Brian si piazzò davanti alla porta principale e si voltò a guardarmi, inarcando il sopracciglio. Apparentemente, la prima cosa da fare sarebbe stata aprirgli e invitarlo a entrare. Così feci.
Mio fratello mi rivolse un piccolo inchino ed entrò, con Cody e Astor al seguito. — Che casa deliziosa — disse, curiosando con lo sguardo per il soggiorno. — Davvero accogliente.
Pile di DVD erano sparsi sul divano sbrindellato, mentre sul pavimento giaceva un mucchio di calze e sul tavolino erano abbandonati due cartoni vuoti per pizza. Rita era stata quasi tre giorni in ospedale e al suo ritorno non aveva ovviamente avuto la forza di mettere a posto. Nonostante anch’io prediliga gli ambienti ordinati, avevo avuto i miei impegni e la casa non rendeva al meglio. Vi regnava una confusione spaventosa.
— Mi dispiace — dissi a Brian. — C’è stato… uhm…
— Sì, lo so, un lieto evento — fece. — Le faccende domestiche sono una croce per tutti.
— Che vuol dire? — chiese Astor.
— Dexter? — chiamò Rita dalla camera da letto. — C’è… c’è qualcuno con te?
— Sono io — risposi.
— C’è suo fratello — disse Astor, provocatoria.
Ci fu una pausa, a cui seguì un fruscio concitato, poi comparve Rita, pettinandosi i capelli con una mano. — Suo fratello? — esclamò. — Ma non è… Oh! — Si bloccò di colpo, fissando Brian.
— Mia cara signora — esordì lui, in tono affettato e beffardo. — Lei è semplicemente incantevole. Dexter ha sempre avuto un certo occhio per la bellezza.
Rita portò le mani al viso, ansiosa. — Oh mio Dio, sono così malmessa — disse. — E la casa fa… Ma, Dexter, non mi avevi mai detto di avere un fratello, e questo è…
— Sono io, sicuro — fece Brian. — Perdoni il disturbo.
— Ma hai un fratello — continuò Rita. — E non me l’avevi mai detto.
Sentii muoversi la mia mascella, ma per quanto mi sforzassi di ascoltare, non percepii alcuna parola.
Brian mi guardava, realmente divertito, poi parlò. — Mi dispiace, è tutta colpa mia — dichiarò infine. — Dexter credeva che fossi morto da tempo.
— Esatto — confermai. Mi sentivo come uno dei Tre Marmittoni che riceve l’imbeccata dopo aver sbagliato battuta.
— Comunque… — obiettò Rita, tentando di sistemarsi i capelli. — Insomma, non hai mai… Avevi detto che eri… cioè, come hai potuto non dirmi…?
— È una triste storia — azzardai. — Non mi va di parlarne.
— Comunque… — ripeté Rita. Ci stavamo avventurando in un territorio sconosciuto, e io preferii glissare. Tentai invece di tornare su un terreno più solido, sparando l’unica frase che mi venne in mente: — Ci prendiamo un bel caffè?
— Oh — esclamò Rita. L’espressione risentita cedette il passo a uno sguardo di ansiosa colpevolezza. — Mi scusi… abbia pazienza… cioè, sì… si sieda, prego. — Si diresse verso il divano e rimosse la spazzatura che impediva il passaggio con pochi movimenti rapidi e precisi, in un tripudio di efficienza domestica. — Qui — disse a Brian con un cenno, ammucchiando da un lato l’accozzaglia di oggetti. — Prego… si sieda, e… Oh! Io sono Rita.
Brian si fece avanti con fredda galanteria e le prese la mano. — Piacere, Brian — disse. — Ma stia seduta, la prego; non avrebbe dovuto alzarsi così presto.
— Oh… — Rita arrossì. — Ma il caffè, dovrei…
— Sono sicuro che Dexter non è così sprovveduto da non saperlo preparare. — Brian inarcò il sopracciglio al suo indirizzo, e lei fece una risatina.
