Seguii l’allegro gruppetto attraverso la folla, finché il capitano non raggiunse l’ingresso, dove i coniugi Aldovar attendevano di riabbracciare la loro ribelle figliola, tra baci, pianti e singhiozzi. Fu una scena estremamente toccante e il capitano Matthews la interpretò alla perfezione, come se si fosse esercitato per mesi. Affiancò il terzetto familiare, raggiante, mentre i genitori tiravano su con il naso e Samantha storceva la bocca; poi, quando gli parve che il picco di attenzione dei giornalisti stesse calando, si parò dinanzi a loro, alzando una mano.
Un istante prima di parlare alla folla, si piegò verso Deborah e le mormorò: — Tranquilla, Morgan. Stavolta non le farò dire nulla.
— Sissignore — ringhiò mia sorella.
— Si faccia solo vedere fiera e insieme modesta — fece. Le diede una pacca sulla spalla e le sorrise, sotto il ronzio delle telecamere. Deborah gli mostrò i denti e il capitano tornò a rivolgersi alla folla.
— Vi avevamo detto che l’avremmo trovata — dichiarò — e l’abbiamo fatto! — Si voltò verso gli Aldovar in modo che venisse scattata una foto in cui lui guardava la famiglia, protettivo. Poi si lanciò in un breve discorso autocelebrativo. Ovviamente, del terribile sacrificio di Dexter e dello zelo di Deborah non fece parola, ma forse avremmo dovuto stupirci del contrario. Come previsto, la tirò un po’ per le lunghe, ma infine gli Aldovar entrarono in casa, i fotografi si stancarono delle pose del capitano e Deborah mi prese per un braccio, si diresse alla macchina sgomitando nella calca e mi accompagnò a casa.
32
Deborah percorse la Dixie Highway e svoltò in direzione sud verso casa mia, sempre in silenzio; poi, dopo qualche minuto la faccia torva si distese e le dita si rilassarono sul volante. — Comunque — dichiarò infine — l’importante è che abbiamo trovato Samantha.
Ammiravo la capacità di mia sorella di distinguere ciò che era “importante”, anche se fui tentato di contraddirla, visto che il suo concetto di importanza non includeva me. — Samantha non voleva essere trovata — spiegai. — Voleva essere mangiata.
Deborah scosse il capo. — Nessuno vorrebbe una cosa simile — fece. — Ha detto così perché forse era fuori di sé e stava cominciando a identificarsi con quei bastardi che l’avevano rapita. Che cos’hai detto che voleva essere? Mangiata? — Tornò alla sua faccia da limone rancido e scosse di nuovo la testa. — Avanti, Dex.
Avrei potuto dirle che ne ero abbastanza certo e che lo sarebbe stata anche lei, se le avesse parlato per altri cinque minuti. Ma quando mia sorella si mette in testa qualcosa, per farle cambiare idea ci vuole un ordine scritto del questore, di cui in quel momento non disponevo.
— Senza contare — continuò — che adesso è tornata in famiglia e la potranno mandare da uno strizzacervelli o simili. La cosa più importante per noi è portare a termine la faccenda, catturando Bobby Acosta e il resto del gruppo.
— Quelli del sabba — asserii, a costo di sembrare pedante. — Samantha mi ha detto che si fanno chiamare così.
Deborah si incupì. — L’avevo immaginato che c’entrassero le streghe.
— A prima vista sembravano dei cannibali — replicai.
— Un gruppo di uomini non l’avrebbe mai chiamato “sabba” — insistette mia sorella, testarda. — Credo che siano streghe. Donne.
Non mi parve una questione di molto conto, specie dopo tutto quello che avevo passato, ed ero troppo stanco per discutere. Fortunatamente, il tempo passato con Samantha mi aveva addestrato a dare la giusta risposta. — Vabbè — feci.
Deborah parve soddisfatta e, dopo qualche trascurabile osservazione, ci trovammo nella mia via. Mia sorella mi lasciò sotto casa e se ne andò e io, felice di essere arrivato, non ci pensai più.
