la prese, e la riportò in bagno.