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Fine del primo tempo della partita di pallacanestro. «Sì… ma sì» si lasciò uscire lentamente di bocca Nick, pensando fra sé: Perché ho bisogno di soldi, altrimenti… Poi le accennò di scendere sul ponte. «Lasci solo che chiami Julianne per accertare che lei sia quella che dice di essere. Di questi tempi, non si sa mai.»

Mentre Nick verificava l’identità di Carol presso la capitaneria, un giovane nero tra i venti e i venticinque anni e dall’aria vivace discese il molo e venne a fermarsi proprio di fronte alla Florida Queen. «Ehi, professore,» disse, non appena Nick ebbe posato il ricevitore «sono nel posto sbagliato?» Poi, indicando Caroclass="underline" «Non mi avevi detto che oggi ricevevi bellezza, stile e classe. Accidenti! Guarda che gioielli, e che camicetta di seta! Che dici: me ne vado e torno più tardi a sentire le tue storie?». Strizzando l’occhio a Carol, continuò: «Non ci sa fare, tesoro. Le sue amichette finiscono sempre per preferire me».

«Basta con le stronzate, Jefferson» reagì Nick. «Questa donna è una potenziale cliente. E tu, come al solito, sei in ritardo. Me lo dici come faccio a gestire il nolo di una barca da immersione con un equipaggio che non so né quando né se si presenterà?»

«Professore,» disse il nuovo arrivato saltando giù sul ponte e andando a piantarsi davanti a Carol «se avessi saputo che avevi qui una roba simile, sarei arrivato prima dell’alba. Buongiorno, signorina: mi chiamo Troy Jefferson e sono il resto della ciurma di questo manicomio di barca.»

Un po’ scombussolata dall’arrivo di Troy e dal vivace scambio di battute che ne era seguito, Carol non tardò ad adattarsi alla situazione. Riacquistata la compostezza, strinse con un sorriso la mano che Troy le porgeva. Questi le si chinò subito addosso fin quasi a sfiorarle la guancia con la sua. «Ueeh…» esclamò quindi, ritraendosi con un sorriso. «Profumo Oscar de la Renta! Non te lo dicevo, professore, che è una donna di classe? Be’, angelo,» continuò, rivolgendo a Carol uno sguardo di caricaturale ammirazione «proprio non le so dire quanto significhi per me incontrare finalmente una persona come lei su questa bagnarola. Di solito abbiamo delle vecchie signore — ma proprio vecchie, creda — che vogliono,…»

«Basta, Jefferson,» lo interruppe Nick «abbiamo da fare. È quasi mezzogiorno, ormai, e ci vorrà ancora almeno mezz’ora prima che siamo pronti a salpare. E non sappiamo ancora che cosa vuol fare la signorina Dawson.»

«Mi chiami pure Carol» disse lei. Un breve silenzio speso nel soppesare i due uomini che aveva dinanzi (Ma sì: nessuno sospetterà nulla, se esco con due elementi del genere…), poi continuò: «Be’, alla capitaneria ho detto che intendevo uscire per un po’ di nuoto e di immersioni, ma questo è vero solo in parte. Quello che soprattutto mi interessa è di andare qui» (ed estratta dalla borsa da spiaggia una carta ripiegata, indicò loro un’area di circa dieci miglia quadrate nel Golfo del Messico, a nord di Key West) «in cerca di balene.»

Nick aggrottò le sopracciglia. Troy lanciò un’occhiata alla carta da sopra la spalla di lei. «In questa zona, ultimamente, si sono verificate numerose irregolarità nel comportamento delle balene, e, tra queste e proprio stamane, un grosso arenamento sulla spiaggia di Deer Key. lo voglio vedere se sia possibile stabilire una qualche costante, in tutto questo, e siccome può darsi che debba fare qualche immersione, bisognerà che uno di voi mi accompagni. Immagino che almeno uno sia un sub patentato e che la barca disponga dell’attrezzatura necessaria…»

Nick e Troy la fissarono con sguardo incredulo. Carol si sentì costretta alla difensiva. «La verità è che… sono una giornalista» proseguì a mo’ di spiegazione. «Lavoro per il Miami Herald, e proprio stamattina ho fatto un servizio sull’arenamento di Deer Key.»

