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Troy tornò alla propria sdraio e guardò Carol. Sorrideva. Era difficile non amare le sue storie: le raccontava con tale entusiasmo e fascino di protagonista! Sotto il tendaletto, persino Nick aveva posato il libro per ascoltare.

«E poi c’era ’sto gigante di Farrell, vent’anni passati di poco, aspetto alla Elvis Presley. Forniva liquori sottocosto ai clienti dell’albergo, gestiva a richiesta un servizio accompagnatrici, e ritirava la merce alberghiera in esubero per venderla nel negozio della sorella. In quanto a me, mi affittava una parte della stanza per lo stoccaggio di parte dei suoi liquori. Che sagoma! Quando c’era qualche grande congresso, lui, al termine della prima colazione, travasava in bottiglia il succo d’arancia rimasto nelle brocche e lo metteva via per rivenderlo. Una mattina, il direttore dell’albergo ti trova una cassetta di succhi d’arancia in temporaneo deposito nello stanzino dietro il banco dell’atrio ed esige spiegazioni. Farrell mi piglia, mi si piazza davanti, e mi dice che ha da propormi un affare: venti dollari se dico di essere stato io a sottrarre il succo. Io, infatti, non rischio nulla se confesso, perché si dà per scontato che i negri rubino, mentre lui, se lo facesse, perderebbe il posto…»

«Spiacente di interrompere» disse Nick, uscendo da sotto il tendaletto, con una punta di sarcasmo nel tono «ma, secondo il nostro pilota elettronico, siamo ormai al margine sud della regione segnata sulla carta.» E restituì la carta a Carol.

«Grazie, professore» rise Troy. «Così, grazie a te, Carol non finirà ammazzata di chiacchiere!» Poi andò alle apparecchiature montate sul baule, accanto al tendaletto, e azionò l’accensione. «Ehi, angelo, adesso però sarà il caso che mi spieghi come funziona tutta ’sta roba.»

Il telescopio oceanico di Dale Michaels era programmato per tre foto virtualmente simultanee a ogni posa: una che dava l’immagine visiva normale, una che dava il medesimo campo visivo ma ripreso agli infrarossi, e una che dava un’immagine sonarcomposta della medesima inquadratura. Il sottosistema sonar offriva solo sagome di oggetti, non immagini definite, ma, essendo in grado di scandagliare profondità irraggiungibili agli altri due elementi — visivo e infrarosso — del telescopio, poteva venir usato anche in presenza di acque torbide.

Fissabile al fondo di qualunque imbarcazione o quasi, il telescopio compatto poteva venir spostato di trenta gradi avanti o indietro rispetto alla verticale grazie a un motorino interno. La sua tabella d’osservazione era di norma stabilita da un protocollo preprogrammato. Particolari della sequenza e parametri ottici speciali erano immagazzinati, gli uni e gli altri, nel microprocessore del sistema; ma l’operatore poteva, volendo, cambiare in tempo reale qualunque parte del programma mediante immissione manuale di dati.

I dati registrati dal telescopio venivano comunicati al resto dell’apparecchiatura elettronica da finissime fibre ottiche, contenute in cavi accorpati lungo il bordo della barca. Il dieci per cento circa delle immagini costruite sulla base di tali dati veniva trasmesso in tempo reale, con ingrandimento approssimativo, al monitor della barca, mentre il complesso dei dati telescopici veniva automaticamente immagazzinato nell’unità di memoria da cento gigabit annessa al monitor stesso. Un’altra serie di fibre ottiche collegava l’unità di memoria al sistema centrale di navigazione della barca e ai circuiti servomotori azionanti i telescopi. Questi circuiti ricevevano un impulso ogni dieci millisecondi, così da permettere l’immagazzinaggio simultaneo nell’archivio permanente sia dell’orientamento del telescopio, sia della posizione della barca al momento di ogni singola ripresa telescopica.

