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«Ja» disse Greta, rivolgendole per la prima volta la parola dall’inizio della cena. «Homer mi ha detto che lei sta col dottor Dale. Siete amanti, no?»

Certo che non sei una che ci gira in giro!, pensò Carol, che, evadendo un po’ la domanda, rispose: «Dale Michaels e io siamo ottimi amici. Passiamo parecchio tempo insieme, socialmente e professionalmente».

«È un uomo astuto» disse Greta, un sorriso all’angolo delle labbra e gli occhi chiari fissi su di lei. Ma che cosa sta tentando di dirmi?

La conversazione venne interrotta da un acuto squillo d’allarme. Carol si rese conto all’istante che doveva essere andato storto qualcosa. «E questo, cos’è?» domandò in tono innocente, mentre l’allarme non cessava di echeggiare a tutta forza.

Homer e Greta erano già scattati in piedi. «Ci scusi» disse lui «è il nostro antifurto di casa. Ci dev’essere stato qualche guasto. Ora andiamo a controllare.»

Uscirono in fretta dalla sala da pranzo lasciando sole Carol ed Ellen, e infilarono un corridoio vicino. Bisogna che li segua per scoprire cosa succede, pensò Carol, cervello e cuore in tumulto. Un’occhiata furtiva all’orologio le rivelò che erano le dieci e cinque. Dovrebbero aver finito, ormai. «Vado un attimo in bagno» disse a Ellen. «No, non si disturbi» soggiunse, vedendola accingersi a darle spiegazioni «lo troverò certo da sola.»

Uscì in fretta nel corridoio e tese l’orecchio al rumore dei passi di Homer e Greta. Muovendosi col massimo silenzio, li seguì fino all’esterno di un grande sottoscala all’altra estremità della casa. La porta era spalancata. «Sarà a fuoco in un momento» sentì dire a Homer. Poi, dopo una pausa: «Vacca merda,» lo sentì gridare «sembra che i lingotti d’oro siano già spariti! Devono essersi mossi molto in fretta. L’immagine non è molto chiara. Ecco, da’ un’occhiata.»

«Ja» disse Greta. «I lingotti sono spariti, credo… Ma l’oro dev’essere molto pesante, Homer, e quindi forse i ladri sono intrappolati nel cunicolo… Potremmo mandare Timmy a cercarli.»

«Già, lui li concerebbe per bene, quei bastardi.» La risata nervosa di Homer le fece correre un brivido lungo la schiena. Lentamente, tornò verso l’atrio della casa, mentre dal sottoscala le giungeva lo sbattere di una porta esterna. Sono usciti a liberare gli squali. Gesù, devo assolutamente avvertire Nick e Troy!

Entrata nel bagno più vicino, chiuse la porta con un calcio e aprì il rubinetto. Poi, tirato lo sciaquone, staccò il piccolo radiotelefono da sotto la camicetta e se lo portò alle labbra. «Mayday, Mayday! Sanno che siete laggiù! Siete in pericolo!» Ripetuto il messaggio, premette il tasto che lo avrebbe a sua volta ripetuto più volte automaticamente. E speriamo che ’sto maledetto aggeggio funzioni sul serio!, pensò.

Si mise quindi a rifissare il minuscolo radiotelefono all’interno della camicetta e, nel farlo, alzò per caso gli occhi allo specchio. Ebbe quasi un colpo. Ferma sulla porta stava Ellen, che la fissava. L’espressione minacciosa degli occhi diceva chiaramente che aveva visto e sentito tutto. Fece un passo in avanti.

«Ferma lì, Ellen» disse Carol, alzando le mani. «Io non ho niente contro di te.» La grassona esitò. «Homer e Greta non fanno che sfruttarti, del resto» soggiunse piano. «Perché dunque non li lasci e non ti fai una vita tua?»

Il viso di Ellen si torse di collera. Occhi stretti, guance rosse, Ellen brandì i grossi pugni con gesto di minaccia. «La mia vita non è affar tuo» sibilò, facendo un altro passo avanti.

Carol afferrò il grosso portasciugamani accanto a sé e tirò con ogni forza. La sbarra si staccò dalla parete, facendo cadere sul pavimento di linoleum due asciugamani da bagno color pesca e il tassello terminale di legno. «Non mi costringere a colpirti!» disse Carol, brandendola alta sopra la testa. «Fatti da parte e lasciami passare.»

