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Greta accettò il complimento con un sorriso. Poi le percorse il corpo con lo sguardo, non facendo minimamente mistero di quello che voleva essere un vero e proprio esame. «Anche lei ha un bel corpo da nuoto» disse quindi. «A parte, forse, un tantino di ciccia sul sedere e l’alto delle cosce. Le suggerirei di esercitare…»

«Perché non mostriamo alla signorina Dawson l’altra piscina, prima che rientri a cambiarti?» interruppe Homer, avviandosi alla casetta sull’oceano. Senza un’altra parola, Greta si voltò e lo seguì. Carol bevve un sorso di vino. Chissà cosa mai succede, in questo posto. Questi tre, sono otto anni che non devono più lavorare per vivere, e portano gente a pescare e a fare immersioni solo per sport. Si sentì invadere da una strana mescolanza di disgusto e depressione. E così si fabbricano il divertimento per non annoiarsi.

Qualche istante dopo l’entrata di Homer nella casetta, sul fondo della seconda piscina si accese una batteria di riflettori. Homer accennò a Carol di affrettarsi, e lei corse dentro. I due la condussero giù per una scala a un corridoio sotterraneo che correva attorno a quello che, nel buio, sembrava una seconda piscina ed era invece un grande acquario di vetro. «Al momento abbiamo sei squali» disse nero Homer «più tre otto rossi, un paio di seppie e, naturalmente, centinaia di specie ittiche e vegetali più comuni.»

«Otto?» fece Carol.

«Sì: gergo per ottòpodi, o piovre» spiegò, con aria saccente e compiaciuta, Homer.

Greta stava con la faccia contro il vetro. Passò una coppia di razze-pipistrello, ma lei aspettava chiaramente qualcos’altro. Dopo una ventina di secondi apparve uno squalo grigiastro, che, sembrando notarla, le si fermò davanti, il muso a un metro e mezzo dal vetro. Carol ne vide i lunghi denti affilati, e lo identificò per un mako, un feroce cugino minore del grande squalo bianco mangiatore di uomini.

«Questo è il cocco di Greta» disse Homer. «Si chiama Timmy, e lei è riuscita a insegnargli a riconoscere la sua faccia contro il vetro.»

Dopo averlo osservato per qualche secondo ancora, continuò: «Ogni tanto lei va lì dentro a nuotarci insieme. Dopo che gli squali hanno finito di mangiare, s’intende».

Lo squalo, là immobile, fissava nella direzione di Greta con sguardo inespressivo. Lei prese allora a tambureggiare con le dita, cadenzatamente, contro il vetro. «Ah, ecco: questo è emozionante» disse Homer, portandosi accanto a Greta e all’acquario. «Lei vedrà ora quella che i biologi definiscono reazione pavloviana tipica. E che, in uno squalo, io stesso non avevo mai visto prima.»

Il mako prese ad agitarsi. Greta aumentò il ritmo, e lui rispose frustando l’acqua avanti e indietro con la coda. Greta sparì di scatto su per le scale, e Carol, quando le schizzò davanti, le vide negli occhi uno sguardo lontano. «Venga più vicino» disse Homer, alla sua aria interrogativa «o perderà lo spettacolo. Greta si occupa personalmente dei conigli e Timmy fa sempre uno scenone.»

Carol non capiva di che cosa lui stesse parlando, ma il bell’acquario, colmo d’acqua di mare cristallina, ovviamente filtrata e riciclata con regolarità, le piaceva proprio. Notò varie specie di corallo e di spugne, così come di ricci e di anemoni. Qualcuno aveva decisamente profuso cure e denaro per ricreare le condizioni delle barriere appena al largo di Key West.

D’un tratto, apparve nell’acquario, in faccia al punto d’osservazione di Carol e Homer, un coniglio bianco, decapitato e impalato su una lunga pertica, il sangue ancora sprizzante dalle arterie. Fu questione di un baleno. Istantaneamente impazzito alla vista del sangue nell’acqua, il mako attaccò, strappando metà del povero coniglio al primo morso e portando via il resto, e spezzando la pertica, al secondo. Carol ebbe a stento il tempo di ritrarsi e girare la testa. Nel farlo, si rovesciò il vino sulla camicetta.

Sforzandosi di apparire calma, cercò un fazzolettino di carta in borsetta per asciugarsi. Non disse una parola. Aveva avuto una vista perfetta dell’attacco dello squalo, e sentiva ancora la scarica di adrenalina provocata dallo spavento. Splendido modo di cominciare una cena, pensava intanto. Perché non ci ho mai pensato? Dawson, questi qui sono degli spostati da brivido.

