John Varley
Demon
PROFEZIE
Nell'anno 2024, la cosa più importante di cui il cinema
avrà favorito la realizzazione sarà l'eliminazione
dal mondo civile di ogni conflitto armato. Attraverso il
linguaggio universale dei film il vero significato della
fratellanza umana sarà stato diffuso su tutta la Terra…
Tutti gli uomini nascono uguali.
La voce del cinema muto rimarrà sempre la musica.
Non vi saranno mai film che diano spazio alla parola.
Demon è il terzo volume della Trilogia di Gea, che porta a conclusione talune vicende
descritte in Titano e Nel Segno di Titano e contiene una descrizione della Fine del Mondo.
Cortometraggi
È stata la stupidità a metterci in questo pasticcio…
Perché non potrebbe tirarcene fuori?
PROSSIMAMENTE
SU QUESTO SCHERMO
Il localizzatore fu il primo a giungere nella valle.
Come la maggior parte degli esseri geneticamente adattati che vivevano su Gea, il localizzatore non aveva sesso. Non aveva bocca né organi digerenti. Quel che aveva erano un paio d'occhi panoramici e un'eccellente percezione spaziale.
Il localizzatore rumoreggiò sopra la valle librandosi su lunghi e sottili rotori, esitò, si volse attorno lentamente. Vide un fiume impetuoso scorrere in fondo a rupi di venti metri. Sopra i contrafforti di roccia si stendeva un altopiano di adeguate dimensioni, inanellato da alberi più che sufficienti per le necessità della Squadra in arrivo. Lo pervase un caldo senso d'appagamento, come un gattino che abbia trovato una ciotola di latte. Quello era il luogo.
Volò sugli alberi, irrorandoli con un ferormone di richiamo. Ciò fatto, eseguì diversi passaggi sopra il pianoro, seminando spore. Si posò sul bordo dell'altopiano, già incominciando a sentirsi stanco. I suoi rotori avvizzirono e si atrofizzarono. Camminando su lunghe, agili gambe, contornò il perimetro del luogo, fermandosi ogni cento passi a piantare nel terreno un seme per mezzo d'una lunga appendice acuminata promanantegli dall'addome.
Con le ultime sue forze s'inoltrò fra gli alberi, e morì.
In capo a venti riv l'altopiano era coperto di cespugli alti un metro. Sparpagliati attorno al luogo sorgevano alberiflettori, alti già venti metri e in crescita al ritmo di due metri ogni riv.
Quarantacinque riv dopo la morte del localizzatore, arrivò un'avanguardia composta di falegnami, camionisti e vinificatori. I falegnami erano animali glabri, grandi come orsi grigi, del tutto uguali fra loro a parte la dentatura, variamente specializzata. Alcuni avevano incisivi da castoro, capaci di rosicchiare un albero fino ad abbatterlo con poche dozzine di morsi. Altri avevano un solo dente protruso, lungo due metri e frastagliato in punta, che poteva ricavare assi e travi segando il legname grezzo. C'erano falegnami con denti trapezoidali, in grado d'intagliare le estremità delle assi in foggia di tenoni pronti per l'incastro. Altri avevano denti a punta di trapano, e torcendo energicamente la testa riuscivano ad alesare le corrispondenti mortase.
Su Gea, un gruppo di quaranta falegnami era detto "corporazione".
Tutti i falegnami possedevano mani di forma sostanzialmente umana, a parte il fatto che ciascun dito terminava con un'unghia sagomata in modo tale da prestarsi a una diversa funzione. Le palme presentavano a loro volta una varietà di conformazioni pari solo alla diversità delle impronte digitali umane. Ve n'erano di dure e cornee, di profondamente incise o zigrinate, di morbide come tessuto da lucidatura per gioiellieri. Con queste mani i falegnami potevano spianare e levigare il legno sino a conferirgli una straordinaria lucentezza. La distanza fra l'estremità del pollice e quella del mignolo era, in ciascun falegname, esattamente la stessa: cinquanta centimetri.
In pochi riv le piattaforme, i teatri di posa, gli archivi e numerose cappelle avevano cominciato a prendere forma.