La mia famiglia mi aspettava e la cosa mi sorprese e mi commosse. Deborah aveva avvisato Rita dicendole che avrei tardato, ma di non preoccuparsi perché stava andando tutto bene, il che da parte sua mi era parso di un’ingenuità disumana. Rita infatti aveva visto il telegiornale della sera che aveva dato ampio spazio alla notizia della cattura. E d’altronde come avrebbero potuto resistere? Cannibali, ragazzine in pericolo, sparatorie nelle Everglades: come storia era perfetta. C’era stata persino una telefonata da parte di un network via cavo, che voleva avere i diritti sulla notizia.
Nonostante le rassicurazioni di Deborah, Rita doveva in qualche modo aver scoperto che ero stato coinvolto nella faccenda, correndo un grave pericolo, e aveva risposto da vero campione. Mi attendeva sulla porta in preda a un’agitazione senza pari. — Oh, Dexter — singhiozzò, subissandomi di baci e abbracci. — Eravamo così… È passato al telegiornale e io ti ho visto, ma anche dopo che Deborah ha chiamato… — disse, e riprese a baciarmi. — I bambini stavano guardando la TV e Cody ha detto “C’è Dexter” e io ho guardato… era un notiziario — spiegò. Immaginai volesse rassicurarmi che non avevo fatto una comparsata a sorpresa in SpongeBob. — Oh, Signore — riprese, dopo avermi abbracciato tremante, affondando la testa nel mio collo. — Non dovresti fare certe cose — protestò seria. — Sei stato assunto per fare l’analista e… non avevi neanche una pistola, e non era… Ma come gli è saltato in mente? Tua sorella mi ha detto, e l’hanno detto anche in TV, che sono stati i cannibali, e che ti hanno preso, e alla fine hai trovato quella ragazza, e quello lo so che era molto importante, ma Dio mio… i cannibali! Non riesco neanche a pensarci… e ti avevano preso, e avrebbero potuto… — Alla fine si interruppe, forse per evitare l’asfissia, e per un minuto si mise a tirar su con il naso nella mia camicia.
Approfittai della pausa per contemplare il mio piccolo regno. Cody e Astor sedevano sul divano e ci scrutavano, disgustati da quello sfogo emotivo così sopra le righe, mentre accanto a loro sedeva mio fratello Brian, sfoggiando ai quattro venti il suo sorrisone largo e temibile. Accanto c’era Lily Anne, nella sua cesta, che agitava affettuosamente le manine al mio indirizzo, in cenno di saluto. Era un perfetto quadretto familiare; si sarebbe potuto intitolare: il Ritorno dell’Eroe. Non potevo dire che la presenza di Brian mi facesse piacere, ma non avevo neanche motivo per augurarmi che se ne andasse. Senza contare che la bontà è contagiosa, persino quella artificiale di mio fratello, e nell’aria regnava un profumino squisito che mi fece venire l’acquolina e che riconobbi come uno dei più grandi miracoli del mondo moderno: l’arrosto di maiale di Rita.
Dorothy del Mago di Oz aveva ragione: non c’è nessun posto migliore di casa.
Non mi parve bello dire a Rita che era ora di piantarla di soffiarsi il naso nella mia camicia, ma avevo patito orribili tribolazioni, digiuno compreso, e quel profumino che invadeva la casa mi mandava in subbuglio lo stomaco; a confronto l’overdose di ecstasy era stata una passeggiata.
L’arrosto di maiale di Rita era un’opera d’arte sublime che avrebbe fatto saltare una statua giù dal suo piedistallo, esclamando: “Squisito!”. Così, non appena riuscii a sganciarmi e a ripulirmi la spalla, la ringraziai profusamente e mi diressi spedito verso la tavola, dopo una breve pausa a salutare Lily Anne e ad assicurarmi che i suoi ditini ci fossero ancora tutti.
Infine ci sedemmo. Eravamo l’immagine della famiglia perfetta, il che mi fece riflettere sull’efficacia delle illusioni ottiche. A capo tavola, ovviamente, sedeva papà Dexter, un mostro vero che cercava di diventare un po’ più umano. Alla sua sinistra, fratello Brian, ancora più mostruoso e impenitente; di fronte a lui, due bambini dal visetto fresco e innocente, che non sognavano altro che di diventare come il loro perverso zietto. E tutti quanti sfoggiavano le espressioni più fintamente autentiche e comuni di questo mondo. Saremmo stati un soggetto perfetto per un Norman Rockwell in vena di fare sarcasmo.