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Poi scomparve nella notte, lasciandomi con l’inquietante ricordo del suo sorriso e l’orribile sensazione che qualcosa di molto sinistro sarebbe accaduto.

14

Sarei stato molto curioso di sapere com’era veramente andata tra mio fratello e i ragazzi, ma Rita li spedì a letto prima che potessi indagare. Andai a dormire insoddisfatto e l’indomani mattina non vi fu occasione di parlare con Astor e Cody lontano dalla madre. Condizione questa più che necessaria, perché se c’era stato davvero qualcosa oltre al cibo cinese, ero sicuro che a Rita non sarebbe piaciuto. Senza contare che ai ragazzi doveva esser stato detto di tacere, sempre se conoscevo Brian; ma lo conoscevo realmente? Okay, credevo di prevedere in un certo senso i suoi pensieri e comportamenti, ma per il resto… chi era davvero? A che cosa aspirava nella vita, al di là delle sue allegre sessioni affettatutto? Non ne avevo idea, e non me ne venne una, nonostante ci ragionassi per tutta la colazione e nel tragitto verso l’ufficio.

Fortunatamente per la mia autostima, non ebbi molto tempo per affliggermi a causa della mia incapacità di capire mio fratello. Infatti, appena arrivato al lavoro, notai che il terzo piano, dov’era situata la Scientifica, era pervaso da quell’ansiosa frenesia che solo un crimine veramente interessante può provocare. La compassata Camilla Figg, un tecnico sui trentacinque, mi passò davanti di corsa stringendo il kit per i rilievi e, dopo avermi sfiorato il braccio, per poco non arrossì. Inoltre, quando entrai in laboratorio, anche Vince Masuoka stava cacciando frettolosamente un po’ di roba in una borsa.

— Hai per caso un casco coloniale? — mi gridò.

— Suppongo di no, dottor Livingstone — replicai.

— Dovresti procurartelo — fece. — Siamo in partenza per un safari.

— Di nuovo a Kendall? — chiesi.

— Nelle Everglades — rispose. — La notte scorsa è successo qualcosa di veramente forte.

— Sì, buana — dissi. — Porterò lo spray antizanzare.

Così, soltanto un’ora più tardi, smontavo dall’auto di Vince, vicino alla Route 41, nelle Everglades, a circa tre chilometri da Fortymile Bend. Quand’ero ragazzo, Harry mi aveva portato in campeggio da quelle parti ed era ancora vivo in me il felice ricordo di come alcuni animaletti avevano contribuito alla mia educazione.

Di fianco ai veicoli d’ordinanza, parcheggiati sul ciglio della strada, c’erano due grossi camper fermi in una piazzola sporca. A uno dei due era attaccato un rimorchio. Una quindicina di ragazzi e tre uomini in divisa da scout si accalcavano intorno, esitanti, mentre un paio di detective li interpellavano, uno per volta. Di fianco alla strada c’era un poliziotto in divisa, che disciplinava il traffico.

Vince gli diede una pacca sulla spalla. — Ehi, Rosen. Che ci fai con i boy scout?

— Sono stati loro a trovarlo. Erano venuti qui stamattina per una gita — spiegò il poliziotto. Poi, rivolto a una macchina che aveva rallentato per guardare, disse: — Avanti.

— A trovare che cosa? — domandò Vince.

— Io sono qui solo per tenere a bada queste fottute macchine — fece Rosen, acido. — Gli unici che possono giocherellare con i cadaveri siete voi. Avanti, si muova — disse a un altro curioso.

— Dove dobbiamo andare? — chiese Vince.

Rosen indicò il lato opposto del parcheggio e si voltò. Immagino che se mi fosse toccato stare in mezzo al traffico, mentre gli altri giocherellavano con i cadaveri, mi sarei seccato pure io.

Percorremmo il sentiero, superando gli scout. Dovevano aver trovato qualcosa di orribile laggiù, ma non sembravano particolarmente scossi o impauriti. Infatti ridacchiavano e si spintonavano l’uno con l’altro come se fossero in vacanza. Rimpiansi di non essere mai stato nei boy scout; forse sarei stato insignito di una mostrina speciale per il riciclo di rifiuti umani.

Arrivammo al fondo del sentiero che puntava verso sud, in mezzo alle piante, poi piegammo a ovest per circa un chilometro, finché non raggiungemmo una radura. Al nostro arrivo, Vince cominciò a sudare e a respirare affannosamente; io invece ero piuttosto impaziente, perché una voce mi aveva sibilato che avrei assistito a uno spettacolo degno di nota.

