— Perché no? — insistette Deborah. — Sa benissimo che con il suo aiuto la passerà liscia; l’ha già fatto in passato. — Lo disse molto severamente, e la cosa parve sorprendere Acosta che la guardò, muovendo le labbra, ma senza riuscire a proferire parola. Allora lei proseguì, con il tono di chi descrive un dato di fatto. — Con gli appoggi e i soldi che si ritrova può permettersi gli avvocati migliori del paese. Bobby se la caverà con una bacchettata sulle dita. Non è giusto, ma è così che andrà e lo sappiamo entrambi. Suo figlio sarà di nuovo libero, proprio come le altre volte. Ma solo se si costituirà.
— Lei dice così — fece Acosta. — Ma la vita è imprevedibile. E, in ogni caso, avrei pur sempre venduto mio figlio. — Mi fissò torvo. — E sulla base di una semplice insinuazione. — Si voltò verso Deborah. — Non accetto.
— Signor Acosta — protestò lei, ma l’uomo la interruppe con un gesto della mano.
— In ogni caso — fece — non so dove sia.
Si scrutarono reciprocamente; capii subito che nessuno dei due aveva intenzione di arrendersi e dopo poco lo capirono anche loro. Deborah lo guardò, scuotendo lentamente il capo, e si alzò a fatica dal divano.
— E va bene — dichiarò. — Se l’è voluta lei. Grazie per la disponibilità. — Gli diede le spalle e si diresse verso la porta.
Non mi ero ancora liberato dalla morsa del divano carnivoro che mia sorella aveva già abbassato la maniglia. Mi misi in piedi con difficoltà, mentre Alana Acosta distese le lunghe gambe affusolate e si alzò dalla poltrona. Il movimento fu così improvviso e melodrammatico che rimasi a osservarla mentre si tirava su e mi passava davanti con noncuranza, ostentando la sua vertiginosa statura.
— Che noia — disse.
— Vai a casa? — le domandò Acosta.
Alana si chinò a dargli un bacetto sulla guancia, e il grande diamante incastonato nell’ankh gli sbatté sulla faccia. Non parve ferirlo e Acosta non fece una piega. — Sì — disse lei. — Ci vediamo stasera. — Si diresse elegantemente alla porta e io mi accorsi che non potevo evitare di guardarla. Allora mi diedi un contegno e la seguii fuori dall’ufficio.
Deborah mi aspettava davanti all’ascensore, a braccia conserte, battendo nervosamente un piede.
Alana, forse pensando che non vi fosse motivo di imbarazzo, ci raggiunse e le andò vicino. Mia sorella la scrutò; per guardarla in faccia le toccò tirar su il più possibile il collo. La donna ricambiò lo sguardo inespressiva, poi, al suono del campanello di arrivo dell’ascensore, distolse gli occhi. Alana entrò e Deborah la seguì impettita, digrignando i denti. A me non restò altra scelta che precipitarmi in mezzo a loro, sperando di riuscire a impedire la rissa.
Che per fortuna non ci fu.
Le porte si richiusero, l’ascensore scese sobbalzando e, prima che Deborah potesse di nuovo incrociare le braccia, Alana la guardò dall’alto verso il basso e disse: — Io so dove si trova Bobby.
35
In principio nessuno parlò. Era uno di quei momenti in cui le parole restano sospese in aria e, anche se di ognuna conosci l’esatto significato, non riesci a metterle insieme per coglierne il senso. L’ascensore continuava a scendere, rapido. Guardai Alana. I miei occhi le arrivavano al mento, ed ebbi un’ottima visuale della sua collana. Avevo indovinato, il pendente era proprio un ankh. Era leggermente allungato e la punta avrebbe potuto pungerle la pelle. Mi domandai se non le avesse lasciato qualche cicatrice. Non ero molto ferrato in diamanti, ma questo doveva essere autentico ed era molto grosso.
Ovviamente, Deborah non godeva della mia stessa vista sul gioiello, così fu la prima a riprendersi. — Che cosa significa, dannazione? — fece.
