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Dalla direzione della luna arriva, solcando le acque, una nave di forma bizzarra. A paragone dei giovani serpenti, è grande: le torri gemelle sono alte circa due metri e mezzo, e una piattaforma più o meno quadrata, alta sull’acqua mediamente sui due metri e lunga quattro e mezzo, le funge da scafo. La superficie della piattaforma, che galleggia perfettamente sull’acqua, è irregolare, ondulata e munita di crateri.

La nave viene a fermarsi in mezzo ai serpenti. Questi si dividono in due gruppi a seconda del colore del collo, poi si allineano, in ordinatissime file e colonne, lungo le due fiancate. Dalla nave viene una singola nota musicale, un si bemolle di timbro flautato. La nota viene prestamente ripresa da ciascun serpente delle file a colonne ai due lati della nave. Dalla nave esce quindi una seconda nota, anch’essa flautata, e il processo si ripete. La lezione di musica continua per ore, coprendo un arco di note e accordi, finché alcuni serpenti di ciascun lato non perdono la voce. L’esercizio si conclude col tentativo di un canto corale di tutti i serpenti dal collo blu-reale, ma il risultato è una penosa cacofonia.

All’interno della nave, ogni nota, ogni movimento, ogni risposta dei giovani serpenti alla lezione di musica vengono monitorizzati e registrati. L’ingegnosa struttura della nave è basata sugli elementi-chiave della culla originaria. Tuttavia, benché l’elaboratore che comanda la nave contenga segmenti di materiale metallico dorato (oltre alle lunghe bacchette nere e a parti dei grossi pesci muniti di zampe), i costituenti primari della massa della nave derivano da grandi quantità di roccia e materia organica locali, ossia dal fondale del lago smeraldo. La nave è la maestra di musica per eccellenza: un sintetizzatore virtualmente perfetto, munito di microprocessori che non solo immagazzinano tutte le risposte degli allievi, ma che contengono altresì programmi elettronici in grado di consentire la sperimentazione di tutta una gamma di metodi individualizzati d’insegnamento.

Il sofisticato robot, ideato dall’intelligenza artificiale raccolta attorno agli zigoti di serpente e costituito quasi interamente di composti chimici estratti dal materiale trovato nelle vicinanze del punto di atterraggio, è a sua volta osservato e studiato da lontano da tecnici sperimentatori, L’esperimento in corso è al suo primo stadio, e sta andando splendidamente. È la terza configurazione diversa dell’insegnante di musica: la parte più ardua del progetto di culla che dovrà riportare a Canthor gli zigoti di serpente. La prima è stata un fiasco totale: gli embrioni erano infatti diventati sì adolescenti, ma l’insegnante non era mai riuscito a metterli in grado di cantare il canto d’accoppiamento e quindi di riprodursi. La seconda è stata migliore: l’insegnante era riuscito a insegnare ai serpenti a eseguire la sinfonia di corteggiamento — ciò che aveva portato alla nascita di una nuova generazione della specie —, ma la nuova generazione di serpenti adulti non era poi stata capace di insegnare il canto alla progenie.

A studiare il problema era così stato chiamato il meglio dei bioingegneri della Colonia. Dopo aver scorso quadrilioni di bit di dati accumulati e associati allo sviluppo dei serpenti e di altre specie correlate, i bioingegneri avevano scoperto una curiosa correlazione fra il grado di nutrimento fornito dal genitore e la conseguente capacità del figlio di insegnare, una volta raggiunta la maturità, alla prole. Il nucleo d’intelligenza artificiale responsabile dei primi sei mesi di vita dei serpenti era stato così riprogettato in modo da inserirvi un surrogato di madre: una madre la cui unica funzione fosse quella di tenere presso di sé, coccolandoli a intervalli regolari, i serpenti neonati. Le prove di sottosistema avevano avuto esito positivo: la leggera modificazione dello schema nutritivo iniziale aveva infatti prodotto serpenti adulti in grado di insegnare ai figli a cantare.