I vinificatori erano creature a senso unico. Tutto quello che facevano consisteva nel muoversi per il luogo e divorare gran quantità di piccoli grappoli bianchi. Le piante che producevano quei frutti non erano viti, ma i frutti, ai fini pratici, erano davvero grappoli d'uva. I vinificatori ne facevano una gran scorpacciata, cadendo quindi in un torpore dal quale non sarebbero più riemersi. Ma, dopo trenta riv, li si sarebbe potuti spillare per trarne un eccellente Chablis bianco.
I camionisti erano qualcosa di ancora diverso. In un luogo dove una corporazione di falegnami risultava assolutamente normale, i camionisti spiccavano per la loro bizzarria.
Assomigliavano un poco agli ippopotami, ma erano cinque volte più grandi degli elefanti. Erano balene di terraferma, che se ne andavano in giro su sei gambe di spessore appena sufficiente a sorreggerle nella bassa gravità di Gea. Tre di loro giunsero nella valle, e incominciarono a mangiare le piante che erano nate dalle spore seminate dal localizzatore.
C'erano vari generi di piante. E ogni tipo andava a finire in uno stomaco diverso. I camionisti possedevano undici distinti gruppi di organi digerenti.
Quando il terreno fu ripulito, i camionisti si misero da una parte e caddero privi di sensi, immersi in una sonnolenza simile a quella dei vinificatori. Le loro gambe si atrofizzarono, tanto che gli animali finirono per ridursi a poco più che vesciche rigonfie, solcate da file e file di capezzoli in una sbalorditiva varietà di forme e colori. Ma i camionisti conservarono le loro bocche per un altro po'. Avrebbero dovuto mangiare la squadra dei falegnami una volta che l'opera di costruzione fosse terminata.
Gea lavorava sempre in modo assai ordinato.
Le cose presero a movimentarsi sul serio quando incominciò, un poco alla volta, a giungere la squadra di produzione.
C'erano torme di piccoli, vivacissimi bolexi, che si puntavano stupidamente in tutte le direzioni e ronzavano senza scopo, troppo sciocchi per capire che avevano bisogno di essere riforniti di pellicola. Poi trovarono i camionisti e si misero a bisticciare per un capezzolo, come maialini attorno a una scrofa neghittosa. Lanciavano grida eccitate che parevano dire quii! quii! quii!
Subito dietro di loro c'erano gli arriflexi, accompagnati dai produttori, e infine gli altezzosi panaflexi, ciascuno assistito da un direttore di produzione. Accompagnatori e assistenti rimasero in disparte con le mani in mano mentre i loro simbionti fotofaunici si rimpinzavano di nitrato d'argento, nitrocellulosa e altri composti chimici, attingendo ciascuno al contenuto della vescica adatta. Tutti i produttori avevano più o meno lo stesso aspetto, variando solo quanto a dimensioni. I dirigenti erano i più grossi, e gli unici provvisti di voce. Di tanto in tanto, per motivi del tutto indipendenti da finalità comunicazionali, uno di loro grugniva unch, unch.
Mentre bolexi, arriflexi e panaflexi ingurgitavano, altri componenti la Squadra s'infiltrarono in zona operativa scansando i falegnami, impegnati negli ultimi ritocchi alla loro opera a colpi di multiformi unghie. C'era un branco di giraffe da venti metri, sussiegosamente incedenti attraverso quel caos simili a maestose cicogne. Gruppi di attrezzisti e inservienti intervennero rapidi a guidare i nuovi arrivati ai posti di lavoro. I pittori succhiarono mordenti e coloranti dal ventre dei camionisti, poi li spalmarono sul legno nudo con le loro lunghe code traforate. Giunsero gli elefanti, sospingendo rimbombanti carrozzoni pieni zeppi di costumi, materiali di scena, tappeti, oggetti da trucco, camerini portatili. Erano veri elefanti terrestri, discendenti da capi d'importazione. Nella gravità di Gea, gli elefanti non si muovevano pesantemente, ma saltellavano invece agili e vivaci come cerbiatti.