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Jack la guardò stupefatto. Quella strana donna stava bevendo il caffè insieme a Kate, seduta al tavolo. Era sulla sessantina, aveva le labbra cariche di rossetto e una lente degli occhiali incrinata.

— La signora Fitz è venuta a vedere come ce la caviamo senza di lei — spiegò Kate. — E quando ha visto il disordine che c’era in giro, ha insistito per dare una ripulita. Mi ha fatto la predica perché ti trascuro.

— Molto gentile da parte vostra, signora Fitz — borbottò Breton. La donna tuttofare! Accidenti a lei, se l’era completamente dimenticata. La signora Fitz lo guardava con aperta curiosità, mentre lui girava intorno al tavolo per andare a sedersi.

— Il signor Breton è dimagrito — osservò, rivolgendosi a Kate, come se lui non fosse presente. — È giù… E questo mi pare che tagli la testa al toro. Neanche più un giorno senza di me!

— Devo confessare che, senza di voi, le cose non sono andate molto bene — disse Kate. — John non apprezza la mia cucina.

— Quante stupidaggini! — disse lui, lanciandole uno sguardo disperato, e cercando di mascherare la sua collera. — Sai benissimo che apprezzo i tuoi manicaretti. Non mi pare il caso di privare per questo la signora Fitz della sua libertà!

— Ma sentitelo! — esclamò la signora Fitz, mettendo in mostra una dentatura incredibilmente bianca. — Come se avessi di meglio da fare!

— Come sta vostra nipote? — le chiese con calore Kate. — Ha avuto il bambino?

— Non ancora.

La signora Fitz si alzò per servire la colazione a Breton. Lui mangiò in silenzio, mentre l’anziana donna continuava a riversare un torrente di parole, interrotto di tanto in tanto da un commento di Kate. Si domandò se Kate faceva apposta a dar esca alla governante con il suo atteggiamento; lui comunque non ne poteva più, appena finito di mangiare si alzò e andò in soggiorno, a fingere di leggere qualche rivista.

Dopo aver rigovernato in cucina, la signora Fitz rimise in moto l’aspirapolvere e fece il giro di tutta la casa. Breton era talmente nervoso e irritato che, a volte, aveva l’impressione di vederla in due stanze contemporaneamente. Kate continuava a farla chiacchierare, ed entrò nel soggiorno solo una volta, per portare un vaso di fiori.

— Per l’amor del cielo, liberati da quella donna — disse lui. — Devo parlarti.

— Ho tentato… ma la signora Fitz è fatta a modo suo.

Kate pareva sincera, e Breton cercò di rilassarsi. La mattinata si trascinò lentamente, e, con grande disappunto di Jack, la signora Fitz rimase a preparare il pranzo. Dopo mangiato, impiegò un sacco di tempo a mettere in ordine la cucina, e poi ricominciò a girare con l’aspirapolvere. Breton stentava a credere alle proprie orecchie. Gettò via la rivista che aveva in mano e si precipitò di sopra, seguendo la direzione del ronzio. Kate stava sulla soglia della camera da letto, e fumava una sigaretta, parlando con la signora Fitz, che riordinava la camera.

— Cosa state facendo adesso? — domandò Breton. — I pavimenti non si saranno sporcati di nuovo, da stamattina!

Kate lasciò cadere il mozzicone in un portacenere di cristallo che teneva in mano. — Le tende. Alla signora Fitz piace spolverare le tende, il sabato.

Breton fece per allontanarsi, quando capì che Kate, ormai matura ed esperta nelle sue mosse, lo stava manipolando con tutta calma, sottoponendolo a una specie di “super-judo", che trasformava in debolezza la sua forza. E lui si lasciava soggiogare, benché l’unico asso di cui lei disponesse fosse quello che lui le aveva raccontato. Ma, per quel che ne sapeva lei, era un asso inutilizzabile. Non poteva andare dalla signora Fitz o da qualcun altro a dire che l’uomo con cui viveva non era il suo vero marito, ma un doppione emerso da un’altra corrente temporale. Non poteva farlo, se non voleva essere giudicata pazza.

— Signora Fitz — disse Jack scostando Kate ed entrando nella stanza. — Adesso potete andarvene a casa.

