Lo schermo destro mostrò ora una carta particolareggiata della Florida meridionale e delle Key col bersaglio al largo delle Bahamas. Le carte degli altri due schermi rimasero dov’erano per l’intera esposizione, mentre variavano, seguendo il discorso, i diagrammi di quello centrale. «La posizione a priori del bersaglio, ossia il primo punto in cui le telecamere avrebbero dovuto cercare la portaerei, era questa — qui, a Eleuthera, nelle Bahamas. L’algoritmo di ricerca avrebbe dovuto spiegarsi a cerchio da lì, e, se correttamente applicato, avrebbe dovuto trovare il bersaglio in circa quindici secondi. E questa,» concluse Todd, indicando una linea tratteggiata sulla carta ingrandita «sarebbe dovuta essere la traiettoria d’impatto.»
«In base ai dati telemetrici finora analizzati» proseguì Todd, dopo una pausa ad effetto «sembra invece che il missile abbia deviato fortemente a ovest, verso la costa della Florida, subito dopo l’attivazione del sistema di guida terminale. A noi è stato possibile ricostruirne la traiettoria solo fino a questo punto, che si trova a circa tre miglia a ovest di Miami Beach e a un’altezza di tremila metri. Da qui in poi, la rilevazione telemetrica risulta intermittente e vaga. Una cosa, però, sappiamo: che, al momento della perdita dei dati completi, i motori per la guida terminale erano in funzione tutti. Perciò, facendo una proiezione dell’autorità totale di controllo del missile, risulta che il suo probabile punto di caduta è da ricercarsi nella zona qui sottolineata: zona che abbraccia le Everglades, le Key e, come estremità meridionale massima, Cuba.»
Il tenente Todd fece un secondo di pausa, e il capitano Winters, che non aveva cessato di annotare su un taccuino i punti salienti della relazione, ne approfittò per prendere in mano le redini del dibattito. «Un paio di domande, tenente, prima di andare oltre» esordì succintamente, facendo sentire chiaro il peso della propria autorità. «Primo: come mai non si è distrutto il missile subito dopo la sua uscita di rotta?»
«Non lo sappiamo ancora con certezza, capitano. Apparato di comando e pezzi d’artiglieria erano pronti all’uso proprio per evenienze simili, naturalmente, ma il mutamento di rotta del missile è stato così brusco e inatteso, che, lì per lì, la nostra reazione è stata un po’ lenta. Così, il comando è partito quando il missile era ormai probabilmente fuori portata. Tutto ciò che sappiamo è che non ci sono state esplosioni di alcun genere. Possiamo dunque supporre che…»
«Torneremo dopo su questo errore operativo» interruppe di nuovo Winters, mentre Todd, sbiancando alla parola “errore”, stava innervosendosi sul podio. «Dove sarebbe dovuto essere il punto d’impatto secondo le costanti di controllo-volo attive al momento dell’ultima rilevazione telemetrica completa? E quanto tempo ci occorrerà per ottenere informazioni aggiuntive dai dati intermittenti?»
Il tenente Todd si disse che il capitano aveva un cervello davvero pronto, da uomo con precedenti esperienze di indagine anomale. E rispose che, ferme restando per ipotesi le costanti di controllo attivo del volo, il funzionamento ininterrotto dei motori terminali avrebbe dovuto portare il missile a un punto d’impatto situato una ventina di miglia a sud di Key West. «La componentistica, però, consentiva alle costanti una variazione ogni cinque secondi» aggiunse. «E tale variazione si è per l’appunto verificata in due degli ultimi cinque aggiornamenti interni. È quindi improbabile che le costanti siano rimaste ferme alla situazione del momento in cui abbiamo cessato di ricevere il panorama telemetrico completo. Sfortunatamente, poi, sebbene le costanti siano immagazzinate tutte — anche le future previste, che vengono calcolate dallo SRAO — nel computer di bordo, i limiti dell’ampiezza di banda ci consentono di trasmettere le costanti attive solo con telemetria in tempo reale. Al momento stiamo cercando di scoprire qualcosa di più sulle costanti tramite esame manuale dei dati di caduta.»
