Выбрать главу

Troy si scostò da lei e prese ad avviarsi all’uscita. Carol gli corse appresso e lo afferrò per il braccio. «Che c’è, Troy? Cos’è che non va?»

«Be’, angelo,» rispose lui, evitando di guardarla «è un pensiero che mi è venuto solo poco fa, e ancora non sono certo del suo significato. Spero di non aver commesso un terribile…»

«Ma di che stai parlando?» lo interruppe lei. «Dici cose senza senso!»

«Il pacchetto-Terra» bonfonchiò Troy. «Ha dentro anche lui dei semi umani, oltre a quelli di alberi e insetti ed erbe e uccelli.»

Carol gli si piantò davanti, sforzandosi di capire che cosa lo preoccupasse tanto. «Molto tempo fa, quando sono scesi quaggiù,» disse Troy, il volto tirato di preoccupazione «loro hanno preso campioni delle diverse specie e li hanno portati nel loro mondo, dove li hanno migliorati per mezzo della bioingegneria e preparati al ritorno finale sulla Terra. Alcuni di questi campioni erano esseri umani.»

Carol capì e si sentì battere più forte il cuore. Ah, ecco cos’è: il pacchetto che abbiamo trovato contiene dei superumani. Non solo fiori e insetti migliori, ma anche individui migliori. Ma, diversamente da Troy, provò immediatamente una reazione non di paura, bensì di immensa curiosità.

«Posso vederli?» chiese emozionatissima. Troy non capì. «I superumani, o comunque tu voglia chiamarli…» soggiunse. «Posso vederli?»

Troy scosse il capo. «Sono solo minuscoli zigoti, angelo: oltre un miliardo nello spazio di una palma di mano. Non vedresti nulla.»

Carol non si lasciò dissuadere. «Ma, con la strabiliante capacità tecnologica di questi tizi, può darsi che…» Si arrestò. «Aspetta un minuto, Troy. Ricordi la carota alla base? Era una proiezione olografica, e quindi doveva provenire dalla banca-dati di questa astronave.»

Si spostò al centro della sala e, levando braccia e testa verso il soffitto dieci metri più in alto, invocò a voce alta: «Ehi, ragazzi, chiunque voi siate, ora io voglio una cosa. Abbiamo rischiato il culo per procurarvi ciò che vi serviva per le riparazioni, e dunque potreste quanto meno farci un favore. Io voglio vedere come potremmo essere un giorno…».

Sulla sinistra, non troppo lontano da una delle grosse macchine a blocco collegate al cilindro, due pannelli-parete si staccarono a formare un corridoio. In fondo a questo si vedeva una luce. «Dai, su,» disse esultante Carol a Troy, che sorrideva di nuovo d’ammirazione per la sua tenacia «andiamo a vedere che cosa hanno creato per noi i nostri superalieni.»

Il breve corridoio dava in una sala quadrata, illuminata da una luce soffusa e lunga, da un lato, sui sei metri. Contro la parete opposta, illuminata di una luce azzurra che dava al tutto un aspetto surreale, c’erano otto bambini, in piedi attorno a un grande e sfolgorante modello della Terra. Nell’avvicinarsi, Carol e Troy si resero conto di vedere non qualcosa di reale, ma semplicemente una complessa sequenza d’immagini proiettata nell’aria dinnanzi a loro. Ma il diafano quadro era tanto ricco di particolari, da indurre facilmente a scordare la sua natura di pura proiezione.

I bambini avevano quattro o cinque anni, e tutti portavano solo un minuscolo perizoma bianco sui genitali. C’erano quattro femminucce e quattro maschietti. Due erano neri, due caucasici con occhi azzurri e capelli biondi, due orientali, e gli ultimi due, bambina e bambino, erano chiaramente gemelli ed erano un misto di ogni razza. La cosa che Carol notò per prima furono gli occhi. Tutt’e otto i bimbi avevano occhi grandi, penetranti, intensamente luminosi, e fissavano tutti la Terra sfolgorante che avevano dinnanzi.

