A questo punto, l’amico fisso di Linda Quinlan decise di alzarsi. A parte Nick, era l’unico degli uomini al tavolo che avesse all’incirca la corporatura di Todd e Ramirez. «Sentite, ragazzi,» disse in tono conciliante «la signora ha rifiutato con gentilezza. Non è dunque il caso di insultare lei o i suoi amici…»
«Ma lo senti, Ramirez?» interruppe Todd. «Sto’ bellimbusto ci accusa di aver insultato qualcuno! E da quando ammirare dei bei poponi è un insulto?» Ridacchiò della propria sagacia, e respinse la mano di Ramirez che voleva portarlo via.
Nick, ormai ubriaco, teneva a freno la voglia di esplodere ormai da ore. «Togliti dai piedi, stronzo» disse, piano ma deciso, dalla sedia accanto a quella di Julianne.
«Stronzo a chi, testa di cazzo?» replicò truculento il tenente Todd. Poi, rivolto a Ramirez. «Credo proprio che mi vedrò costretto a tambureggiargli un po’ la testa, a ’sto impertinente d’un bastardo.»
Ma fu battuto sul tempo da Nick che, alzatosi di scatto, gli tirò un tremendo pugno in piena faccia, facendolo capitombolare all’indietro su un altro tavolo coperto di bicchieri. Il tavolo si schiantò, Todd finì sul pavimento, e Nick gli si avventò sopra. Ramirez, allora, lo tirò indietro e, quando Nick si girò per colpire anche lui, gli diede una spinta che gli fece cedere le gambe già traballanti. Nick finì così addosso a Julianne, schiantando un secondo tavolo.
All’altro lato della sala, Carol, Angie e Troy videro la scena e riconobbero Nick fra i protagonisti. «Alé» disse Troy, balzando in piedi per correre in aiuto dell’amico. Carol fece lo stesso. Il tempo di attraversare la sala, e trovarono già in azione i buttafuori del locale. Nel frattempo, Nick e Julianne stavano ancora tentando di districarsi mentre Todd si rimetteva lentamente in piedi.
Durante lo scontro, la busta era finita sul pavimento e da essa erano fuoriuscite parzialmente delle fotografie. Ramirez, che l’aveva raccolta, attirato dai vivaci colori le stava ora guardando. Nella prima si vedeva chiaramente il primo piano del missile bruno nella fessura. «Ehi, guarda un po’ qui» disse allo scosso Todd. «Di cosa credi si tratti?»
Carol agì fulmineamente. Afferrò a volo busta e foto nel passare davanti a Ramirez e, senza dargli tempo di parlare, strillò: «Oh, Nick, no, non un’altra volta! Ma come hai fatto a ubriacarti di nuovo?». Poi, inginocchiandoglisi accanto e reggendogli la testa con la mano libera, continuò, mentre lui la fissava esterrefatto: «Oh, caro, eppure mi avevi promesso che avresti smesso».
E, sotto gli occhi sbalorditi di tutti, lo baciò sulla bocca per impedirgli di parlare. Troy rimase di sasso. «Troy» si sentì gridare da lei un istante dopo, mentre Nick tentava di raccogliere i sentimenti. «Troy, dove sei? Vieni a darmi una mano!» Troy si precipitò ad aiutarla a rimettere in piedi l’amico. «Adesso lo portiamo a casa» annunciò lei agli astanti. E, un braccio lei e uno Troy, il terzetto si avviò faticosamente verso la porta. Nel vestibolo trovarono il direttore del locale, e Carol gli disse che sarebbe passata l’indomani a regolare i conti. Poi, aiutata da Troy, trascinò fuori Nick quasi di peso.
Mentre si allontanavano dallo Sloppy Joe, si girò e vide che parte della clientela li aveva seguiti fin sulla porta. Davanti al gruppo, un’espressione perplessa in viso, stavano Ramirez e Todd, questi ancora intento a massaggiarsi la guancia. «Dov’è che si va, angelo?» chiese Troy una volta fuori portata di udito. «Non sappiamo nemmeno dove ha parcheggiato la macchina.»
«Non fa niente» rispose Carol. «L’importante è allontanarsi dal locale.»
Svoltarono faticosamente a destra, infilando il vicolo parallelo, e posteriore, al teatro nel quale, un’ora prima, si era conclusa la Notte dell’iguana. Appena dopo il teatro trovarono un piccolo spazio verde sulla sinistra. Carol gli si fermò a margine, proprio in faccia a un gruppo d’alberi, e si guardò alle spalle per vedere se fossero seguiti. Poi, con un sospiro, allentò la presa su Nick, facendo inconsapevolmente vento al viso sudato con la busta sottratta a Ramirez.
