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Ciò vi sembrerà impossibile, naturalmente, ma io mi limito qui a descrivere le immagini che ricevetti. Era comunque accaduto che, giunto alla massima lunghezza, il tentacolo che sosteneva l’oggetto si era rotto. Perciò l’Oggetto era affondato nelle regioni della pressione dove noi Shadi viviamo. Mentre si avvicinava alla solidità, io avevo allungato un tentacolo, avevo afferrato l’oggetto e per miracolo non l’avevo inghiottito. Avrei potuto farlo facilmente.

Là, dentro alla mia caverna, dopo che per un po’ di tempo mi ero limitato a ricevere i pensieri che provenivano da dentro l’Oggetto, cercai di comunicare. Per prima cosa, com’è naturale, cercai di paralizzare le due creature con la paura. Ma esse non parvero consapevoli della presenza di un’altra mente. Tentai allora, con più delicatezza, di conversare con loro. Ma parevano del tutto prive della facoltà di ricevere. Sono creature razionali ma, avendo le menti bloccate, sono del tutto inconsce dei pensieri degli altri. In effetti, era chiaro che i pensieri dell’una costituivano un segreto per l’altra.

Cercai di capire il perché di tutto questo, ma non ci riuscii. Alla fine, dopo molti inutili sforzi, colto da un doveroso e profondo senso di umiltà, inviai una chiamata mentale a Morpt. Questi stava ancora spiegando in tono sonnolento i vari dettagli della teoria di Caluph — cioè, che il gas uscito dalle vesciche natatorie dei Shadi morti si è tutto raccolto al centro dell’universo in una grande bolla, e che il bordo tra la bolla centrale di gas e l’acqua è la leggendaria Superficie.

Le leggende della Superficie sono ben note. Morpt rifletté, con sonnolenta ironia, che se il gas è la porzione immortale d’uno Shadi, allora, dal momento che due Shadi, quando capitano l’uno in vita dell’altro, iniziano subito a combattere fino alla morte, la grande bolla di gas al centro dell’universo dev’essere la scena d’un gigantesco, eterno, splendido combattimento. Ma la sua ironia andò perduta con me. L’interruppi per dirgli dell’Oggetto e di ciò che avevo già appreso da esso.

Sentii subito altre menti affollarsi in me. Tutti gli allievi di Morpt si misero prontamente all’erta. Oscurai la mia mente con una cautela maggiore del solito per evitar di fornire qualche indicazione della posizione della mia caverna — e servii la scienza meglio che potevo. Dissi con franchezza tutto ciò che sapevo.

In altre condizioni, sarei stato orgoglioso dello scalpore da me suscitato. Parve che ogni Shadi dell’Honda si fosse unito alla discussione. Molti, com’era ovvio, dissero che mentivo. Ma in quel momento ero ben nutrito e pieno di curiosità, perciò non rivelai dove mi trovavo a quelli che mi sfidarono. Aspettai. Perfino Morpt cercò di stuzzicarmi, sperando che facessi qualche incauta rivelazione, e fu colto da un tipico accesso di collera shadi quando non ci riuscì. Ma Morpt ha esperienza, ed è gigantesco. Non avrei avuto nessuna speranza di sopravvivere se ci fossimo affrontati fuori delle Maree della Pace.

Comunque, una volta convinto che non sarebbe stato possibile farmi cadere in trappola, Morpt accettò di discutere il fatto spassionatamente e alla fine suggerì il viaggio dal quale sono appena tornato. Mi consigliò — se, malgrado la mia cautela nei confronti degli altri Shadi (tutti gli allievi di Morpt avranno certo riconosciuto l’ironico tono di sfida con cui pensò questo), non avevo paura di servire la scienza — di riportare l’Oggetto alle Altezze. Avrei dovuto chiedere, naturalmente, istruzioni alle creature dentro l’Oggetto. A mia volta, come protezione dalla loro specie avevo la mia forza e la mia ferocia. Per affrontare le condizioni delle Altezze, Morpt mi ricordò i suoi esperimenti, come l’unica possibile salvaguardia.

Morpt mi disse, come già sapevo, che il gas delle nostre vesciche natatorie si espande man mano la pressione diminuisce. In condizioni normali abbiamo dei muscoli che le controllano, cosicché ci è possibile fluttuare all’inseguimento delle nostre prede oppure affondare, a volontà, fino alla solidità. Ma, aggiunse, man mano mi fossi avvicinato all’Altezza, avrei scoperto che la pressione si sarebbe ridotta al punto che perfino i miei muscoli sarebbero stati incapaci di controllare il gas. In queste condizioni, come avevano mostrato gli esperimenti di Morpt, avrei dovuto liberarne una parte. Poi, avrei potuto ridiscendere.

