E in due minuti glielo disse. Non era troppo complicato, ma faceva tremare i polsi. Un anno intero rinchiuso qui, pensò Chris. Un anno intero senza nient'altro da fare che imparare a parlare come un bambino. E adesso mi tocca fare il supereroe…
Sentiva che fra un attimo si sarebbe messo a frignare, quindi accennò alla svelta sì sì scrollando il capo.
E Gaby non c'era più.
Corse da Adam, lo prese in braccio, inalberò il sorriso più serafico che gli riuscì di evocare dal suo cuore strapazzato.
— E adesso si v'a fare una bella passeggiata — gli disse.
— Non voglio! Voglio vedée Gea che fancóa bòtte!
— Dopo torniamo a vedere Gea, va bene? Ma ora andiamo, e ti prometto che ti diverti anche di più.
Adam fece una faccina dubbiosa, ma se ne stette tranquillo mentre Chris scendeva le scale a precipizio, passando accanto alle sagome addormentate di Amparo e Sushi e tutto il resto della servitù. Sortì da Tara per la porta di servizio, inoltrandosi nella foresta di trèfoli che iniziava subito dietro il palazzo.
Gea si fermò nel bel mezzo della via. Provava la sensazione che qualcosa non quadrasse.
La sua mente era ridotta a una congerie di frammenti, ma ci aveva fatto l'abitudine, e sapeva come regolarsi. Una sempre più alta percentuale di lei era andata gradualmente concentrandosi in quel corpo. Mentre combatteva contro il serpente non era stata capace di pensare quasi a nient'altro. Lo stesso era accaduto allorché aveva focalizzato le proprie energie nel risanare quel complesso ricettacolo.
Ma adesso stava accadendo qualcosaltro. Questione di pochi istanti, e avrebbe saputo. L'ampia fronte si corrugò nel rimuginìo del pensiero.
Poi si levarono delle grida. Allo stesso tempo, il secondo gruppo di titanidi, organizzato in una banda con trombe e tamburi, diede il via ad una esecuzione eccezionalmente fragorosa, e incominciò a marciare verso est. A questo punto Cirocco era rimasta sola, quasi un chilometro più avanti del suo esercito.
Dunque, vediamo. Ormai il primo gruppo di titanidi doveva trovarsi in prossimità dell'Ingresso Disney. Questo secondo gruppo si andava dirigendo dalla parte opposta, verso il Goldwin… Non poteva darsi che Cirocco stesse suddividendo le sue forze in vista di un attacco?
Si udirono dodici esplosioni. Alzando lo sguardo, Gea vide sfrecciar via di nuovo i piccolissimi aeroplanini, direzione da ovest a est. Altro fattore da considerare. Gli aerei passarono oltre Finefischio… che, stranamente, le diede l'impressione di essere più corto. E poi pareva che stesse emettendo del fumo, o vapore…
D'un tratto comprese. Finefischio appariva più corto perché le si stava avvicinando. Mentre l'osservava, l'aerostato continuò a correggere la propria rotta sin quando non fu quasi orientato con la prua verso terra. Tonnellate di acqua di zavorra sgorgarono dalle valvole posteriori, e la sua sagoma si accrebbe, si accrebbe, fino a diventare un cerchio immenso che oscurava il cielo, e ancora continuava a ingigantire.
Il "vapore" consisteva in cherubini che sciamavano dagli orifizi superiori, e in una miriade incalcolabile di creature, alcune non più grandi d'un topo, che saltavano giù dai fianchi assicurate a minuscoli paracadute. Era in atto un'evacuazione in piena regola. Uno spettacolo impressionante, accompagnato da un suono terrificante: un acutissimo, lugubre lamento che le fece tremare le ginocchia.
Il grido di morte di un aerostato.
Accanto all'Ingresso Goldwin, nei pressi della sua cappella, Luther se n'era rimasto solo soletto in cima al muro. Appariva evidente che l'avrebbero lasciato fuori dai grandi avvenimenti in corso.
Sapeva che non gli restava molto da vivere. Aveva patito ulteriori ferite per mano del Kollegio dei Kardinali della Papessa Giovanna, e troppo a lungo era stato ignorato da Gea dopo il trionfo di Kali. Ormai poteva dirsi escluso dalla ristretta cerchia dei fedelissimi, e ciò lo addolorava, poiché suo unico desiderio era servire Gea.
