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Molto più risollevato e di buon umore, superai a passo svelto l’infermeria e raggiunsi la stanza di Rita, al fondo del corridoio. Lily Anne era lì, che dormiva sul petto della madre. Un grande mazzo di rose troneggiava sul comodino, e tutto era come doveva essere.

Rita aprì gli occhi e mi rivolse un sorriso tirato. — Dexter — disse. — Dov’eri finito?

— Ho avuto un’emergenza sul lavoro — risposi.

Mi fissò sconcertata. — Lavoro… — Scosse il capo. — Dexter, io… Qui c’è tua figlia, appena nata. — Proprio in quel momento, Lily Anne si mosse lievemente, poi continuò a dormire. Era davvero aggraziata.

— Sì, lo so — la rassicurai.

— Non è… Come hai potuto allontanarti per andare al lavoro? — fece. Non l’avevo mai vista così seccata. — Quando la tua bambina è… voglio dire, sei andato al lavoro? In un momento simile?

— Mi dispiace — dissi. — Deborah aveva bisogno di me.

— Anch’io — replicò.

— Mi dispiace tantissimo — ripetei, e, stranamente, era vero. — Non sono abituato a tutto questo, Rita. — Mi fissava, scuotendo il capo. — Cercherò di comportarmi meglio — aggiunsi speranzoso.

Rita sospirò e chiuse gli occhi. — I fiori che mi hai mandato erano belli, per lo meno — disse.

Udii un flebile suono di campanello provenire dall’oscuro sedile della perversa vettura di Dexter. Non le avevo affatto mandato dei fiori, ovviamente. Non ero abbastanza esperto delle sottili ipocrisie della vita coniugale per concepire un tale astuto stratagemma… neanche mi ero reso conto che far fronte a un’emergenza sul lavoro venisse considerato uno sbaglio, figuriamoci se avevo pensato di mandare i fiori per rimediare. Certo, Rita aveva parecchi amici che avrebbero potuto inviarglieli, e io conoscevo un po’ di persone che sul piano teorico avrebbero potuto considerarsi amiche… la stessa Deborah, a dispetto delle apparenze, avrebbe potuto essere stata colta da un moto di tenerezza. In ogni caso, non c’era nessun motivo per cui un fragrante mazzo di fiori dovesse mettermi in allarme.

Eppure l’allarme lo sentivo. Indubitabilmente. Un ding ding ding continuo e irritante mi diceva che le cose non erano come dovevano essere. Allora mi avvicinai alle rose e, con il pretesto di annusarle, cercai di leggere il biglietto di accompagnamento. Ancora una volta, non notai nulla di strano. C’era scritto semplicemente: “Congratulazioni a noi!”. E sotto, scarabocchiato in blu: “Un ammiratore”.

Dalla stessa, remota regione da cui si era levato il campanello d’allarme, udii una risatina flebile e perversa. Il Passeggero Oscuro se la stava spassando… e come dargli torto? Dexter si può definire in tanti modi, ma la parola “ammirevole” non sta di certo in cima alla top ten. Inoltre, a quanto mi risultava, non avevo ammiratori. Chiunque mi conoscesse davvero al punto di arrivare ad ammirarmi, in teoria doveva essere già defunto, dissezionato e differenziato nei luoghi appositi. Dunque chi poteva aver firmato un biglietto simile? Conosco a sufficienza gli esseri umani da sapere che un amico o un parente si sarebbe cautelato scrivendo il suo nome per vedersi riconosciuto il merito di aver mandato i fiori. Un essere umano normale, infatti, avrebbe già telefonato dicendo: “Avete ricevuto i miei fiori? Volevo esserne sicuro perché sono talmente costosi!”.

Chiaramente non era arrivata nessuna chiamata, altrimenti Rita non avrebbe dato per scontato che le rose le avevo mandate io. In realtà, questo piccolo mistero non aveva nulla di così inquietante.

Allora perché sentivo quel brivido gelido carezzarmi la nuca? Perché avevo la certezza che un’insidia oscura minacciasse me e, di riflesso, Lily Anne? Cercai di utilizzare la logica, cosa che in passato mi riusciva molto bene. Ovviamente, riflettei, non era solo questione di quel mazzo di fiori anonimo… poco prima avevo udito l’allarme e avevo avuto la sensazione di essere spiato da chissà chi. Feci allora due più due, e ne conclusi: esisteva la forte possibilità che ci fosse qualcosa di mezzo, e questo qualcosa avrebbe potuto rappresentare un’eventuale minaccia. Oppure poteva trattarsi di qualcos’altro.