Accanto al monitor, sempre sopra il baule ma oltre l’unità di memoria, stava il quadro di controllo del sistema. Il dottor Dale Michaels e l’IOM erano famosi in tutto il mondo per la sagacia delle loro invenzioni, ma queste, per quanto ingegnose, non erano poi tanto facili da far funzionare. La sera prima del viaggio da Miami e Key West, Dale aveva tenuto a Carol un corso accelerato sul funzionamento del sistema telescopico, ma con scarso risultato. Così, visti vani i suoi tentativi, aveva finito semplicemente per programmare il microprocessore con una facile sequenza di ripresa a mosaico, a tessere regolari, dello spazio sottostante alla barca, e, calcolati i guadagni ottici secondo valori normali per difetto, le aveva ordinato di non cambiare più nulla. «Adesso, a te, restano da fare due sole cose» le aveva detto dopo averle installato con cura sulla giardinetta il quadro di controllo del sistema. «Premere il bottone VIA, e poi coprire il quadro per evitare che qualcuno pigi sbadatamente il tasto sbagliato.»

Non essendo in grado di spiegare alcunché a Troy circa il funzionamento delle parti dell’apparecchio, Carol gli si portò accanto e, posandogli un braccio sulla spalla, gli disse con un sorriso timido timido: «Mi spiace deludere la tua smania di sapere, amico mio, ma del funzionamento di questo coso non so altro se non ciò che ti ho detto al momento di installarlo sulla barca. Per metterlo in marcia, tutto quello che dobbiamo fare è di dargli corrente, e tu l’hai già fatto, e poi pigiare questo bottone». E premette VIA sul quadro. Sul monitor a colori apparve all’istante un’immagine dell’oceano trasparente, a una profondità di circa quindici metri sotto la barca. Un’immagine sbalorditivamente nitida, che consentì al terzetto di assistere ammirato al passaggio divoratore di un pesce martello attraverso un branco di pesciolini grigi, centinaia dei quali gli sparirono inghiottiti tra le fauci.

«A quanto ho capito,» continuò Carol mentre i due uomini, come affascinati, non staccavano gli occhi dal monitor «il sistema telescopico fa tutto da solo, seguendo una tabella d’osservazione immagazzinata nel programma. E noi, ovviamente, vediamo su questo schermo quello che vede lui. O, meglio, vediamo l’immagine visiva, perché quella infrarossa e quella sonora vengono immagazzinate nel suo registratore. Il mio amico dell’IOM» (inutile metterli ancor più sul chi vive facendo il nome di Dale) «ha tentato di spiegarmi come si fa a permutare sul monitor le varie immagini, ma non è mica facile. Uno potrebbe pensare che sia sufficiente premere “I” per infrarossa e “S” per sonar, e invece no: solo per cambiare il segnale trasmesso dal monitor, bisogna infatti inserire la bellezza di una dozzina di comandi!»

Troy rimase colpito. Colpito non solo dal sistema del telescopio oceanico, ma anche dal modo con il quale Carol, sebbene dichiaratamente digiuna di ingegneria come di elettronica, dimostrava di averne afferrato i princìpi fondamentali.

«Se ricordo bene la fisica del liceo, la parte infrarossa del telescopio deve misurare la radiazione termica» disse lentamente. «Ma non capisco come le variazioni termiche sottomarine possano dirti qualcosa delle balene.»

A questo punto, Nick Williams si staccò dallo schermo scuotendo la testa. Tutti quei termini tecnici lo facevano sentire irrimediabilmente al di fuori del proprio elemento intellettuale, e non poco imbarazzato alla prospettiva di dover ammettere la propria totale ignoranza davanti a Carol e Troy. Senza contare che non credeva minimamente che Carol avesse imbarcato tutte quelle diavolerie elettroniche solo per cercare balene finite fuori rotta. «Dunque, se ho capito bene,» disse, andando al piccolo frigorifero per toglierne un’altra birra «nelle prossime due ore non faremo altro che gironzolare mentre lei cerca le balene con quel suo schermo?»

Il commento, derisorio e pronunciato in chiaro tono di sfida, s’inserì sgradevolmente nell’atmosfera di affettuosa amicizia instauratasi fra Carol e Troy. Lasciandosi di nuovo trasportare dall’ira per l’atteggiamento di Nick, Carol contrattaccò con una delle sue sparate verbali: «Questo era appunto ciò che mi proponevo, signor Williams, come le ho detto al momento di salpare. Ma Troy mi dice che lei è una specie di cacciatore di tesori. O, almeno, che tale era qualche anno fa. Ora, visto che lei sembra essersi messo in testa che io non vado in cerca di balene ma di tesori, sarà forse il caso che venga a sedere qui accanto a me. Così, guardando le stesse immagini, si accerterà che non mi sfugga qualche balena — o, a seconda, qualche tesoro».