«Non è spettacolare?» fece Homer, tutto emozionato. «Che potenza nuda e selvaggia, in quelle fauci! E, per stimolo, puro istinto. Non me ne stanco mai!»

Carol lo seguì su per la scala. «Bello, Greta, brava» gli sentì dire mentre uscivano dalla casetta. «Ce l’abbiamo avuto proprio davanti. Due morsi: vàmm, vàmm, e niente più coniglio!»

«Lo so» disse Greta, che aveva in mano una maschera subacquea e, accanto, quello che restava della pertica «ho potuto vedere anch’io da qui.» Intanto, fissava Carol, nel chiaro tentativo di scoprirne la reazione. Carol stornò gli occhi. Non le avrebbe dato la soddisfazione di sapere che lei aveva trovato la cosa ripugnante.

«Greta organizza sempre la cosa al millesimo di secondo» continuò Homer mentre tornavano per il giardino alla casa. «Prepara il coniglio vivo sull’asse da taglio un’ora prima; poi, quando Timmy è pronto…»

Carol cambiò stazione al cervello per non ascoltare altri particolari raccapriccianti. Non voglio ascoltare oltre, si disse, dando un’occhiata all’orologio. Le nove e dieci. Forza, ragazzi, fate in fretta! Perché non so se potrò reggere per un’altra ora a questa gente.

Nick e Troy nuotavano silenziosamente lungo la spiaggia sotto la luna. Avevano ripassato il piano con cura. Niente luci sinché non fossero nell’insenatura accanto alla proprietà di Homer: Troy in testa, col compito di localizzare e disattivare i sistemi d’allarme per mezzo degli attrezzi stipati nelle tasche della muta, e di segnalare i famigerati robot-sentinella; Nick in coda, con le borse galleggianti in cui mettere l’oro.

Indossate le pesanti mute subacque e presi gli zaini, avevano lasciato il parcheggio del Pelican Resort e costeggiato a piedi la spiaggia fino a un centinaio di metri dalla solida rete che cingeva la proprietà di Homer. Qui avevano posato gli zaini, contenenti i vestiti, ed erano scivolati in acqua. Durante il percorso, Troy aveva avuto diversi problemi coi suoi attrezzi, e la decisione di ridurre l’arsenale di congegni aveva causato un ritardo di cinque minuti sul tempo d’immersione previsto. Poco prima di entrare in acqua, Nick aveva avuto un insolito guizzo emotivo. «Spero che ’sto cazzo di oro ci sia proprio» aveva detto, afferrando Troy per le spalle. «Perché non vedo l’ora di vedere le loro facce quando gliel’avremo fregato!»

Era tempo di immergersi. Tenendosi per mano nel buio, Nick e Troy scesero a circa un metro e mezzo, si fermarono a equilibrare la pressione, e ripresero la discesa. Quando furono a tre metri, Troy accese la torcia subacquea. Un rapido orientamento, poi, aggirata la punta, si addentrarono nell’insenatura adiacente alla proprietà di Homer.

Troy, che nuotava in testa, non ebbe difficoltà a trovare l’entrata della galleria naturale che conduceva alla caverna sotterranea. Come concordato, Nick attese all’imbocco della galleria, davanti alla scogliera, mentre Troy entrava alla ricerca degli allarmi. L’imbocco della galleria era largo circa un metro e mezzo e alto poco più di uno. Una volta all’interno, Troy avvistò immediatamente una scatola metallica fissata alla parete sinistra e parzialmente nascosta. Esaminandola, scoprì che emetteva due raggi laser separati fra loro di una novantina di centimetri.

Le placche collettrici dei raggi e gli allarmi elettronici stavano all’altro capo della galleria naturale. Troy avanzò con cautela, estrasse il cacciavite, e smontò l’incasso. Il sistema era semplicissimo. Ciascuna delle due placche aveva un relè che si apriva all’interruzione del raggio, e la corrente fluiva all’allarme quando fossero aperti entrambi. Perché l’allarme venisse azionato, occorreva quindi l’interruzione simultanea di entrambi i raggi. Sorridendo fra sé, Troy verificò il principio operativo passando la mano davanti a uno dei raggi, e bloccò quindi uno dei relè sul chiuso. Dopodiché si assicurò dell’avvenuta disattivazione del sistema d’allarme nuotando avanti e indietro nella galleria e interrompendo contemporaneamente i due raggi.