La prova dimostrativa in corso dura oltre quattro millicicli e, alla sua conclusione, viene dichiarata un successo senza pari. Il lago artificiale brulica ora di una forte e creativa popolazione serpentesca sulle venticinquemila unità. Le limitazioni alla crescita futura vengono sperimentate solo su casi singoli, e i superstiti dell’esperimento vengono quindi trasportati in un altro settore del Complesso Zoo, dopodiché i serpenti di Canthor vengono aggiunti alla lista delle specie pronte per il rimpatrio sotto forma zigotica.

SABATO

1

La luna piena sale sul placido oceano. Troy ne osserva i raggi luccicare sull’acqua tranquilla. Appare Angie, in piedi nell’acqua davanti a lui. Porta un monopezzo bianco aderentissimo, e l’acqua le arriva alle anche.

Gli fa segno col dito, e lui attraversa la spiaggia umida verso l’acqua. È a piedi scalzi e porta anche lui un costume da bagno bianco. L’acqua è sorprendentemente calda. Angie comincia a cantare. La sua magnifica voce è per lui un abbraccio, mentre le si avvicina nella risacca.

Si accarezzano e si baciano. Lei si stacca e gli sorride invitante. Troy si sente eccitare. D’improvviso, una sirena squarcia l’aria, distruggendo la pace notturna, e il mare si agita, si copre di cavalloni. Troy, allarmato, si volta verso la spiaggia, ma non scorge niente di particolare. Si rigira verso l’oceano. Angie è sparita. Lontano, sul filo dell’orizzonte, vede l’inizio di un’onda di marea. La sirena urla di nuovo, e Troy avvista una grossa massa informe sulla cresta di un’onda vicina.

Si dirige verso l’oggetto. L’onda di marea è ora ben definita in lontananza, e gli riempie a metà lo schermo del sogno. Il voluminoso oggetto è un corpo nero, in jeans e maglietta sportiva rossa. La sirena urla più forte. Troy rivolta il corpo e ne guarda la faccia. È suo fratello Jamie.

Troy Jefferson balzò a sedere sul letto, il cuore in tumulto, la mente impegnata a passare dal sogno alla realtà. All’esterno della villetta bifamiliare imperversava una sirena. Dal mutamento di frequenza capì che l’auto della polizia, o ambulanza che fosse, era appena passata a tutta velocità davanti alla sua porta d’ingresso. Scuotendosi, scivolò fuori dal letto. L’orologio digitale del comodino segnava le 3,03.

Andò in cucina, aprì il frigorifero e si versò un bicchiere di succo di pompelmo, ascoltando la sirena svanire a poco a poco in lontananza. Poi si riavviò verso la seconda camera da letto, quella piccola, nella quale era solito dormire. In corridoio fu fermato dal suono di un’altra sirena, anche più forte della prima, che pareva dirigerglisi addosso. Per qualche secondo pensò che fosse là, di fronte alla porta, e rammentò vivamente un’altra sirena nel cuore di un’altra notte. Il cuore riprese a tumultuargli. “Jamie,” si disse quasi senza volere “Jamie, perché hai dovuto morire?”

Poteva ancora vedere gli eventi di quella sera con perfetta chiarezza. La prima scena non aveva un particolare che fosse sbiadito anche solo di tanto. Il ricordo iniziale era di loro tre — Jamie, lui e la madre — seduti in silenzio a tavola, intenti a mangiare pollo arrosto e purè di patate. Jamie era appena tornato a casa da Gainesville, nel pomeriggio, per le vacanze primaverili e aveva passato quasi un’ora, prima di cena, a deliziare il fratello quindicenne con episodi di football e di vita universitaria. Idolo dell’infanzia di Troy, oltre a essere bello, intelligente e dotato di facilità di parola, aveva avuto in sorte anche doti fisiche incredibili. Risultato: era stato il mediano d’inizio dei Florida Gators nel secondo anno di università ed era in predicato di diventare un possibile nazionale nella stagione che s’annunciava. Troy ne aveva sentito fortemente la mancanza alla sua partenza per il primo anno d’università, ma nel corso dei diciotto mesi seguenti aveva imparato ad accettarne l’assenza e ad aspettare con ansia i suoi ritorni per le vacanze.