Выбрать главу

Cirocco sapeva che lì, fra le sue mani, rantolava adesso l'ultimo, agonizzante frammento di Gea.

Fin dall'inizio del gioco, Gea era stata perfettamente consapevole che avrebbe anche potuto perdere. Non che se lo fosse aspettato, certo… ma così era andata. Gaby era stata più furba di lei.

E adesso giaceva in palmo a Cirocco. Giustizia ideale, pensò. Eh sì, uno trascorre vent'anni della propria esistenza a progettare in qual modo sbarazzarsi di un traditore, e com'è che va a finire? Che uno si riduce a sputar fuori gli ultimi secondi di vita in pugno, letteralmente, al suo più acerrimo nemico.

La questione delle ultime parole era stata oggetto, da parte di Gea, di alcune riflessioni.

Quand'uno arriva al punto che gli tocca uscire di scena, bisogna almeno che lo faccia con un certo stile, che diamine. E siccome a questo mondo non si sa mai, Gea aveva pensato bene di non farsi cogliere impreparata.

C'erano le classiche frasi dei cartoni animati alla Looney Tunes. Un po' troppo leggerine, data la situazione.

C'era "Rosebud". Troppo pretenziose, troppo oscure.

Alla fine, ritornò ai film di serie B che amava tanto.

— Madre misericordiosa — ansimò rauco Spione. — È questa, dunque, la fine di Gea?

E morì.

E…

Molto prima che le vibrazioni del cataclisma finale si fossero spente, un raggio di luce saettò obliquamente giù dalla volta d'Iperione.

Concentrandosi su Cirocco Jones.

Cirocco si aderse nello slancio delle membra, affisando le pupille al cuore vivo di quella luce. Il suo corpo si librò nell'aria.

E venne assunta, incarnata, in Cielo.

Dissolvenza in chiusura

Lasciatemi in disparte.

Sam Goldwin

Senza ricordare come vi fosse giunta, Cirocco si ritrovò a percorrere la Scala che conduceva in Paradiso.

Lei e Gaby l'avevano salita per la prima volta quasi un secolo avanti, conquistando l'agognata mèta del mozzo dopo l'interminabile ascesa lungo il cavo e all'interno del Raggio di Rea. In quella circostanza s'erano trovate sommerse in una sarabanda d'effetti speciali tratti di peso dal Mago di Oz… il film, non il libro, che probabilmente Gea non aveva mai letto. Al culmine della scalinata avevano incontrato una voluminosa, panteistica creatura che s'era adoprata a convincerle di essere Gea.

Gli scalini non apparivano in condizioni particolarmente buone. Ma, osservando meglio, Cirocco si accorse che qualcuno doveva averci lavorato. Il grosso della polvere era stato spazzato contro i bordi, e si sentiva odore d'un qualche disinfettante forte, tipo quello che viene usato nei gabinetti della metropolitana.

Giunta in cima, vide che la porta della stanza appartenuta a Gea era socchiusa.

Dentro c'era Gaby. Semplicemente Gaby. Non una mistificazione pseudosovrannaturale, non un ingannevole gioco di specchi. Gaby.

Se ne stava giù gattoni, indossava un paio di jeans scoloriti, una blusa da lavoro turchina e, attorno alla vita, una cintura portautensili. Molti dei pannelli translucidi che costituivano uno degli elementi caratteristici di quell'ambiente — tratto pari pari da una delle scene finali di 2001: Odissea nello Spazio - erano stati rimossi dal pavimento e ammucchiati contro una parete. Apparivano decisamente luridi, ma accanto ad essi figuravano in bella mostra pile di stracci e bottiglie di detersivo bluprussia. Il mobilio era stato scansato verso un'altra parete.

Con un braccio infilato attraverso il pavimento, Gaby era intenta a trafficare su un normalissimo dispositivo d'illuminazione fissato a una traversa di legno. I due tubi fluorescenti lampeggiavano.

Alzò il capo a guardare Cirocco, poi si tirò a sedere sui calcagni, e s'asciugò la fronte col dorso d'una mano sudicia che impugnava una chiave esagonale.

— C'è un sacco di lavoro da fare, quassù — disse Gaby.

— Sembrerebbe di sì.

Gaby si alzò in piedi, agganciò la chiave ad uno dei fermagli che le pendevano, dalla cintura, e restò lì con le mani sui fianchi, sorridendo a Cirocco.

— Ti posso offrire qualcosa? C'è birra, vino.

— Mi andrebbe molto un bicchier d'acqua, se non ti spiace.

— Prenditi una sedia.

Gaby varcò una porta. Cirocco sentì scorrere l'acqua. Trovò due seggiole dall'aria solida, e le mise una accanto all'altra. Si sedette. Tornò Gaby, avvicinò alle sedie un tavolinetto basso e ci appoggiò due bei bicchieri appannati, colmi di acqua freschissima. Cirocco prese un sorso dal suo, poi bevve a lungo. Ah, che buon sapore, l'acqua…

Il silenzio fra loro minacciava di farsi imbarazzante.