Messa così, in quella forma logica e razionale, avevo perfettamente ragione a sentirmi inquieto. Un idiota tormentava Lily Anne.

E quell’idiota ero io.

5

Trascorsi un’ora seduto accanto a Rita a osservare Lily Anne mentre dormiva, si agitava, mangiava. Oggettivamente non è che facessi chissà che, ma lo trovai più divertente e interessante di quanto avevo immaginato. Suppongo che lasciarsi affascinare dal proprio pupo sia più che altro un sintomo di egotismo… Certo, altri neonati così irresistibili non ne avevo conosciuti, ma, in ogni caso, dite quel che volete, ora era così e mi piaceva.

Rita sonnecchiava. A un tratto si svegliò per qualche secondo, quando Lily Anne si mise a scalciare e strattonare. Poi, pochi minuti dopo, contrasse il viso, spalancò gli occhi e guardò l’orologio sopra la porta. — I bambini — disse.

— Sì. — Osservai come Lily Anne reagiva alla voce di Rita, aprendo e chiudendo la manina.

— Dexter, devi andare a prendere Cody e Astor — disse lei. — Al doposcuola.

La fissai, attonito. Aveva ragione: il doposcuola chiudeva alle sei e dopo un quarto d’ora di ritardo la giovane che lo gestiva si faceva decisamente irritabile. L’orologio segnava le sei meno dieci. Avrei dovuto farcela in tempo.

— Okay. — Mi staccai riluttante dalla contemplazione di Lily Anne.

— Portali qui — fece Rita con un sorriso. — Devono conoscere la loro nuova sorellina.

Mi diressi alla porta, e intanto immaginavo lo spettacolo: Cody e Astor che entrano delicatamente nella stanza, i visini traboccanti di gioia e di affetto, e vedono per la prima volta quel piccolo prodigio di Lily Anne. Mi figuravo nitidamente la scena, come se Leonardo da Vinci e Norman Rockwell avessero unito i loro talenti per rappresentarla. Mentre percorrevo il corridoio, verso l’ascensore, mi sorpresi a sorridere. Un sorriso vero, per di più. Un’espressione umana reale, spontanea e non contraffatta. Di sicuro Cody e Astor, alla vista della nuova sorellina, avrebbero sfoggiato lo stesso, amorevole sorriso e scelto, come me, di abbandonare il Sentiero Oscuro.

Perché anche i due bambini erano stati condannati a vagare nelle tenebre e a trasformarsi in mostri come me, costretti all’oscurità dai feroci abusi subiti dal loro padre biologico. E io, seguendo i dettami del mio orgoglio deviato, avevo promesso di guidarli lungo il Sentiero di Harry, insegnandogli a diventare predatori prudenti e rispettosi del Codice. Ma ora la venuta di Lily Anne aveva senza dubbio cambiato le cose. Si sarebbero accorti anche loro che tutto era nuovo e diverso. Non c’era più bisogno di defilarsi e dissezionare. E come avrei potuto io, che ora vivevo nel migliore dei mondi possibili, anche solo pensare di aiutarli a muoversi in quel devastante e delizioso abisso?

Non avrei potuto; ora tutto era differente. Volevo condurli verso la luce, guidarli lungo il Cammino della Bontà, affinché si trasformassero in esseri umani rispettabili e onesti, o nella loro migliore imitazione. Le persone possono cambiare… forse non l’avevo appena fatto io, sotto i miei stessi occhi? Avevo appena provato un’emozione ed ero stato capace di un sorriso sincero; tutto era possibile.

Guidai così verso il doposcuola, che si trovava nei giardini vicino a casa nostra, permeato da uno spontaneo moto di fiducia nel genere umano, con la sensazione che le rose sarebbero presto fiorite. Era l’ora di punta e il flusso del traffico era a livelli omicidi. Mi venne un’intuizione sugli automobilisti di Miami. Non era la rabbia che li spingeva a comportarsi così, ma l’ansia. Tutti avevano qualcuno a casa ad aspettarli e che per tutta la triste giornata lavorativa non avevano potuto vedere. Era ovvio che si innervosissero se un altro guidatore li rallentava. Tutti avevano una Lily Anne da rivedere ed era comprensibile che fossero ansiosi di farlo.