Uno degli ufficiali superiori chiese quale grado di probabilità avesse l’ipotesi che il missile fosse arrivato sino a Cuba. «Molto basso» rispose il tenente Todd, e attivò una sovrapposizione elettronica che disegnò una traiettoria a puntini lampeggianti sulla carta dello schermo destro. I puntini lampeggianti seguivano una rotta che, partendo da un punto appena al largo di Coral Gables, a sud della città di Miami, attraversava una parte della Florida meridionale, entrava nel Golfo del Messico, superava le Key, e finiva quindi di nuovo nell’oceano. «Questa è la linea lungo la quale intendiamo concentrare le ricerche. Ipotizzando che il missile non abbia improvvisamente cambiato di nuovo rotta, la direzione della sua corsa dovrebbe essere stata quella di un bersaglio localizzato in un punto qualunque di tale linea. E poiché non sono stati segnalati impatti a terra in punti vicini a zone abitate, diamo per scontato che esso sia finito sulle Everglades o nell’oceano.»
La sera prima, il tenente Todd si era consultato brevemente con Winters sul programma e la durata della riunione. Questa era stata stabilita in un’ora, ma l’ora diventò una e mezza a causa del numero delle domande. Todd fu esauriente e preciso nell’esposizione, ma ovviamente costernato dall’insistenza di Winters nello scandagliare la questione del possibile errore umano. Così, pur ammettendo senza reticenze che il procedimento di distruzione del missile uscito di rotta non era stato applicato secondo le regole, difese i propri uomini adducendo le circostanze insolite e il passato di esperimenti quasi perfetti proprio del Panther. Aggiunse inoltre che il gruppo intendeva equipaggiare le navi di ricerca con la miglior strumentazione possibile («incluso il nuovo telescopio oceanico creato dall’Istituto Oceanografico di Miami»), e dar inizio al setacciamento delle zone prese in considerazione già dall’indomani.
Winters pose varie domande sulla possibile causa dell’insolito comportamento del missile. Todd rispose che, tanto lui quanto i suoi collaboratori, erano convinti che si trattasse di un problema di componentistica: sequenza inizializzatrice e memoria ottica dei parametri di bersaglio erano stati cioè disturbati chissà come da qualche algoritmo, nuovo o aggiornato, della versione 4,2 dei componenti di programmazione. Winters finì con l’accettare questa tesi, ma solo dopo aver ordinato l’effettuazione di un’analisi «da cima a fondo» delle possibili cause di mancato funzionamento; analisi che doveva elencare tutti gli errori possibili e immaginabili — componenti meccaniche, componenti di programmazione, lato operativo (e questo ritorno sull’aspetto operativo fu uno schiaffo per Todd) — suscettibili di aver provocato l’evento.
Verso la fine della riunione, Winters ribadì la segretezza dell’operazione e la necessità che la stampa fosse tenuta completamente all’oscuro del progetto Freccia Spezzata.
«Scusi, capitano» interloquì Todd (ne! quale l’iniziale sicurezza di sé aveva lasciato il posto a un crescente disagio), mentre Winters stava illustrando la politica da adottare nei confronti della stampa. «Ieri pomeriggio, sul tardi, mi ha telefonato una giornalista del Miami Herald, una certa Carolyn o Kathy Dawson. Questa tale ha detto di aver sentito che qui è in corso un’operazione speciale, a cui risulto associato io. La sua fonte sarebbe qualcuno del Pentagono.»
«Oh, cazzo, tenente, perché non l’ha detto prima?» esclamò Winters, scuotendo la testa. «Se lo immagina che cosa succederebbe se trapelasse che uno dei nostri missili se n’è andato a spasso sopra Miami?» Poi, dopo una pausa: «E lei, a questa giornalista, che cos’ha detto?».
«Assolutamente niente, ma credo che nutra dei sospetti. Dopo aver parlato con me, infatti, ha chiamato l’ufficio relazioni pubbliche.»