— Popolo di Pandemonio — ruggì dal fianco di Finefischio la gigantesca effigie di Cirocco… mentre gli aerei tracciavano POPOLO DI PANDEMONIO attraverso l'incontaminato cielo di Gea.
Gea era rimasta a bocc'aperta. Esibizione impressionante, non c'è che dire. Gli aerei riguadagnarono quota, ed entro pochi istanti furono in posizione per un altro passaggio.
— Getta via le tue catene — incitò stentorea Cirocco. GETTA VIA LE TUE CATENE. Nuova cabrata, nuova virata, e ancóra in formazione…
Manovre altamente computerizzate, si capisce. I riflessi umani non sarebbero stati abbastanza rapidi, a velocità supersonica, da disseminare con la dovuta prontezza tutte quelle nuvolette di fumo in disegni precisi. Ai piloti si richiedeva solamente di mantenere i velivoli perfettamente allineati. Non appena una frase era stata tracciata, le parole venivano spazzate via dalle violente correnti d'aria provocate dal passaggio degli aerei, cosicché il cielo tornava limpido e pronto ad accogliere la frase successiva.
— Rifiuta sottomissione a Gea… abbassa i ponti levatoi… fuggi sulle colline… troverai protezione…
Gea decise che la cosa era andata avanti abbastanza. Impartì quindi l'ordine che si desse inizio al suo spettacolo. In pochi attimi il cielo si riempì d'un putiferio di rutilanti fuochi artificiali, il cui scopo era distrarre l'attenzione della gente dai suggerimenti sovversivi della cagna in nero. Diede disposizione, in particolare, che molti degli artifizi pirotecnici fossero lanciati in direzione del grande aerostato. Impossibile raggiungerlo, ovviamente, ma non sarebbe stato male scuotergli un pochettino i nervi.
Certo che la presenza di Finefischio era una cosa davvero strana, pensava Gea. Aveva saputo, sì, del suo intervento a Bellinzona, ma fra il sentirselo dire e il vederlo coi propri occhi c'era una bella differenza. Un aerostato provvisto del normale istinto di sopravvivenza non avrebbe mai accettato di spartire il medesimo tratto di cielo con quegli aeroplanini sputafuoco. Una semplice castagnola sparata nella sua direzione sarebbe di norma dovuta bastare a mandarlo in fuga verso Rea con tutta la velocità consentitagli dalle smisurate pinne dorsali… figuriamoci quindi quella specie di spettacolare contraerea policroma con cui Gea stava abbagliando il cielo. Ma Finefischio pareva non farci caso.
Sia lo sfarzo pirotecnico sia la provocatoria aeroscrittura durarono poco. Esibizioni simboliche entrambe, rifletteva Gea. Da quel punto di vista, Cirocco si stava comportando davvero bene. Chissà se avrebbe giostrato altrettanto bene in combattimento?…
Fu allora che il terreno prese a muoversi sotto i suoi piedi.
Soltanto uno dei Generali aveva capito di cosa stesse parlando Cirocco quando aveva fatto riferimento a quella cosa chiamata corrida. E neanche lui ne aveva mai vista una.
Cirocco pensava di essere l'ultimo essere umano vivente ad avere assistito di persona a una vera corrida. Sua madre l'aveva portata a vederne una quando lei era ancora una bambina piccola, poco prima che quel genere di spettacolo venisse dichiarato fuorilegge anche in Spagna, l'unico paese che ancora lo consentisse.
La madre di Cirocco era dell'opinione che fosse pedagogicamente errato tener nascoste a un figlio tutte le brutture e le brutalità del mondo. Disapprovava la tauromachia — atteggiamento sostanzialmente ideologico, analogo a quello su cui s'era basato il movimento per la salvezza delle balene tanto in auge alcuni decenni prima — ma riteneva che potesse costituire un'esperienza educativa. Cirocco era una figlia di guerra, nata da una violenza carnale, e sua madre, donna tenace e indipendente, era sempre stata un poco strana, dopo quel periodo trascorso nel campo di prigionia arabo.
Era uno dei ricordi più vividi che le rimanessero della sua infanzia.
Esistono pochi spettacoli altrettanto pittoreschi. Non per niente il costume del matador viene chiamato traje de luces.
