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— Il giorno che presi la sbronza — ricordò Nova con un sorriso malinconico.

— Conal. Tu hai visto Gene. Quindi ti sarai formato un'idea delle sue capacità. Quel che Gaby gli ha detto di fare… be', probabilmente non riuscirà a farlo nel modo giusto. È molto facile che ci lasci la pelle. Gaby e io ne siamo quasi certe.

Per qualche attimo Conal rimase a guardarsi gli stivali, poi alzò la testa ad incontrare gli occhi di Cirocco.

— Non ho mai visto nessuno pronto più di lui a morire. Credo che per lui la morte sarebbe una grazia immensa… e credo pure che sappia benissimo quel che sta facendo.

Cirocco provò un senso di gratitudine. Conal riusciva a non deluderla mai. Trasse un respiro profondo, e ricacciò indietro le lacrime.

— Virginale, Valiha, Serpentone, Cor…

Cornamusa venne avanti, e con gesto delicato pose una mano sulla spalla di Cirocco.

— Capitano, poiché stiamo vivendo questo momento di sincerità assoluta, vorrei dirti che noi abbiamo già compreso quale…

— No — insisté Cirocco scansando la mano di Cornamusa. — Lasciami parlare. Lo sapevate tutti, che in questo scontro Chris potrebbe morire. Vi dissi che salvare Adam rappresentava il mio obiettivo primario. Vi ho mentito. La sua salvezza è il mio secondo obiettivo. Non ho parole per esprimere quanto essa mi stia a cuore… tuttavia, se questa battaglia dovesse concludersi con la mia morte, con la morte di Adam e anche con la distruzione di Gea, sarebbe pur sempre una vittoria.

Cornamusa non replicò. Si fece avanti Valiha.

— Ne abbiamo discusso fra noi — disse. — Obbedendo alle norme di sicurezza che ci hai chiesto di osservare, non abbiamo informato gli altri della nostra razza. Siamo quindi noi soli quattro a prendere questa decisione, e ce ne assumiamo tutto il peso. Ma sentiamo che la nostra razza sarebbe d'accordo con noi. Viene un tempo in cui bisogna rischiare il tutto per tutto, pur di sconfiggere il male.

Cirocco scosse la testa.

— Mi auguro proprio che tu abbia ragione. Esiste una forte probabilità che pur se io e Adam e Gea rimarremo uccisi, la meravigliosa razza titanide — che, ti giuro, amo più della mia stessa razza — possa ugualmente sopravvivere. Ma se Adam e io verremo uccisi, e Gea sopravviverà, voi sarete condannati. Ecco, quindi, la mia vera priorità assoluta: che la cosa chiamata Gea venga cancellata dall'universo.

— Siamo con te in quest'impresa — disse Cornamusa. — La responsabilità di salvare Adam rimarrà affidata a noi… — Fece un ampio gesto ad includere l'intero gruppo. — …noi sette, appartenenti a due diverse razze, ma uniti dall'amore. Così sia ciò che dev'essere.

— Così sia ciò che dev'essere — cantarono i titanidi.

— La vita di Adam è adesso nelle nostre mani. È un pensiero che puoi allontanare dalla tua mente. Ci hai detto cosa dobbiamo fare, e noi lo faremo al meglio delle nostre capacità. Dimenticatene, dunque, ed abbi fiducia in noi… e fai quello che devi fare.

— Per sempre tu sarai la nostra Maga — dichiarò Serpentone — poi cantò la stessa frase con voce squillante e decisa. Gli altri titanidi si unirono a fargli eco.

Cirocco aveva una gran voglia di piangere, ma riuscì a trattenersi. Tornò a guardarli in volto.

— Potrebb'essere l'ultima volta che c'incontriamo — disse.

— Se così fosse, teneramente, per il resto del suo tempo, chi rimarrà serberà in cuore il ricordo dei caduti — intonò Virginale.

Cirocco si fece loro accanto, e per ciascuno vi fu un bacio. Poi li lasciò andare per la loro strada. Aveva creduto d'essersi sgravata d'ogni stilla di pianto, là a Tuxedo, ma, quand'essi l'ebbero lasciata, scoprì d'avere ancora in serbo qualche lacrima.

Trascorse del tempo, prima che fosse in grado di convocare i Generali.