«I continenti di questo pianeta» stava dicendo il bimbo nero, «una volta erano legati insieme in un’unica, gigantesca massa di terra, che si stendeva da polo a polo. E questo accadeva in un’epoca relativamente recente, solo duecento milioni di anni fa, più o meno. Poi il moto degli zoccoli su cui poggiano le singole zolle terrestri ha mutato completamente la configurazione della superficie. Qui, per esempio, potete vedere il subcontinente indiano che si stacca, cento milioni di anni fa, dall’Antartide e si sposta per l’oceano verso la collisione finale con l’Asia. Questa collisione e la susseguente interazione fra gli zoccoli sono ciò che ha sollevato fino alla sua attuale altezza il maggior gruppo montuoso del pianeta: quello dell’Himalaya.»

Mentre il bambino parlava, il modello elettronico della Terra esibiva i mutamenti continentali da lui descritti. «Ma qual è il meccanismo che fa muovere reciprocamente zoccoli e zolle terrestri?» chiese la bimba bionda.

«Psst» surrurrò Carol all’orecchio di Troy. «Com’è che parlano inglese e conoscono tutta questa geografia terrestre?» Troy la guardò con aria di delusione, e fece un movimento circolare con le mani. Ma sicuro: hanno già elaborato i dischi!… si disse.

«… e questa attività ha come risultato la spinta all’insù della materia, a partire dal mantello sottostante alla crosta terrestre. E i continenti finiscono per staccarsi. Altre domande?» Con un sorriso, il bimbo nero indicò il modello: «Ed ecco ciò che accadrà alle zolle terrestri nei prossimi cinquanta milioni di anni, più o meno. Le Americhe continueranno il loro moto verso ovest, allontanandosi da Africa ed Europa e allargando di molto il Sudatlantico. Il Golfo Persico si chiuderà del tutto, l’Australia muoverà a nord verso l’equatore fino a premere contro l’Asia, e tanto la Bassa California, quanto la zona di Los Angeles, si staccheranno dal Nordamerica per andare alla deriva nel Pacifico. Di qui a cinquanta milioni di anni, Los Angeles comincerà a scivolare verso le isole Aleutine».

I bimbi osservavano tutti il globo mutevole con la massima concentrazione. Quando i continenti sulla sua superficie arrestarono il loro moto, il bimbo orientale si staccò leggermente dal gruppo. «Questo fenomeno di deriva dei continenti descrittoci da Brian l’abbiamo già visto verificarsi su una mezza dozzina di pianeti, ciascuno dei quali coperto in gran parte da un elemento liquido. Domani Sherry dirigerà una discussione più particolareggiata sulle forze interne ai pianeti responsabili della diffusione del mantello marino.»

Da sinistra entrò in scena una proiezione di guardiano, che portò via sia il globo terrestre sia altri materiali non identificati. Il bimbo orientale attese pazientemente che compisse l’opera, poi soggiunse: «Ora, Darla e David vogliono metterci a parte di un programma a cui hanno lavorato parecchi giorni. Suoneranno dunque la musica, mentre Miranda e Justin eseguiranno la danza da loro coreografata».

I gemelli mistirazza si rivolsero ai coetanei con aria desiderosa di dar prova di sé. Disse la femminuccia: «Quando abbiamo appreso dell’amore adulto e dei mutamenti che attendono ognuno di noi dopo la pubertà, David e io abbiamo tentato di figurarci a che cosa potesse somigliare la scoperta di un nuovo desiderio più forte di quelli che già conosciamo. La nostra visione congiunta è così diventata una breve composizione musicale e una danza, a cui abbiamo dato il nome di “Danza dell’Amore”».

I due bimbi sedettero discosti dal gruppo, quasi al bordo dell’immagine, e cominciarono a muovere rapidamente le dita come se dattilografassero sul pavimento, e la sala si empì di una leggera melodia sintetizzata, gradevole e vivace. Il bimbo biondo e la bimba orientale presero a danzare al centro del gruppo, dapprima totalmente separati e inconsapevoli l’uno dell’altra, entrambi assorti ciascuno nella propria attività. Il bimbo si chinò a cogliere un bel fiore, dai colori rosso e bianco sfavillanti nella proiezione olografica. La bimba continuò a danzare, giocando nel frattempo con una grande palla azzurro-vivo. Dopo un tratto, notato il piccolo compagno, gli si avvicinò un po’ incerta e gli offrì di condividere il gioco della palla. Il bimbo giocò con lei, trascurando ogni altra cosa tranne il gioco in sé.