Altrimenti il mio stesso gas in espansione mi avrebbe trascinato sempre più in alto, magari rompendo la cavità natatoria e invadendo altre parti del corpo; espandendosi sempre di più, avrebbe finito per trascinarmi fino alla Superficie e alla bolla centrale della teoria di Caluph.

In questo caso, commentò argutamente Morpt, sarei diventato l’unico Shadi a sapere se Caluph aveva oppure no ragione, ma era assai improbabile che avrei potuto far ritorno a raccontarlo. Tuttavia, insisté a ribadire che, se avessi fatto delle soste per espellere un po’ di gas tutte le volte che avessi provato un’eccessiva spinta di galleggiamento, quasi certamente sarei riuscito a portare l’Oggetto assai vicino alla Superficie, ottenendo così una prova definitiva della verità (o dell’errore) dell’intera cosmologia di Caluph, rendendo così un grande servigio alla scienza. I penseri provenienti dall’interno dell’Oggetto mi sarebbero stati di grande aiuto nell’impresa.

Decisi subito che avrei fatto il viaggio. Tanto per cominciare, non ero affatto sicuro che sarei riuscito a tenere nascosto il luogo dove abitavo, se fossi stato sondato in continuazione da menti più vecchie e più esperte. Soltanto menti di estrema potenza, come quella di Morpt e di altri insegnanti, possono rischiare d’esporsi a continue, e sempre più avide, ispezioni. Com’è ovvio, è proprio dagli errori e dalle imprudenze commesse dai loro studenti, che gli insegnanti traggono il maggior vantaggio…

Sarebbe stata un’autentica prova di saggezza da parte mia lasciare la mia caverna, adesso che avevo richiamato a tal punto l’attenzione su di me. Così, rafforzai al massimo il mio blocco mentale e, con l’Oggetto stretto in un tentacolo, scivolai rapido su per il pendio che circonda Honda, prima che altri Shadi pensassero di pattugliarlo, alla mia ricerca… e alla ricerca l’uno dell’altro.

Salii molto al di sopra del mio solito livello, prima di fare una sosta. Arrivai talmente in alto che il gas nella mia vescica natatoria cominciò a crearmi un sensibile fastidio. Feci le contorsioni che mi aveva suggerito Morpt, finché non ne uscì una parte. Potrà parervi strano che l’abbia fatto con assoluta tranquillità. Ma la mia curiosità era ormai coinvolta, e noi Shadi siamo sperimentatori inveterati. Così, trovai possibile compiere quest’atto — la deliberata liberazione d’una parte del contenuto della mia vescica natatoria — che avrebbe riempito d’orrore, fino a poco tempo fa, intere generazioni di Shadi.

Morpt aveva ragione. Fui in grado di proseguire la mia ascesa senza nessuna scomodità. Inoltre, man mano l’Altezza aumentava, la mia mente aveva sempre più cose a cui pensare. Le due creature — l’uomo e la donna — dentro all’Oggetto, erano stupefatte per ciò che era accaduto al loro contenitore.

«Siamo risaliti di seicento metri dalla nostra massima profondità», disse l’uomo alla donna.

«Mio caro, non devi mentire per farmi coraggio», rispose la donna. «Non m’importa. Non avresti mai potuto tenermi fuori dalla batisfera… preferisco morire con te, piuttosto che vivere senza di te».

Simili pensieri non sembrano compatibili con l’intelligenza. Una razza con una simile psicologia sembrerebbe destinata a estinguersi. Ma non ho la pretesa di capire. Continuai verso l’alto, fino a quando non mi trovai costretto a ripetere un’altra volta gli esercizi raccomandati da Morpt. I movimenti necessari scossero violentemente l’Oggetto. Le creature dentro di esso si chiesero, disperate, il perché di quelle scosse. A queste creature non soltanto manca la facoltà ricettiva, cosicché i loro pensieri rimangono segreti l’uno per l’altro, ma a quanto pare non possiedono nessun senso spaziale, nessun senso della pressione, e sembrano perfino mancare di quel ciclo degli istinti che è così necessario a noi Shadi.