— Dunque l'hai spuntata — disse finalmente Gaby. — Sono proprio orgogliosa di te.

Cirocco si strinse nelle spalle.

— Non è che il mio ruolo sia stato poi così importante come pensa tutta quella gente laggiù. Ma tu lo sai meglio di chiunque altro.

— Già, però è toccato a te rimanere lì ferma ad affrontare Gea. Quanti sarebbero stati capaci di fare una cosa del genere?

— Non molti, forse. — Diede un'altra occhiata per la stanza. C'erano le solite cose. Accennò col bicchiere in mano. — Insomma ti staresti sistemando quassù, eh?

Gaby parve imbarazzata.

— Be', da qualche parte devo pur vivere. Non che sia proprio quello che avevo in mente, ma per ora può anche andare.

— Gaby… che cosa sei?

Evitando lo sguardo di Cirocco, Gaby annuì alla svelta, inghiottì con difficoltà, inalò un respiro profondo che lasciò andare lentamente, portò gli occhi a vagare sul soffitto.

— C'ero anch'io, sai, e vedevo e ascoltavo tutto… quando venisti quassù a pretendere da Gea certe risposte. Lei non ti mentì, in quell'occasione. Non pensava che ce ne fosse bisogno. Era praticamente certa che avresti tentato di ucciderla, ma non gliene importava nulla. E comunque era stufa di quel corpiciattolo sgraziato. Però alla tua fedeltà ci teneva ancora. Fra un momento ti dirò perché. Se ti ricordi, si offrì di riportarmi in vita esattamente uguale a prima… senza però quella voglia matta di darle addosso a tutti i costi. E tu rifiutasti. Allora ti fece un'altra proposta. Mi avrebbe rifatta identica, senza nemmeno quella, modifica lì. Mi avrebbe resuscitato. E ti rammenti quello che le rispondesti?

— Me lo rammento benissimo.

Per un attimo lo sguardo di Gaby si fece vago e remoto.

— Le rispondesti che la tentazione era forte…

Quindi tornò al presente, appuntandosi su Cirocco.

— A proposito, grazie per esserti fatta tentare… E dopo continuasti dicendo …ma poi ho cercato d'immaginare cosa ne avrebbe pensato Gaby, e ho capito che sarebbe un'infame, ripugnante, abominevole negromanzia… lei avrebbe provato solamente orrore, di fronte alla prospettiva di sopravvivere nelle spoglie di un piccolo simulacro scaturito dalla tua carne corrotta, e mi avrebbe chiesto di ucciderla immediatamente…

— Probabilmente avevo esagerato un po'…

Rise, Gaby, scotendo la testa.

— Oh, no, per niente. Avevi assolutamente ragione. Non potevi certo sapere che una parte di me era ancora viva, e stava lì ad ascoltare… ma ti dico che avevi proprio indovinato. Se allora Gea mi avesse davvero in qualche modo riplasmato, non credo comunque che sarei più stata me stessa. E tu facesti benissimo, a non crederle in nulla. Pensava di essersi sbarazzata di me… — Accennò verso il soffitto. — Quella linea rossa, lassù… be', qui le cose si complicano abbastanza. Tu vorresti tutte le risposte, e io sono prontissima a dartele, però ti devo avvertire che alcuni punti saranno piuttosto difficili, da capire, e dovrai accontentarti di credermi sulla parola. Perché vedi… non sono in grado di spiegarti cosa sia la Linea Rossa. La sua natura, in massima parte, non è assolutamente esprimibile in concetti umani. Dunque. Gea m'imprigionò là dentro e credette di aver chiuso, con me. Ma io riuscii ad ingannarla. Non persi la ragione, come lei avrebbe voluto. Sopravvissi… però dovetti stare molto attenta. Lei c'era vissuta dentro molto più a lungo di me, e ne conosceva ogni segreto. Dovetti imparare a strisciare, poi a camminare, poi a correre, e sempre evitando di destare la sua attenzione. Ecco perché, di solito, facevo tanto la misteriosa… Quando imparavo a materializzare il mio corpo… anzi, qualunque cosa facessi, le possibilità che lei mi scoprisse aumentavano tremendamente. Tutte le volte che ti rivelavo cose che secondo lei non avresti dovuto sapere… era in pratica una fuga di notizie dal suo muro di segretezza. A un certo punto incominciò davvero a rendersi conto che doveva esserci una falla da qualche parte… ma dove? Forse, a dispetto di tutte le mie cautele, volendo avrebbe potuto scoprirmi ugualmente, ma per fortuna era sempre un po' distratta. Fu quello a salvarmi. Le sue manìe le assorbivano troppo del suo tempo, troppa della sua forza vitale, se così vogliamo chiamarla. Hai cominciato chiedendomi che cosa sono. Non sono una creazione di Gea. Mi sono creata da me. Sono vera. Sono viva. Sono… me stessa.