Quando furon tutti seduti attorno al tavolo di comando, Cirocco li osservò uno dopo l'altro, e provò un pizzico di vergogna per quel suo vezzo di pensare sempre a loro definendoli col numero della Divisione che ciascuno comandava. Era un'abitudine irresistibilmente scaturitale dal suo disgusto per tutto quanto sapeva di militaresco. Ma questi, ormai, erano compagni d'avventura. Le erano stati accanto assistendola nel migliore dei modi, e adesso doveva far loro davvero una bella sorpresa, e insomma era giunto il momento di smetterla una volta per tutte, con quella storia dei numeri.

Li fissò, dunque, uno per uno, imprimendoseli bene in mente.

Park Suk Chi: un piccolo coreano sulla cinquantina, comandante della Seconda Divisione.

Nadaba Shalom: una donna di quarant'anni, dalla pelle delicata, imperturbabile, spina dorsale dell'Ottava.

Daegal Kurosawa: una mescolanza razziale di giapponese, svedese e swazi, comandante della Centouno.

Avevano fatto tutti e tre la carriera militare, sulla Terra, senza però avanzare oltre il grado di Tenente. Ai loro ordini, adesso, obbediva gente che era giunta più in alto, ma nessun ex Generale. Per un certo periodo, a Bellinzona, la scoperta di un ex-Generale aveva immancabilmente rappresentato occasione d'eccezionali festeggiamenti. La gente si riuniva in gran folla, legava il disgraziato sopra una bella catasta di legne, e appiccava il fuoco. A Bellinzona, il rogo dei Generali era stato l'unico sport locale.

Allorché Cirocco aveva preso il potere, già da qualche tempo non si verificavano più linciaggi. Ciò nonostante era stato difficile, all'inizio, convincere qualcuno ad accettare quel grado, e per un poco i Generali erano stati chiamati "Cesari". Poi, man mano che la gente si abituava all'idea che quei Generali non avevano armi nucleari con cui baloccarsi, era di nuovo tornato in uso il termine convenzionale.

— Park. Shalom. Kurosawa. — Fece un cenno col capo a ciascuno di loro, ed essi risposero al gesto con aria un po' dubbiosa.

— Innanzitutto… non costruiremo torri d'assedio.

Rimasero sorpresi, ma fecero del loro meglio per non mostrarlo. Fino a poco tempo prima, uno di loro le avrebbe domandato se progettava un attacco frontale attraverso i ponti, e un altro le avrebbe chiesto se non aveva pensato a prenderli per fame. Ora non più. Ora si limitavano ad ascoltare.

— Ciò che sta per accadere qui sarà un po' come una grande parata. Assomiglierà da un lato a una sfilata carnevalesca, e dall'altro ad una spettacolare rappresentazione su schermo panoramico. Sarà un film di mostri. Sarà come una di quelle grandiose esibizioni all'aperto dell'Ouverture 1812, con tanto di cannoni. Sarà il 4 Luglio e il Cinco de Mayo. Quello che invece non sarà, amici miei, è proprio una guerra.

Per un po' nessuno fece commenti. Alla fine parlò Kurosawa.

— Ma, insomma… che cosa sarà?

— Ve lo spiegherò fra un minuto. Ma prima… se quello che sto per descrivervi non andrà per il verso giusto, io morirò. E voi dovrete cavarvela senza di me. Non sono così sciocca da pensare di potervi dare ordini dall'aldilà. Le vostre decisioni dovrete prenderle da soli. — Si rivolse a Park. — Tu sarai comandante in capo dell'esercito. È in mio potere farlo, quindi ti promuovo da questo momento Generale a due stellette. Secondo le leggi di Bellinzona, anche con questo grado rimarrai soggetto al Sindaco di Bellinzona, quando verrà rieletto, ma sul campo di battaglia deterrai autorità pressoché assoluta.

Percorse di nuovo i loro volti, a uno a uno, osservandoli attentamente. Anche se i Generali cercavano di non far trasparire i propri pensieri, lei aveva un'idea piuttosto precisa della direzione che dovevano aver preso. Tre divisioni al fronte, una a Bellinzona. Se Park avesse deciso di muovere alla conquista della città, nessuno avrebbe potuto impedirglielo. Lei l'aveva scelto appunto perché lo riteneva il meno propenso a cedere a tentazioni di dominio, il meno orientato all'instaurazione della legge marziale. Si rendeva tuttavia ben conto di avere, organizzando quell'esercito, potenzialmente creato un mostro. Se solo si fosse resa praticabile una strada diversa…