«E hai già visto se ti manca qualcosa?» domandò lei.
«No» rispose lui, raccogliendo un altro romanzo dalla copertina sconciata e scuotendo la testa. «Però, quei bastardi ci han dato proprio dentro, coi miei libri…»
Lei gl’impilò la collezione di Faulkner sulla sdraio. «Adesso capisco il motivo dell’ammirazione di Troy» disse. «Ma li hai davvero letti tutti?» Nick annuì. Lei ne raccolse uno da sotto il carrello del televisore. «E questo, di che parla?» chiese, mostrandoglielo. «Mai sentito nominare.»
Nick aveva appena finito di sistemare un’altra dozzina di libri sul tavolo da caffè. «Oh, quello è un romanzo fantastico» disse infervorandosi, dimentico per un istante del saccheggio dell’appartamento. «La vicenda è raccontata attraverso uno scambio epistolare fra i personaggi principali. Si svolge nella Francia del Seicento, e la coppia protagonista, una coppia annoiata dell’alta società, cementa il suo bizzarro rapporto scambiandosi i particolari delle relazioni amorose che ciascuno dei due ha con altri. Ha fatto gran scandalo, in Europa.»
«Niente a che vedere col tipico romanzo rosa, insomma» osservò Carol, sforzandosi di mandare a memoria il titolo.
Nick si alzò e andò nella camera da letto piccola, dove passò a vagliare il contenuto degli scatoloni. «Qui manca qualcosa» diede la voce a Carol, che smise di sistemare i libri e venne a raggiungerlo. «Sono sparite tutte le mie foto del tesoro della Santa Rosa e anche i ritagli di giornale. Strano…»
«Ma il tridente, è sempre sulla barca?» disse Carol, accanto a lui sul pavimento davanti agli scatoloni, aggrottando la fronte.
«Sì» rispose lui, smettendo di scartabellare. «Nell’ultimo cassetto in basso dell’armadietto dei congegni elettronici. Pensi che esista un rapporto?»
Lei assentì. «Sì, credo cercassero proprio quello. Non so perché, ma è questo che sento.»
Nick raccolse una voluminosa cartella gialla dal pavimento e la ripose in uno scatolone. Nel farlo, se ne sfilarono una fotografia e alcuni fogli dattiloscritti. Raccolta la foto di Monique, mentre lui adunava in fretta i fogli, Carol la studiò e, lettane la dedica, si sorprese a provare una punta di gelosia. «Bella» commentò. Poi, notando le perle: «E anche molto ricca e raffinata. Non sembra il tuo tipo». E gliela passò.
Nick, pur affettando disinvoltura, non poté impedirsi di arrossire. «Roba di tanto tempo fa» mormorò, affrettandosi a ficcare la foto nella cartella.
«Proprio?» disse lei, sogguardandolo. «A giudicare dall’aspetto, tanto non sembra: pare della nostra età, suppergiù…»
Turbato, Nick infilò negli scatoloni altro materiale sparso, poi guardò l’orologio. «Meglio affrettarsi, se dobbiamo incontrare Troy al tuo albergo» disse alzandosi. Carol rimase in ginocchio sul pavimento, gli occhi fissi nei suoi. «È una storia lunga» disse lui. «Un giorno te la racconto.»
Punta di curiosità, Carol lo seguì fuori dall’appartamento e nell’ascensore. Nick era sempre a disagio. Centro, si disse lei. Credo di aver scoperto una chiave di volta del signor Williams. Una donna di nome Monique… Sorrise a Nick che la invitava a precederlo nell’uscita dall’ascensore. E ama davvero tanto i libri…
La camera di Carol al Marriott aveva due ingressi. Quello normale dava sul corridoio che portava all’atrio, l’altro sul giardino e la piscina, ed era questo che lei usava sempre quando usciva per la ginnastica mattutina.
