Durante tutto il tempo del mio contatto con la loro mente, non ho trovato nessun pensiero di qualcosa che assomigliasse anche in modo approssimativo alle Maree della Pace, quando noi Shadi cessiamo del tutto di nutrirci e, perciò, d’istinto cessiamo di temerci l’un l’altro e ci mescoliamo liberamente per generare. C’è da chiedersi come la loro razza possa continuare a esistere senza le Maree della Pace, a meno che la loro intera vita non si svolga in una Marea della Pace. Ma in questo caso, poiché nessuno si nutre durante le Maree della Pace, perché non muoiono di fame? Davvero, sono inesplicabili.
Fissavano con estrema attenzione i loro strumenti, man mano l’ascesa continuava. Gli strumenti sono manufatti che quelle creature usano per supplire ai loro sensi difettosi.
«Milleduecento metri», disse l’uomo alla donna. «Soltanto il cielo sa cosa è accaduto!»
«Pensi che ci sia una speranza per noi?» chiese la donna con struggente desiderio.
«E come potrebbe esserci?» si chiese l’uomo, in tono amaro. «Siamo sprofondati fino a una profondità di cinquemilacinquecento metri. Ci sono quasi tre miglia d’acqua sopra le nostre teste, e l’ossigeno non durerà per sempre. Vorrei tanto non averti lasciato venire con me. Se soltanto tu fossi lassù, al sicuro!»
Cinquemilacinquecento metri — qualunque cosa ciò significasse — sopra l’Honda, le caratteristiche delle creature viventi erano cambiate. Tutte le forme di vita erano più piccole, e il loro senso spaziale pareva imperfetto. Non erano consce della mia venuta finché, praticamente, non gli ero addosso. Due dei miei tentacoli si affaccendarono senza soste a ghermirle al passaggio. Le luci dei loro corpi erano meno brillanti di quelle delle creature inferiori dell’Honda.
Continuai la mia salita fluttuante verso la Superficie. Di tanto in tanto mi fermavo ad eseguire gli esercizi di Morpt: il volume di gas che liberavo dalla mia vescica natatoria era incredibile. Ricordo di aver pensato, alla stessa maniera ironica di Morpt, che se ogni Shadi possedeva una porzione immortale così ampia, la bolla centrale doveva esser più grande dell’intera Honda! Adesso le creature all’interno dell’Oggetto passavano da uno sbalordimento all’altro, guardando i loro strumenti.
«Siamo risaliti di duemilacinquecento metri», disse l’uomo, come stordito. «Eravamo scesi a cinquemilacinquecento metri, la più grande profondità in questa parte del mondo».
Il pensiero «mondo» si avvicina al concetto shadi per «universo», ma ci sono differenze che lasciano perplessi.
«Siamo tornati a salire d’una buona metà», aggiunse l’uomo.
«Pensi che la zavorra si sia staccata e galleggeremo fino alla superficie?» chiese la donna con ansia.
Il pensiero «zavorra» corrispondeva a una cosa legata all’Oggetto per farlo discendere, e che se si fosse staccata dall’Oggetto l’avrebbe fatto sollevare. Questa parrebbe una sciocchezza, poiché tutte le sostanze scendono, eccettuato il gas. Comunque, io mi limito a riferire soltanto ciò che ho percepito.
«Ma non stiamo galleggiando», obbiettò l’uomo. «Se così fosse, saliremmo costantemente. Invece, finora siamo saliti ogni volta di circa trecento metri, subendo poi una scossa così violenta quasi da morirne. Poi saliamo di altri trecento metri, e c’è un’altra scossa. Non stiamo risalendo liberamente. Veniamo trasportati. Ma il cielo sa cosa ci trasporta, e perché».
