Era arrivato. Un cenno alla guardia e si diresse verso l’edificio in cui Todd aveva detto che era detenuto il trio, un edificio bianco, senza nulla di speciale, situato su un rialzo del terreno a circa quattro metri e mezzo dal piano stradale. Sul margine della strada attendeva, nervoso, il tenente Roberto Ramirez, che aveva in mano due buste grandi e gonfie. Al suo arrivo, Ramirez si voltò a gridar qualcosa verso la porta. Dopo un istante, uscì Todd, che, richiusa a chiave con cura la porta, scese gli scalini e venne verso i due ufficiali. Arrivò che già Ramirez stava mostrando le foto a Winters. I tre uomini ebbero una breve, ma animata discussione.
«Allora, cos’è successo dopo che avete ricevuto il mio avvertimento?» chiese Carol agli altri due non appena fu uscito Todd. Non avevano infatti avuto molte occasioni di parlarsi, dal momento in cui Todd e Ramirez li avevano arrestati nel parcheggio del Pelican Resort.
«Troy era pronto a battersela» rise Nick. «Ma io ho pensato che il tuo avvertimento si riferisse unicamente al robot-sentinella, e siccome erano ormai parecchi minuti che se ne stava tranquillo, ho immaginato che non avessimo più niente da temere. Così, sempre incazzato per la seconda borsa di lingotti, sono tornato al cancello.
«Ora, concentrato com’ero per trovare il modo di far passare al di qua la borsa, non ho più badato ad altro, evidentemente, finché, d’un tratto, non mi sono sentito strappare indietro da Troy. Un secondo dopo o giù di lì, due o tre squali, fra cui un mako, sono venuti a sbattere con tale forza contro il cancello, che io mi son detto: Adesso vola in pezzi!»
«Brutte bestie davvero, quegli squali, angelo» interloquì Troy. «E sceme, anche. Quello grosso, infatti, ha cozzato contro il cancello almeno una dozzina di volte, prima di cedere.»
«La borsa galleggiante con l’oro è stata fatta immediatamente a pezzi, e può darsi che si siano divorati anche la maggior parte dei lingotti. T’assicuro che non è stato affatto divertente averli così vicini» disse Nick, rabbrividendo. «Se chiudo gli occhi, vedo ancora i denti del mako a meno di un metro… Mi sa che avrò incubi per anni, adesso.»
«Ho tirato Nick verso l’oceano. Non avevo proprio voglia di vedermela con quei bastardi, e quel cancello mi aveva tutta l’aria di non poter resistere a un eventuale nuovo assalto. Siamo riemersi a tempo di primato, ma, naturalmente, non ci aspettavamo di venir accolti dalla Marina USA al ritorno alla giardinetta.» Dopo una pausa, Troy soggiunse: «Ma questo Todd, perché ce l’ha tanto con noi? Ha tutta l’aria di quello che intende farci un culo così. Sarà incazzato solo per via del tostone che ha preso dal professore ieri sera?».
Carol sorrise. Poi, posata la sinistra appena sopra il ginocchio di Nick, e lasciatala mentre parlava, disse: «Todd è uno dei tecnici della Marina che stanno tentando di ritrovare il missile scomparso. E sono certa che le irruzioni nell’appartamento di Nick e nella mia camera d’albergo si devono a lui e ai suoi uomini. Altrimenti, non ci troveremmo qui».
«E che motivi hanno per trattenerci?» chiese Nick, calando una mano a inserire le sue fra le dita di lei. «Mica è contro la legge avere dei lingotti d’oro in uno zaino. Non abbiamo dei diritti, come cittadini, che impediscano questo genere di cose?»
«Probabilmente sì» disse Carol, premendogli la mano e ritraendo quindi la propria. «Ma, come giornalista, trovo estremamente interessante questa parte della nostra avventura. Quel tenente Ramirez è parecchio a disagio, e si vede. Non ha permesso che Todd ci facesse una sola domanda prima di aver contattato il capitano Winters, e si è premurato di trattarci il più possibile coi guanti.»