«Bene, professore,» disse Troy a Nick «eccoci qui con una cliente in carne e ossa che dice di voler andare in cerca di balene nel Golfo del Messico. Tu, che dici: li accettiamo o no, i suoi soldi?»

Nick scrollò le spalle con aria indifferente, e Troy interpretò il gesto come affermativo. «D’accordo, allora angelo,» disse a Carol «saremo pronti fra mezz’ora. Al bisogno, la licenza di sub l’abbiamo tutt’e due. L’attrezzatura è già a bordo, e possiamo procurarcene dell’altra per lei. Ora può andare a pagare Julianne alla capitaneria e a prendere le sue cose.»

Poi si girò, andò al mucchio di ferraglia elettronica ammassato a prua, e, presa una cassa acustica mezza scoperchiata, prese ad armeggiarvi. Nick estrasse un’altra birra dal frigo e aprì il banco incassato, rivelando scaffali di attrezzi. Carol non si mosse. Dopo una ventina di secondi, Nick se ne accorse. «Be’, non ha sentito Troy?» disse brusco. «Ci vuole ancora mezz’ora.» Dopodiché girò sui tacchi e se ne andò a poppa.

Troy alzò gli occhi dalla sua cassa, divertito dall’attrito che già andava sorgendo fra i due. «È sempre così simpatico?» chiese Carol, accennando nella direzione di Nick — sempre col sorriso sulle labbra, ma con una punta d’irritazione nel tono. «Avrei due o tre attrezzi miei da portare a bordo. Potrebbe darmi una mano?»

Trenta minuti dopo tornava con lui alla Florida Queen. Troy, che si tirava dietro un carretto fischiettando “Zippity-do-dah”, si fermò davanti alla barca. Il carretto conteneva un baule semipieno: chissà la faccia di Nick, quando avrebbe visto i «due o tre attrezzi» di lei… Gli eventi avevano preso una piega davvero emozionante. Eh no, quella non sarebbe stata la solita escursione pomeridiana! I giornalisti, anche quelli di grido (e il suo servizio informazioni stradale non aveva tardato a riferirgli che Carol non era una giornalista comune), non avevano accesso al tipo di equipaggiamento da lei posseduto. La storia delle balene doveva essere una finta di copertura — ne era persuaso. Ma lui, per il momento, non avrebbe detto nulla, e sarebbe rimasto in attesa degli sviluppi della situazione…

Quella giovane donna tanto sicura di sé, gli piaceva. Non c’era traccia di superiorità o di pregiudizi nei suoi modi, e aveva uno spiccato senso dell’umorismo. Quando avevano aperto il retro della giardinetta e lei gli aveva fatto vedere il baule di attrezzature, lui le aveva dimostrato di essere un discreto esperto di elettronica. Aveva riconosciuto immediatamente la sigla IOM apposta al telescopio oceanico di Dale e anche intuito il significato dell’acronimo IOM-IPL sul retro del grosso sistema monitor banca-dati. Quando le aveva chiesto spiegazioni con lo sguardo, lei si era limitata a rispondere, con una risata: «Che altro posso dirle, se non che mi serve aiuto per trovare le balene?».

Insieme, avevano caricato l’attrezzatura sul carretto e avevano preso per il parcheggio. Lì per lì, Carol s’era sentita un po’ sconcertata dinnanzi al riconoscimento dell’origine dell’attrezzatura da parte di Troy e alle domande, pur cortesi, di lui per saperne di più (domande cui aveva risposto, destreggiandosi abilmente, con risposte vaghe, in ciò favorita dal fatto che lui voleva soprattutto conoscere proprio quello di cui lei non aveva la più pallida idea, ossia il modo di funzionamento della parte elettronica). Ma poi, nel parlare, aveva acquistato fiducia, intuendo istintivamente che Troy era un alleato e che lei avrebbe potuto contare sulla sua discrezione in materia di informazioni importanti.