Alana abbassò gli occhi verso di lei. Certo, alta com’era non avrebbe potuto fare diversamente, ma c’era di più. Le lanciò uno di quegli sguardi divertiti e condiscendenti tipici degli inglesi, e disse: — Che cosa vorrebbe che significasse, sergente? — Pronunciò la parola “sergente” come se si rivolgesse a un buffo insetto, e la cosa non sfuggì a mia sorella, che arrossì.
— Senta, si diverte a prendersi gioco della gente e a tenerla sulla corda? — saltò su Deborah. — Perché cazzo dovrebbe rivelarmi che sa dov’è, se tanto non me lo vuole dire?
Alana la guardò, ancora più divertita. — Chi le ha detto che non glielo voglio dire?
Deborah si spostò bruscamente di lato e pigiò il pulsante rosso sul pannello di controllo dell’ascensore. La cabina si bloccò con uno strattone. Un campanello cominciò a suonare.
— Mi ascolti — fece mia sorella, fissando Alana dritta in faccia, o per essere precisi sul collo. — Non ho tempo da perdere con i suoi fottuti giochini. C’è una ragazza là fuori in pericolo di vita e penso che sia con Bobby, o che lui sappia dov’è, e devo trovarla prima che venga ammazzata. Se lei sa dove si trova Bobby, me lo dica. Adesso. Altrimenti mi seguirà in carcere con l’accusa di occultamento di prove.
Alana non parve impressionarsi. Sorrise, scosse il capo, poi passò davanti a Deborah e pigiò il pulsante. L’ascensore riprese a muoversi. — Dico sul serio, sergente — fece. — Non c’è bisogno che mi minacci con frusta e catene. Glielo dico volentieri.
— Allora la pianti di tenermi sulla corda e parli — le ingiunse Debs.
— Joe ha una proprietà che a Bobby piace parecchio — spiegò. — È abbastanza grande, oltre una quarantina di ettari, ed è completamente disabitata.
— Dov’è? — chiese Deborah tra i denti.
— Avete mai sentito parlare della Terra dei Bucanieri? — disse Alana.
Deborah annuì. — Ho presente — disse.
Ce l’avevo presente anch’io. La Terra dei Bucanieri era stato il più grande parco dei divertimenti del Sud della Florida; da piccoli c’eravamo stati parecchie volte sia io che mia sorella, e ci piaceva molto. Ovviamente, all’epoca eravamo gente semplice che non aveva mai visto niente di meglio, e quando un intraprendente affarista aprì un altro parco a nord, ci rendemmo conto di quanto la Terra dei Bucanieri fosse obsoleta. La stessa cosa accadde un po’ in tutto il Sud della Florida e in seguito la Terra dei Bucanieri venne chiusa. Ma il ricordo mi era rimasto.
— Ha chiuso anni fa — dissi, e Alana mi guardò.
— Infatti — annuì. — Ha fatto fallimento ed è rimasta lì per anni, finché Joe non l’ha acquistata per pochi centesimi. È una proprietà di grande valore commerciale. Ma Joe non ne ha ancora fatto nulla. Perché a Bobby piace. Spesso ci va in moto con gli amici.
— Perché crede che sia lì? — chiese Debs.
Alana alzò le spalle, un altro gesto elegante per umiliare l’interlocutore. — Perché ha un senso — disse, altezzosa. — È un posto deserto e completamente isolato. Andarci gli piace. All’interno della proprietà c’è il vecchio cottage del custode che Bobby continua a tenere in funzione. — Sorrise. — Credo che di tanto in tanto ci porti qualche ragazza.
L’ascensore terminò la corsa. Le porte si aprirono e una dozzina di persone si precipitarono all’interno.
— Accompagnatemi alla macchina — disse Alana in mezzo alla folla. Avanzò tra la gente, fiduciosa che si sarebbero spostati al suo passaggio. E, in un certo senso, così accadde.
La seguimmo a fatica. Io ricevetti una gomitata nelle costole da una pingue donna di mezza età e, per non rimanere intrappolato nell’ascensore, dovetti bloccare le porte con la mano. Debs e Alana erano già in fondo all’atrio e si dirigevano a passo svelto verso il garage. Mi affrettai a raggiungerle.
Arrivai mentre stavano entrando nel parcheggio e colsi solo il finale di una delle snervanti domande di Deborah. — … e io dovrei crederle?