Nick aveva quasi riacquistato la lucidità. Liberatosi della presa di Troy, farfugliò a Carol, tentando di abbracciarla: «Non avevo idea che provassi questo per me».
«Io non provo un accidente!» esclamò secca lei, respingendone le braccia e arretrando verso lo spazio verde. Nick non capì e la seguì. «Fermati!» gli gridò inviperita lei. «Fermati, ubriaco bastardo!»
Tentò di fermarlo con le mani, ma lui non se ne diede per inteso. Poi, un attimo prima che intervenisse Troy a fermarlo gli allungò un ceffone con la mano libera dalla busta. Sgomento, Nick perse l’equilibrio e cadde sull’erba a pancia sotto.
Sempre furibonda, Carol gli si chinò sopra e lo rivoltò con forza sulla schiena. «Non ti azzardare mai più a usare la forza con me, mai più. In nessuna circostanza!» gli gridò. Poi gli buttò la busta sullo stomaco e si drizzò di scatto. Uno sguardo a Troy, e si avviò a grandi passi, scuotendo la testa dal ribrezzo, giù per il vicolo.
ASSEMBLAGGIO E PROVA
Sotto il microscopio elettronico sembrano molle avviticchiate con un codino. Quando vengano messe in acqua o in altro liquido, le molle sembrano distendersi e dalla coda si estendono di pochi angstrom delle appendici ciliate che provvedono alla mobilità.
Sono a milioni, concentrate in un miscuglio grande quanto una gocciolina d’acqua, e, al momento, vengono minuziosamente esaminate da un apparecchio laser, che le conta e vaglia a misura che procede nell’illuminazione di porziuncole del miscuglio. Al termine della conta, la divisione più piccola del miscuglio separato viene versata, attraverso un condotto, dal recipiente metallico in un altro liquido — verde-smeraldo, questo — che è contenuto in un becher foggiato a bottiglia. Una volta (nel becher), le molle si snodano e prendono a vagare a caso.
Il liquido verde-smeraldo viene agitato con regolarità da meccanismi esterni. Minuscoli sensori piazzati all’interno del becher registrano temperatura, pressione, e caratteristiche chimiche ed elettriche precise del fluido. Ci dev’essere qualche parametro non perfetto al cento per cento, perché, alla base del becher, si apre ora una valvolina che inietta nella soluzione verde una nuova sostanza chimica. Rilevazioni ininterrotte seguono la diffusione dell’additivo. Finalmente, il fluido risulta modificato in maniera appropriata, e si ha il raggiungimento di un nuovo equilibrio.
Tutto è ora pronto. Dall’alto vengono versate nel contenitore diverse migliaia di pallini. Di questi, alcuni galleggiano in superficie, ma la maggior parte s’inabissano a profondità diverse nel liquido. In ciascun pallino è incorporata una complessa struttura ingegneristica ultraminiaturizzata. La superficie esterna dei pallini è munita di sensori che scrutano la regione circonvicina del liquido alla ricerca degli oggetti simili a molle. Un trasmettitore ad alta frequenza, alloggiato accanto ai sensori, invia una chiamata alle molle, attirandole, e attorno a ciascun pallino se ne aggrumano così a mucchi.
Poi, una alla volta, le molle vengono afferrate da piccoli strumenti e portate all’interno della sezione spugnosa esterna del pallino, dove dei vettori elettrificati le trasportano verso la cavità centrale di esso. In questa cavità ha sede una chiazza nera e amorfa, il cui esterno muta costantemente forma a misura che il suo opaco materiale si sposta qua e là sotto la spinta di stimoli ignoti. La chiazza è circondata da una sostanza appiccicosa gialla, che riempie il resto della cavità.
La prima molla sguscia dal vettore, e, localizzata la chiazza, vi penetra. Per un istante la si può vedere in moto verso il suo centro, poi viene frantumata e distrutta nel giro di millisecondi. Altre molle vengono sparate nella cavità a intervalli regolari, e tutte tentano, dopo la penetrazione, di raggiungere qualche regione particolare della chiazza. Finalmente, una ci riesce, e la chiazza muta colore in rosso vivo. In rapida successione, la sezione spugnosa esterna del pallino libera una sorta di enzima che cade nella sostanza appiccicosa gialla, la quale assume una sfumatura verdognola, e il resto delle molle sparisce al completo, apparentemente assorbito dalla struttura del pallino. A questo punto, il pallino s’allunga, ed estende nel liquido smeraldo un sistema propulsore in miniatura. Dopo essersi avventurato con cautela fra i molti ostacoli, il pallino si unisce alla fila di pallini fecondati che attraversano, a uno a uno, una diafana membrana di forma tonda che giace sul fondo del becher.