Aveva osservato affascinata mentre quegli uomini a cavallo si facevano dappresso al poderoso animale trafiggendogli il dorso con le loro picche acuminate. Ricordava il sangue scarlatto grondare giù per i fianchi del toro. Quando il matador aveva finalmente fatto la sua comparsa, il temibile avversario era ormai ridotto in condizioni pietose: stordito, disorientato, e abbastanza inferocito da precipitarsi addosso a qualunque cosa si movesse.
Quel piccolo fetente d'un torero s'era dunque portato avanti. Con sbalorditiva arroganza aveva fatto dell'animale il suo trastullo, ingannandolo un passo dopo l'altro sull'ondeggiare ipnotico dell'inafferrabile muleta, giungendo al punto di mostrargli presuntuosamente le spalle mentre la disgraziata bestia s'inchiodava ottenebrata dal dolore, incapace di comprendere perché il mondo le si fosse rivoltato contro in maniera così grottesca. Cirocco non voleva aver nulla a che fare con quella ebete razzumaglia. Odiava quella turba vociante. Desiderava vedere il toro squartare il toreador dai coglioni fino al mento, e avrebbe esultato quando le sue budella merdose gli si fossero riversate dal ventre a fumare sotto il torrido sole di Spagna.
Ma non andò così. Vinse il cattivo. La piccola carogna pustolosa fronteggiò il possente toro agonizzante e gl'immerse la spada dentro il cuore. Poi avanzò tutta tronfia ed impettita a raccogliere il fragoroso consenso degli spalti, e se Cirocco avesse avuto un fucile e la capacità di usarlo, quella laggiù sarebbe stata una piccola carogna morta. Invece, aveva solo vomitato.
E adesso, ironia della sorte, si preparava a fare lei da matador.
C'erano un paio di cose da tenere ben presenti, ond'evitare che lo schifo di sé la sommergesse. Primo, Gea non era affatto un qualunque toro tontolone. Gea non era smarrita, non era innocente e non era stupida. Secondo, Cirocco non stava combattendo per sport. A una disamina spassionata della situazione, sarebbe risultato evidente che il vantaggio stava quasi tutto dalla parte di Gea.
Uno spettatore digiuno di tauromachia potrebbe ritenere, a prima vista, che sia appunto il toro a trovarsi in posizione di superiorità. Ma in séguito ad una valutazione meno superficiale, osservando i preparativi e mettendo a confronto il cervello del toro con quello del suo carnefice, ci si rende conto facilmente che solo il matador più rimbecillito corre sul serio qualche rischio. In effetti, il torero scende in campo a ricamare la sua elegante esibizione quando la bestia è già un pezzo avanti, l'ammazza, e fa credere a tutti d'aver compiuto chissà quale gloriosa impresa mentre invece si è solo reso protagonista d'una vigliacca mistificazione.
Il principio, comunque, restava il medesimo. Cirocco aveva intenzione di mantenere la sua avversaria distratta, ansiosa, sempre concentrata sulla muleta scarlatta, incapace di comprendere perché mai le sue corna non riuscissero ad arrivare a segno… per poi infilzarla con la spada al momento che Gea fosse stata mentalmente ed emotivamente esausta.
Allora. La prima parte dello spettacolo era filata via liscia come da copione. Le frasi nel cielo, la musica roboante. Gea aveva dato anche lei una mano coi suoi fuochi d'artificio.
— Ricorda — le aveva detto Gaby l'ultima volta che s'erano incontrate — Sotto molti aspetti, Gea è mentalmente regredita a un'età di circa cinque anni. Le piace tutto ciò che è spettacolo. Ecco, innanzitutto, perché i film l'attraggono tanto. Ed è sostanzialmente per questo motivo, diociaiùti, che è giunta a scatenare la guerra. Imbandiscile dunque uno spettacolo coi fiocchi, Rocky, che al resto ci penso io. Ma non dimenticare, nemmeno per un istante, che solo una parte di Gea è infantile. Con ogni altra sua stilla di coscienza lei starà sul chi vive, pronta a parare un eventuale tiro mancino. Però ignora dove possa nascondersi il trabocchetto, e non sospetta che noi si sappia tutto quello che in realtà sappiamo. In entrambi gli attacchi che condurrai contro di lei, dunque, dovrà avere l'impressione che stai facendo sul serio.