— Finché non prova, non lo sappiamo — disse Rita, e sprofondò nel divano con un sorriso affettato. — Dexter, potresti per piacere… Sono tre cucchiaini per sei tazze, metti l’acqua sul…
— Credo di sapermela cavare — dissi. Pazienza se apparivo scontroso, ma avevo le mie buone ragioni. Mentre Brian sedeva sul divano accanto a mia moglie, io gironzolavo in cucina a preparare il caffè. Stavo riempiendo meccanicamente la caffettiera nel lavandino, quando percepii dentro di me un quieto frusciare d’ali: il Passeggero si ritirava. Ma i gelidi neuroni del presumibilmente potente cervello di Dexter emanavano soltanto confusione e incertezza. La terra mi tremava sotto i piedi; mi sentivo esposto, minacciato e assalito dal crudele esercito della notte.
Perché mio fratello era tornato? E perché tutto ciò mi faceva sentire così insicuro?
10
Pochi minuti dopo avevo versato il caffè nelle tazze e le avevo sistemate su un vassoio con due cucchiaini e la zuccheriera. Avanzai con cautela verso il soggiorno e mi bloccai di colpo sulla soglia. La scenetta che mi si parò dinanzi grondava felicità domestica sotto ogni aspetto… ma io ne ero escluso. Mio fratello si era accomodato sul divano di fianco a Rita come se avesse sempre vissuto lì. Cody e Astor erano poco più in là, che lo scrutavano affascinati. Restai immobile sulla porta della cucina, a fissare il quadretto con un crescente senso di malessere. Vedere Brian lì, sul mio divano con Rita protesa verso di lui mentre parlava e Cody e Astor che guardavano… era troppo strano e surreale. Gli elementi non solo erano inconciliabili, ma anche molto fastidiosi, come entrare in una chiesa e trovarsi davanti gente che copula sull’altare.
Brian, ovviamente, era del tutto tranquillo. Immagino si tratti di uno dei grandi pregi del non provare emozioni; sembrava così a suo agio sul mio sofà come se fosse cresciuto lì. E, tanto per sottolineare ancora di più la sua appartenenza alla casa rispetto a me, mi vide che osservavo la scena e indicò con un cenno la poltrona accanto al divano.
— Siediti, fratello — disse. — Mettiti a tuo agio. — Rita si alzò di colpo, e Cody e Astor si voltarono a guardarmi mentre arrivavo con il caffè.
— Oh! — fece Rita, in un tono che mi parve leggermente colpevole. — Hai dimenticato la crema, Dexter. — E prima che qualcuno potesse fiatare, era scomparsa in cucina.
— Continui a chiamarlo fratello — disse Astor a Brian. — Perché non usi il suo nome?
Brian sbatté le palpebre, e un moto di empatia mi invase: dunque non ero l’unico a essere imbarazzato. — Non so — rispose lui — forse perché la scoperta della nostra parentela è stata per entrambi una sorpresa.
Cody e Astor si voltarono all’unisono a guardarmi.
— Sì — confermai, e a ragione. — Una completa sorpresa.
— Perché? — chiese Astor. — Un sacco di gente ha un fratello.
Non sapevo come spiegarlo, così presi tempo posando il vassoio e sprofondando nella poltrona.
Ancora una volta fu Brian a rompere il silenzio. — C’è anche un sacco di gente che ha una famiglia — disse. — Come voi due. Invece mio fratell… Dexter e io non ce l’abbiamo. Siamo stati… uhm… abbandonati. In circostanze decisamente sgradevoli. — Si esibì ancora una volta in quel sorriso luminoso, e in quell’istante fui quasi certo che dietro non vi fosse nulla di sincero. — Io in particolare.
— In che senso? — domandò Astor.
— Ero orfano — spiegò Brian. — Mi avevano dato in affido. Sono cresciuto cambiando tante case diverse: non piacevo a nessuno, né mi volevano, ma erano pagati per tenermi.
— Dexter una casa ce l’aveva — osservò Astor.
Brian annuì. — Sì. E adesso ne ha anche un’altra.
Sentii un paio di artigli gelidi premermi contro la schiena, senza capirne il motivo. Le parole di Brian non erano minacciose, certo, eppure…
— Voi due dovete rendervi conto di come siete fortunati — continuò Brian — ad avere una casa… e anche qualcuno che vi capisca. — Mi guardò e sorrise un’altra volta. — E ora i qualcuno sono diventati due. — E lanciò ai ragazzi un’artificiale e spaventosa strizzata d’occhio.