A prima vista sembrava esserci ben poco di interessante, a parte una vasta zona di terra schiacciata intorno alla buca lasciata da un falò e, sulla sinistra, un mucchietto non identificato coperto dalla sagoma curva di Camilla Figg. Di qualunque cosa si trattasse, il Passeggero sbatté le ali, curioso, e io mi avvicinai con un certo entusiasmo, dimenticando che avevo rinnegato tali Oscuri Piaceri.

— Ciao, Camilla — la salutai — che cosa abbiamo stavolta? — Lei divenne subito paonazza, come le capitava di solito, per ignoti motivi, quando mi rivolgevo a lei.

— Ossa — mormorò.

— È sicuro che non siano di un maiale o di una capra?

Scosse violentemente la testa e mi mostrò nella mano guantata quello che riconobbi come un omero umano, il che non era poi così divertente. — Sicuro — confermò.

— Be’, allora… — commentai, notando i segni carbonizzati sulle ossa e la risatina di giubilo che mi affiorava da dentro. Non avrei saputo dire se i corpi fossero stati bruciati dopo la morte, per liberarsi degli indizi, oppure…

Osservai la radura. Il suolo era stato calpestato; c’erano centinaia di impronte, come se si fosse tenuta una gran festa, e non penso che fossero stati gli scout. Erano arrivati soltanto in mattinata e non ne avrebbero avuto il tempo. Sembrava invece che parecchie persone si fossero intrattenute per diverse ore, non soltanto sedendosi, ma muovendosi e saltando disordinatamente su e giù. E tutte intorno al falò, dove giacevano le ossa, come se…

Chiusi gli occhi e quasi mi vidi la scena, mentre percepivo la mia soffocata e sinistra vocina interiore che assumeva sfumature da rettile. Guarda, mi disse, e nella finestrella che mi indicò scorsi un grande gruppo in festa. Un’unica vittima legata davanti al fuoco. Nessuna tortura, ma una sorta di esecuzione, messa in atto da una sola persona… mentre gli altri assistevano e festeggiavano… Era forse possibile?

Il Passeggero rispose con una risatina. Sì, lo è. Assolutamente.

Ballano, cantano e il festino continua. Birra e cibo in abbondanza. E un bel barbecue vecchio stile.

— Ehi. — Aprii gli occhi e mi rivolsi a Camilla. — Sulle ossa ci sono tracce di morsicature?

Camilla trasalì e mi guardò con un’espressione simile alla paura.

— Come lo sai? — chiese.

— Una fortunata intuizione, nient’altro — risposi, ma visto che lei non sembrava convincersi, aggiunsi: — Avete idea del sesso?

Mi fissò prima per qualche istante, e solo alla fine parve rendersi conto della mia domanda. — Uhm… — fece, voltandosi rapida verso i reperti. Alzò un dito guantato e indicò un osso piuttosto grande. — Dal cinto pelvico dovrebbe essere femmina. Giovane, forse.

Il potente supercomputer costituito dal cervello di Dexter emise uno scatto e produsse un foglietto. “Giovane donna” diceva.

— Oh, uhm… grazie — risposi a Camilla, e mi allontanai a riflettere sull’interessante ideuzza di mia produzione.

Lei annuì e tornò a chinarsi sulle ossa.

Osservai la radura. Nel punto in cui il sentiero scompariva nella palude scorsi il tenente Keane, intento a parlare con un tipo che riconobbi essere dell’FDLE, il Dipartimento delle forze dell’ordine della Florida, una sorta di FBI locale la cui giurisdizione si estendeva a tutto lo Stato. Insieme a loro c’era uno degli uomini più grossi che io abbia mai visto. Era scuro di pelle, alto quasi due metri, e doveva pesare almeno duecento chili, il che però non lo faceva apparire particolarmente grasso, forse per via dello sguardo cattivo. Ma dato che il tipo dell’FDLE gli stava parlando tranquillamente senza richiedere rinforzi, immaginai che si trattasse di uno dei nostri, anche se non avevo proprio idea di chi fosse. Non doveva essere un inviato dello sceriffo o di Broward County, dal momento che non l’avevo mai visto in precedenza né avevo sentito parlare della sua stazza.