Questo, faccio notare, è segno di razionalità. Sapevano che la loro ascesa era del tutto inspiegabile, secondo i loro criteri. La mia curiosità crebbe. Dovrei spiegare a questo punto in che modo quelle creature conoscevano la loro posizione. Non hanno senso spaziale o un qualche senso della pressione. Per quest’ultimo usavano degli strumenti — manufatti — che rivelavano ad essi la loro ascesa. La cosa straordinaria era il fatto che ispezionavano questi strumenti per mezzo di una luce che non producevano essi stessi. Anche la luce era prodotta da un manufatto. E questa luce artificiale era intensa abbastanza da esser riflessa, non soltanto in modo percettìbile, ma anche assai chiaro, cosicché gli strumenti venivano visti soltanto per riflesso. Temo che Kanth, il quale grazie alla scoperta che la luce può esser riflessa si è guadagnato una grossa reputazione di scienziato, negherà che una luce qualsivoglia possa essere tanto potente da fare in modo che oggetti non luminosi sembrino possedere una propria luce, ma devo andare perfino oltre. Man mano imparavo a condividere con le creature dell’Oggetto non soltanto i pensieri formati in modo consapevole ma anche le loro impressioni sensoriali, appresi che per loro la luce ha qualità diverse. In altre parole, alcune luci hanno qualità che le rendono diverse da altre.
Essi chiamano, la luce che noi conosciamo, «azzurra». E conoscono altri termini, che definiscono «rosso», «bianco» e «giallo», e altri ancora. Come noi percepiamo la differenza nella solidità delle rocce e della melma, essi percepiscono la differenza negli oggetti a seconda della luce che riflettono. Dunque, essi possiedono un senso che noi Shadi non abbiamo. Sono ben conscio che gli Shadi sono il più elevato tipo di organismo possibile, ma quest’osservazione sulle creature dell’Oggetto — se non è follia — costituisce un’importante fatto da meditare.
Ma io continuai a fluire costantemente verso l’alto, fermandomi soltanto per eseguire le contorsioni indispensabili a espellere nuove porzioni di gas dalla mia vescica natatoria, la cui espansione minacciava di diventare incontrollabile. Man mano salivo sempre più in alto, l’uomo e la donna si riempirono di emozioni di natura del tutto straordinaria. Queste emozioni erano d’una intensità del tutto insopportabile per loro, e c’è da dubitare che uno Shadi abbia mai provato sensazioni del genere. Certo, l’emozione che essi chiamano «amore» è inconcepibile per uno Shadi, a meno che non si trovi a osservarla, appunto, in creature del genere. Essa conduce a ogni sorta di stravaganze… ad esempio la donna mise i suoi tentacoli gemelli intorno all’uomo e gli si aggrappò senza fare nessun tentantivo per sbudellarlo o squartarlo.
L’idea di due creature della stessa specie che assaporano il piacere di trovarsi insieme senza divorarsi fra loro — salvo che durante le Maree della Pace, com’è naturale — è quasi inconcepibile per uno Shadi. Tuttavia, sembra che sia parte integrante della loro psicologia.
Ma questo rapporto si sta facendo troppo lungo. Fluttuai sempre più verso l’alto. Le creature dell’Oggetto provavano emozioni sempre più intense e incredibili. In successione, l’uomo riferì alla donna che si trovavano soltanto a milleduecento dei loro «metri» sotto la Superficie, poi a seicento, poi a trecento. Adesso, ero completamente posseduto dalla curiosità. Avevo appena compiuto quello che risultò essere l’ultimo, indispensabile esercizio di Morpt e mi stavo muovendo ancora più in alto, quando il mio senso spaziale mi trasmise un nuovo, incredibile messaggio. Sopra di me, c’era una barriera alla sua capacità di funzionare.
Non posso in alcun modo trasmettervi la sensazione che si prova trovando una barriera al proprio senso spaziale. Ero consapevole dell’ambiente in cui mi trovavo in ogni direzione, ma a un certo punto, sopra di me, all’improvviso non c’era niente… niente! Niente!
A tutta prima, fu allarmante. Fluii verso l’alto di metà della mia lunghezza, e la barriera si fece più vicina. Con cautela, perfino con timore, fluii lentamente sempre più vicino.
«Centocinquanta metri», annunciò l’uomo dentro l’Oggetto. «Cielo, soltanto centocinquanta metri! Dovremmo cominciare a intravedere qualche barlume di luce attraverso gli oblò… No, adesso è notte».