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Ma con Mellotron quel metodo aveva subito una battuta d'arresto. La Maga aveva deciso che il suo nome era davvero troppo stravagante per poter essere usato: l'aveva quindi soprannominato Rocky, e la designazione gli era rimasta. Fu un bel colpo per Cirocco, che era stata afflitta da quel nomignolo per oltre un secolo. Dopo averlo affibbiato al titanide, poté verificare che nessuno la chiamava più Rocky, non foss'altro che per evitare equivoci.

Rocky il titanide ormeggiò la sua barca a un palo, diede un'occhiata attorno, poi alzò lo sguardo al cielo. Avrebbe potuto essere tardo pomeriggio. Sul lago Moira andava avanti così da tre milioni di anni terrestri, e Rocky non si aspettava che le cose potessero cambiare. C'erano le nubi che scendevano dal raggio di Dione, trecento chilometri più su, mentre verso occidente fiotti di luce solare gialla come burro si riversavano attraverso la volta arcuata sovrastante Iperione.

Rocky annusò l'aria e si pentì immediatamente di averlo fatto, comunque annusò ancora, con circospezione, cercando d'individuare il sentore di carne guasta tipico dei Preti o l'odore ancora più sgradevole emanato dagli Zombi.

La città aveva un'aria sonnacchiosa. Giacendo in quella perenne condizione di evanescente crepuscolo, Bellinzona non conosceva ore di punta o momenti di stanca. La gente agiva quando ne aveva voglia, oppure quando proprio non poteva farne più a meno. Tuttavia esisteva un andamento ciclico nella tendenza all'azione. C'erano periodi in cui la violenza aleggiava nell'aria, pronta a esplodere, e periodi in cui la bestia, torpida e satolla, si raggomitolava su se stessa, acquattandosi in un sonno inquieto.

Rocky si avvicinò a un vecchio umano di sesso maschile che stava arrostendo al fuoco delle teste di pesce dentro un secchio rugginoso.

— Ehi, vecchio — lo apostrofò in inglese. Poi gli lanciò una bustina di cocaina, che l'umano acchiappò al volo, fiutò, e intascò.

— Sorvegliami la barca finché non torno — gli disse — e te ne darò un'altra come quella.

Poi si volse, e partì scalpitando lungo il molo su quattro zoccoli adamantini.

Il titanide procedeva guardingo, ma non eccessivamente impensierito. Agli umani era stato necessario molto tempo per imparare la lezione, ma ormai l'avevano imparata bene. Quando le munizioni erano finite, i titanidi avevano smesso di essere cortesi.

In realtà non lo erano mai stati, ma avevano valutato realisticamente la situazione. Non ha senso mettersi a discutere con un umano armato. Per quasi un secolo la maggior parte degli umani di Gea erano stati armati. Adesso di proiettili non ce n'erano più, e Rocky poteva trotterellare sulle banchine di Bellinzoha quasi senza alcun timore.

Egli pesava più di cinque umani messi insieme, ed era più forte di dieci di loro. Inoltre era almeno due volte più veloce. Se assalito da umani sarebbe stato in grado di decapitarli a furia di calci e di strappargli le membra a mani nude, e non avrebbe esitato a farlo. Se cinquanta di loro si fossero coallzzati per sopraffarlo, avrebbe potuto sottrarsi fuggendo. E se nient'altro avesse funzionato, poteva sempre ricorrere alla calibro 38, più preziosa dell'oro, che attendeva carica nella borsa ventrale. Ma Rocky intendeva restituirla intatta al Capitano Jones.