Assisté al combattimento col serpente. Vinse Gea, ed egli non provò né piacere né dolore.
Poi vide l'aerostato mettersi in posizione…
E l'infinitesima parte della sua mente tuttora sintonizzata ai pensieri di Gea percepì l'attimo d'incertezza che colse la Grandèa prima ch'Ella volgesse lo sguardo verso il cielo.
Cadde in ginocchio. Mortificò una volta di più la propria carne già tanto martoriata, e pregò.
La mente di Luther era come un autocarro con le ruote quadrate. Si poteva farla muovere, sì, ma solo con grande fatica. A prezzo d'uno sforzo immenso, egli riuscì a sollevare la propria mente in bilico sullo spigolo, poi essa ruzzolò pesantemente dall'altra parte andando a stabilizzarsi in un nuovo concetto. Luther riprese penosamente a spingere.
Dov'è il Bambino? pensò.
Spinta, sollevamento… tum.
L'esercito satanico è interamente là, concentrato a nord. Tum.
E se fosse solamente una manovra diversiva? Tum. E se il vero attacco movesse da tutt'altra direzione?
Una voce, vicinissima, gli bisbigliò all'orecchio. Gli parve la voce di sua moglie. Ma lui non aveva moglie. Era Gea… certo, non poteva che essere Gea.
— Ingresso Fox, direzione sud — disse la voce.
— Ingresso Fox, Ingresso Fox — mormorò Luther. Be' non proprio. La sua bocca era ormai un tale disastro, che un "iièscio òosc, iièscio òosc" fu tutto quel che gli riuscì di barbugliare.
Alla stazione Goldwin, sulla stretta monorotaia che circoscriveva Pandemonio cavalcando la cima della muraglia, attendeva un treno. Luther salì a bordo senza esitare.
Una volta tanto la locomotiva era gagliardamente in pressione. Luther entrò nella cabina del macchinista e tirò completamente a sé la grande leva di metallo. Il treno incominciò a muoversi, acquistando rapidamente velocità.
Chris correva attraverso la foresta di trèfoli. Un bel gioco, per Adam.
— Più fòtte, papà, più fòtte! — lo incitava.
Non si sarebbe visto a un passo, in quel buio pesto, se non fosse stato per una misteriosa luce azzurra che li precedeva fluttuando. Chris poteva solo augurarsi che gli stesse indicando la via, perché senza una guida, ed anche disponendo di una torcia elettrica, in quell'inestricabile labirinto avrebbe smarrito ben presto l'orientamento.
— Pèndilo, papà!
Ci mancherebbe altro, pensò Chris. Se l'acchiappassi chissà che diavolo me ne farei… Spero invece che continui a svolazzarmi cinquanta metri davanti al naso, e cerchiamo piuttosto di non andare a inciampicare in qualcosa, quaggiù in questo sacco di carbone.
Udì provenire, da molto lontano, una pesante, prolungata, rimbombante esplosione.
Vai a capire cosa stava succedendo.
Calvin sedeva piazzato in postazione da bombardiere, proprio sotto la punta estrema della sconfinata struttura di Finefischio. Se ne stava tutto avviluppato in una profusione di sontuosi tessuti, eppure tremava come una foglia. Non si sentiva bene per niente. Non riusciva a liberarsi dal gelo che lo attanagliava. Tutto quel che mangiava pareva che gli tornasse su. E la testa gli faceva male di continuo.
Ignorava la natura del suo male. Probabilmente poteva essere diagnosticato, ma dubitava che fosse curabile. Quel che sapeva con certezza, era che arriva immancabilmente, per un uomo, il momento di farla finita.
Per Calvin, centoventisei anni volevano dire un mucchio di tempo. Vecchio e malato, nel corso della sua esistenza aveva visto la grande ruota girare più d'un milione di volte, e gli bastava.
— Perché non mi fai scendere qui? — domandò Calvin a Finefischio. — Io posso andare anche a piedi. E te sarest'in gamba 'n altri venti o trenta secoli, scommetto.
La risposta gli giunse sotto forma d'uno zufolìo delicato che nulla aveva a che fare con le parole. Esso narrava d'un sodalizio che Calvin sapeva inesprimibile a un altro essere umano. Lui e Finefischio erano maturati insieme, avevano condiviso qualcosa che nessuno di loro due avrebbe mai potuto spiegare a un proprio simile, e adesso erano anche pronti a morire insieme.