— Benedetto, ma io non ho nessuna premura!

Gli rivolse un ampio sorriso in cui era sottinteso che lei era una povera vedova e che faceva del suo meglio per tirare a campare. Breton staccò dalla presa di corrente il cavo dell’aspirapolvere, e glielo porse.

— Ma io insisto. — Sorrideva, scortandola verso la porta. — Voglio che vi riposiate per benino, e arriviate qui fresca lunedì mattina. Ed ecco qua dieci dollari come regalo, per essere stata tanto premurosa. Contenta?

Breton le diede una delle banconote prese a John, poi accompagnò la signora Fitz al pianterreno, l’aiutò a infilarsi il cappotto, la scortò fino alla porta. La donna continuava ad aprire e chiudere per la sorpresa le labbra rossissime e gettava di tanto in tanto un’occhiata a Kate; comunque non disse niente e si allontanò con aria sbalordita. Breton la salutò agitando la mano.

— Questo è il colmo! — esclamò Kate, che era scesa dietro di lui.

— La prossima volta sarò gentilissimo con lei — rispose Breton, attirandola a sé. Kate non fece resistenza, e lui la baciò. Il tocco delle labbra di lei era lieve, ma sufficiente a dargli ristoro, a spazzare le ragnatele del dubbio che avavano incominciato ad avvolgere i suoi pensieri dal giorno prima…

— Sono preoccupata per John — disse Kate.

— Non vedo perché. Se n’è andato di sua spontanea volontà. Ti ha piantato senza pensarci sopra due volte. Perché dovresti essere preoccupata per lui?

— Perché non è il tipo da agire così. Non ha reagito in modo normale.

— Era stanco del matrimonio, e ha dato un taglio netto. Tanti la troverebbero una reazione normalissima.

Kate lo fissò negli occhi. — No, non è da lui agire così.

— Come fai a esserne tanto sicura?

— John non sarebbe mai fuggito, lasciando tutto per aria… Avrebbe sistemato prima le cose… No, non è normale.

— Però l’ha fatto.

— Appunto per questo dico che la sua non è stata una reazione normale.

La ripetizione della frase infastidì Breton. Ebbe l’impressione che nella mente di Kate ci fosse qualcosa che non funzionava a dovere.

— Non continuare a ripetere le stesse cose, Kate. Non provano niente.

Lei si sciolse dall’abbraccio. — E i quattrini?

— Quattrini? Ah, vuoi dire se John… Be’, immagino che se ne sia portati via un bel po’.

— E come può averlo fatto? Non può certo averli presi dal nostro conto in comune, perché non mi ha chiesto di controfirmare nessun assegno. E non ha avuto il tempo necessario per ritirare nessuna grossa somma dal capitale dell’azienda.

— Non sapevo che tu fossi diventata un mago della finanza — cercò di scherzare Breton.

— Oh, quanto a questo ho anche imparato ad allacciarmi le scarpe da sola, non lo sapevi? — Kate parlava con un’asprezza che sgomentò Breton. “Nove anni” pensò, rendendosene improvvisamente conto “sono lunghi…”

— John può ritirare tutto quel che vuole, basta che entri in una banca. Vedrai che uno di questi giorni riceveremo una lettera da lui…

— Per chiederci di finanziarlo?

Breton non sapeva quando l’incubo avesse avuto inizio, ma sapeva di viverci in mezzo. “Kate” supplicò in silenzio. “Perché non puoi essere come ti vorrei?”

Lei si aggirava inquieta per la casa, prendendo un oggetto dopo l’altro, per rimetterlo poi subito a posto. Breton la seguì per un po’, con la speranza che potesse ricrearsi l’atmosfera di quell’unico pomeriggio dai colori veneziani, ma Kate rifiutò di parlare d’altro se non di John: dei motivi che potevano averlo indotto a lasciarla senza una parola, della sua probabile destinazione, dei suoi progetti per il futuro. Breton era disperato. Sentiva che avrebbe dovuto aver la forza di fronteggiare Kate e di dominarla con l’intensità del suo amore, come sembrava che fosse successo la sera del suo arrivo… Ma forse gli era riuscito soltanto perché aveva colto di sorpresa una donna stanca, sola e piena di fantasia.