Ellen non si fermò. Carol mirò con cura e la colpì forte sulla spalla destra, abbattendola. «Greta» gemette la grassona con voce mostruosa. «Greta, aiuto!»

La sbarra sempre brandita, Carol la contornò con cautela e rinculò verso la porta. Una volta in corridoio, si slanciò verso il salone soggiorno e la porta d’ingresso. All’altezza del banconebar, si sentì afferrare le gambe da dietro e cadde lunga distesa, schiacciandosi il naso sul tappeto. Tentò di svincolarsi dalla presa di Greta, ma senza risultato. Era inchiodata. Dal naso le colarono alcune gocce di sangue che finirono sul tappeto.

Entrambe respiravano ora affannosamente. Carol riuscì a girarsi in modo da avere Greta di fronte. Si divincolò ancora per liberarsi, ma invano: quelle forti braccia le tenevano i polsi inchiodati al pavimento. Poi Greta si chinò fino a portarsi a pochi centimetri dal suo viso. «Tu cercafi di antartene, ja?, ma perché tanta fretta, eh?»

Negli occhi di Greta c’era qualcosa di felino. D’istinto, Carol sollevò la testa e la baciò in piena bocca. Sbalordita, l’assalitrice rilassò un istante le braccia — quanto bastò a Carol, che, raccolta ogni forza, le sferrò un colpo alla tempia col duro della palma, stordendola. Dopodiché, spintala da parte, scattò verso la porta.

Nello slanciarsi fuori e giù per gli scalini, calcolava già: Greta sarà in piedi in un baleno. Non avrò tempo di aprire la portiera della macchina. Meglio affidarsi alle gambe.

Quando Carol svoltò nel vialetto che conduceva dalla casa di Homer al Pelican Resort, la tedesca le era difatti ormai a una quindicina di metri dietro, e guadagnava a ogni passo. Per dieci anni ho corso tre volte la settimana, ma questa è l’unica volta in cui lo faccio per la pelle! Tentò di aumentare l’andatura, ma Greta continuava a guadagnare, e sembrava che la dovesse raggiungere da un momento all’altro. A un certo punto, anzi, le parve addirittura di sentirne la mano sulla camicetta.

Ma, dopo circa duecento metri, Greta cominciò a restare indietro. A quattrocento metri dal viale d’accesso della casa di Homer, Carol arrischiò un’occhiata alle spalle. La sua inseguitrice stava chiaramente perdendo il fiato ed era ormai a cinquanta metri. Carol sentì un nuovo empito d’energia. Ce la faccio! Sì, ce la faccio!

Greta scese al passo. Anche Carol, alla fine, ma solo quando fu quasi al ristorante, e anche allora continuò a guardarsi alle spalle, tentando di distinguere l’antagonista sotto la luce lunare. Ora chiamerò un tassì, e andrò all’appartamento di Nick. Speriamo solo che abbiano ricevuto il mio allarme e sia andato tutto bene.

Greta non si vedeva più. Si fermò e aguzzò gli occhi. Sarà tornata indietro, pensò. Mentre guardava così lungo il vialetto, si sentì ghermire le spalle da un paio di mani robuste. Si girò, e si trovò faccia a faccia con un sogghignante tenente Todd.

10

Il capitano Winters aspettò di proposito che il resto degli attori lasciasse lo spogliatoio. Il pacchetto era una cosa discreta, grande suppergiù quanto una saponetta, in carta bianca con un nastro rosso scuro. Non sai nemmeno se viene da lei, si disse nello sfilare il nodo. Si sentiva colmo di aspettativa. Lo spettacolo era stato ancora migliore, quella sera. E, nella scena della camera da letto, lui aveva avvertito, per un fuggevole secondo, il tocco della lingua di Tiffani contro le labbra. Questo non rientrava nel copione, si disse, sospendendo per un istante ogni traccia di senso di colpa.

Aprì il pacchetto con mani leggermente tremanti. Era una comune scatoletta bianca, e conteneva un accendino d’argento, semplice ma bello, con le iniziali VW incise sul fondo. Allora prova anche lei ciò che provo io!, pensò, il cuore in tumulto, una vampa di desiderio nel ventre. E immaginò una scena dell’immediato futuro, a tre o quattro ore di distanza. Portava a casa Tiffani e si baciavano sulla porta d’ingresso. «Non vuoi entrare?» diceva lei…