Come a farlo apposta, entrarono proprio in quel momento i tre ufficiali, Winters in testa. Nick, Carol e Troy sedevano in sedie metalliche grige da auditorio sulla sinistra di un vano tramezzato, che fungeva da sala d’attesa per gli uffici siti nella parte posteriore dell’edificio. Semiappoggiandosi alla grande scrivania grigia di fronte ai tre, Winters esordì, guardando ciascuno negli occhi:
«Sono il capitano di fregata Vernon Winters e, come la signorina Dawson già sa, uno degli ufficiali superiori della base. Al momento sono altresì responsabile di un progetto segreto, chiamato in codice Freccia Spezzata». Con un sorriso, soggiunse: «Sono certo che vi chiederete perché siate stati portati qui».
Tese a lato il braccio sinistro e Ramirez gli porse gli ingrandimenti infrarossi in cui si vedeva il missile in dettaglio. «Uno degli scopi del progetto Freccia Spezzata» continuò, brandendo le foto «è il ritrovamento di un missile della Marina andato smarrito in qualche punto del Golfo del Messico. Il tenente Todd, qui, ritiene, sulla base di queste foto, che voi sappiate dove sta. E questa è la ragione per la quale ha preso l’iniziativa di condurvi qui per un interrogatorio.» Alzando il tono della voce e agitando le braccia, proseguì: «Ora, sono sicuro che non è il caso di ricordarvi come i sistemi d’arma ultravanzati siano ciò che conserva la nostra nazione libera e sicura…».
«Ci risparmi lezione patriottica e istrionismi, comandante Winters» interruppe Carol. «Che state cercando un missile perduto e che credete che possiamo averlo trovato noi, lo sappiamo tutti quanti! Mi duole però dirle che oggi siamo sì andati a cercarlo, ma non siamo più riusciti a localizzarlo.» Qui si alzò. «E ora ascolti me, per un minuto. Il suo zelante tenente, qui, ha infranto, insieme coi suoi uomini, più leggi di quante io non sappia elencare. Oltre a rapirci, costoro hanno saccheggiato e devastato la mia stanza d’albergo e l’appartamento del signor Williams, e rubato fotografie e apparecchiature preziose.» Poi, guardando Winters di brutto: «Ora, sarà meglio che ci esibiate delle ragioni valide per averci trascinato quaggiù, o giuro che farò in modo che conosciate tutt’e tre la corte marziale».
Uno sguardo a Ramirez, che aveva tutta l’aria di stare sulle spine, e soggiunse: «Per il momento, potete cominciare col presentarci delle scuse ufficiali e scritte, col restituirci tutto ciò che ci appartiene e col rifonderci adeguatamente i danni. Esigo inoltre accesso esclusivo e immediato, da ora, all’incartamento Freccia Spezzata. In caso di vostro rifiuto delle condizioni, preparatevi fin d’ora a leggere dei sistemi da Gestapo della Marina statunitense sulla prossima edizione del Miami Herald».
Ooh…, pensò Winters, le cose si complicano! Questa giornalista ha intenzione di fare il gioco del bluff con minaccia. Estrasse una sigaretta mentre rifletteva. «Le spiacerebbe non fumare qui dentro?» interruppe le sue riflessioni Carol. «Tutti noi lo troviamo offensivo.»
Ci voleva anche la stramaledetta aggressività dei non-fumatori! Reinfilò la Pall Mall nel pacchetto che aveva in tasca. Disarcionato lì per lì dal rapido attacco di Carol, si ricompose nel giro di un minuto e disse, spostando lo sguardo dal terzetto alla porta d’ingresso: «Be’, signorina Dawson, posso capire che quanto è accaduto vi abbia sconvolti, e ammetterò che i nostri uomini abbiano magari agito arbitrariamente nel perquisire camera e appartamento nella loro ricerca di indizi. Rimane però il fatto…» Winters si arrestò a mezza frase per girarsi e tornare verso il terzetto.
«Rimane però il fatto» ripeté «che qui stiamo parlando di tradimento.» E, dopo aver atteso che venisse registrata stavolta questa sua minaccia, soggiunse: «E il tradimento, non occorre che glielo ricordi, signorina Dawson, è faccenda seria. Anche più del giornalismo». Una nuova esitazione ad effetto, poi, con voce grave: «Se uno qualunque di voi, a conoscenza della posizione in cui si trova questo missile, ha comunicato tale conoscenza a un membro di un qualsiasi governo straniero, e più particolarmente a uno considerato ostile ai nostri interessi nazionali, costui vi ha reso tutt’e tre colpevoli di tradimento».