Nick e Carol arrivarono alla camera per il corridoio, parlando del più e del meno, ma a bassa voce. Lei estrasse la tessera magnetica a qualche passo di distanza e, quando già si accingeva a infilarla nella serratura, dall’interno venne un rumore insolito, come di metallo contro metallo. Prima che potesse dire qualcosa, Nick la zittì portandosi un dito alle labbra. «Hai sentito anche tu?» bisbigliò lei. Lui assentì, poi le chiese a gesti se ci fosse un secondo ingresso. Lei indicò la porta d’accesso al giardino dell’albergo, in fondo al corridoio.
Palme e siepi tropicali coprivano gran parte del lato destro della piscina. Nick e Carol lasciarono il vialetto d’accesso a questa e si portarono furtivamente alle finestre della camera. Le veneziane erano tirate, ma una fessura sul fondo permetteva di scrutare all’interno. Lì per lì, non videro che buio; poi le pareti riflessero per un istante il raggio di una torcia elettrica. In quella frazione di secondo distinsero un profilo umano, che però non seppero identificare, accanto al televisore. La torcia si riaccese, soffermandosi un istante sulla porta del corridoio. La porta era chiusa a chiave. Nel breve momento di luce, Carol vide anche aperti tutti i cassetti della toeletta.
Nick le strisciò accanto nell’aiuola sotto le finestre. «Tu sta’ qui di guardia senza farti accorgere,» bisbigliò «io vado a prendere una cosa in macchina.» Poi, strettale la spalla, sgattaiolò via. Lei rimase incollata alla finestra. La torcia si riaccese, illuminando pezzi di apparecchi elettronici posati sul letto più lontano. Carol aguzzò gli occhi per vedere chi fosse l’uomo della torcia, ma invano.
Il tempo, intanto, passava, e il suo intùito le disse che l’intruso si accingeva ad andarsene. D’improvviso si rese anche conto di essere del tutto esposta alla vista, così, sotto la finestra. Su, Nick, sbrigati, forza!, si disse. O finisco a fettine… La figura nella stanza venne verso la porta del giardino e si arrestò. Carol si sentì accelerare il cuore. Proprio in quel momento arrivò, col fiato mozzo, Nick, che impugnava un lungo palanchino tolto dal cofano della macchina. Lei gli fece segno di mettersi a lato della porta, perché l’intruso stava per uscire.
Vide la figura posare la mano sulla maniglia, e si appiattì a terra. Nick era dietro la porta, il braccio pronto a calare il palanchino su chiunque ne fosse uscito. La porta si aprì, il braccio prese ad abbattersi — quando Carol strillò dall’aiuola: «Troy!». Troy schizzò indietro, schivando di misura la botta. Carol fu in piedi in un lampo e si slanciò verso la porta. «Tutto bene?» chiese a uno scosso Troy.
Gli occhi sbarrati di paura. «Cristo, professore,» disse, guardando il palanchino impugnato da Nick «mi potevi ammazzare!»
«Accidenti a te, Jefferson» sbottò Nick, il flusso di adrenalina ancora abbondante nel sangue «ma perché cazzo non ci hai detto che eri tu? E che ci facevi nella camera di Carol?» soggiunse, guardandolo con aria accusatrice.
Troy rientrò nella stanza e accese le luci. La stanza era un disastro: sembrava l’appartamento di Nick di poco prima.
«Ma che cavolo…» cominciò Carol rivolta a Troy.
«Io non c’entro, angelo» rispose lui «davvero, giuro.» Poi, guardando entrambi gli amici: «Sedetevi. Un secondo e vi spiego tutto».
Carol, intanto, si guardava attorno. «Oh, merda,» sbottò «ma è sparito tutto, macchine fotografiche e pellicole! E quasi tutto il sistema telescopico, anche, postprocessore compreso. Dale mi spara di sicuro.» Guardò in uno dei cassetti aperti. «E hanno preso anche le mie foto della prima immersione, ’sti gran figli di puttana. Stavano in una grossa busta qui sulla destra.»
Sedette sul letto un po’ stordita. «Hanno rubato tutti i negativi delle foto che ho fatto in quel posto. Addio servizio sensazionale…»
«Mah, chissà, magari salteranno fuori» tentò di consolarla Nick. «E, comunque, hai sempre i negativi della prima immersione.»