Era uno spettacolo formidabile, quel titanide al trotto attraverso la città crepuscolare. Svettante sui tre metri, pareva raggiungere quasi un metro di larghezza. Di foggia centauroide, presentava nell'insieme una struttura più armoniosa rispetto al classico modello greco, e nei particolari ne differiva totalmente. Non esisteva una linea di congiunzione fra la parte umana e quella equina. L'intero corpo era liscio e privo di peli, a parte abbondanti cascate di nero crine scaturenti dalla testa e dalla zona caudale, e un cespuglio di vello pubico fra le zampe anteriori. La sua pelle aveva il biancore della calce fresca. Non indossava vestiti, ma era adorno di gioielli e tinteggiato di grandi chiazze colorate. La cosa più sorprendente, agli occhi di un umano che non avesse mai veduto un titanide, consisteva nel fatto che quell'essere sembrava una femmina. Si trattava di una falsa impressione: tutti i titanidi possedevano grandi mammelle coniche, lunghe ciglia e una larga bocca sensuale, e a nessuno cresceva la barba. Il metro e mezzo superiore di un titanide sarebbe stato immediatamente identificato come donna in qualunque cultura terrestre. Ma nei titanidi il sesso era determinato dagli organi riproduttivi presenti fra le zampe anteriori. Rocky era un maschio che poteva generare figli.

Egli procedeva lungo gli angusti pontili in mezzo alle file interminabili di natanti, superando gruppetti di umani che non esitavano a fargli largo. Le sue grandi narici palpitanti fiutarono numerose presenze… carne arrostita, escrementi umani, un Fabbro Ferraio in lontananza, pesce fresco, sudore umano… ma neanche un Prete. Giunse gradualmente a viuzze più frequentate, e poi alle grandi arterie galleggianti di Bellinzona. Caracollò scalpitando sopra ponti talmente arcuati da esser quasi semicerchi: era facile superarli, nel quarto di g che imponeva Gea.

Si fermò a un incrocio appena fuori dal Quartiere delle Libere Femmine. Si guardò attorno, consapevole del drappello di sette LiFem appostate sulla linea d'interdizione, ma disinteressato a loro esattamente come quelle erano indifferenti alla sua presenza. Poteva entrare nel Quartiere, se lo desiderava: era solo contro i maschi umani che le sentinelle montavano la guardia.

Stazionavano nei pressi alcuni altri umani, e l'unica ad attrarre la sua attenzione fu una femmina che Rocky giudicò sui diciannove-vent'anni, quantunque gli risultasse difficile stimare l'età di un'umana fra la pubertà e la menopausa. Se ne stava seduta sull'estremità di un palo col mento fra le mani, e indossava un paio di basse scarpette nere dalla punta smussata, provviste di nastri che le si avvolgevano attorno ai polpacci.

Alzò gli occhi a guardarlo, ed egli seppe all'istante che altri umani l'avrebbero considerata pazza. Comprese inoltre che non v'era violenza, in lei. La follia non gli dava alcun fastidio; dopo tutto si trattava solo di un concetto umano. Anzi, la mescolanza di pazzia e non violenza produceva gli umani che Rocky ammirava di più. Be', naturalmente Cirocco Jones era un caso a sé…

Le sorrise, ed ella reclinò la testa da una parte.

Poi si sollevò sulle punte. Mentre le sue braccia si dispiegavano innalzandosi, ella subì una metamorfosi. Incominciò a danzare.

Rocky conosceva la sua storia. Ce n'erano a migliaia come lei: miserabili senza casa, senza amici, senza nulla. Anche i mendicanti di Calcutta avevano posseduto almeno qualche lembo di marciapiede su cui stendersi a dormire, così Rocky aveva sentito dire. Ma Calcutta non era che un ricordo. E assai spesso gli abitanti di Bellinzona possedevano ancor meno. Molti di loro, neanche dormivano più.

Quanti anni poteva avere avuto costei, all'inizio della guerra? Quindici? Sedici? Comunque era sopravvissuta, gli spazzini di Gea l'avevano raccolta, e alla fine era giunta quassù, privata non solo d'ogni suo possesso materiale, e della sua cultura, e di chiunque avesse mai contato per lei, ma persino della sua mente.

Eppure era ricca, quella creatura. Qualcuno, molto tempo prima, senza dubbio sulla Terra, le aveva insegnato a danzare. Ella possedeva ancora la danza, e le scarpette da ballo. E aveva la sua follia, che su Gea valeva qualcosa. Significava protezione: brutte cose accadevano spesso a chi tormentava un pazzo.