Mi sentii molto strano: da un lato desideroso di proteggere Deborah e dall’altro di far fuori Samantha, due sensazioni opposte ma di uguale intensità. Mi domandai se fossi giunto esattamente a metà strada nel cammino da Deviato Dexter a Papà Dex. Che fossi alla fase di Deviato Papà? Può darsi.
Deborah mi riscosse dalle mie patetiche peregrinazioni mentali sbattendo con violenza le mani sul volante. — Dannazione — disse. — Di lei non riesco a fidarmi, cazzo.
Mi sentii meglio. Il buon senso stava prevalendo. — Quindi non ci andrai? — chiesi.
Deborah scosse il capo e mise in moto. — No — disse. — È chiaro che ci andrò. — Partì e si infilò nel traffico. — Soltanto non ci andrò sola.
Avrei dovuto dirle, immagino, che finché io fossi stato al suo fianco, lei non sarebbe stata sola. Ma aveva ormai accelerato a una velocità tale che cominciai a temere per la mia vita, così mi limitai ad afferrare la cintura di sicurezza e ad allacciarla il più in fretta possibile.
36
Ho sempre pensato che chi ritiene di poter guidare ad alta velocità e insieme parlare al cellulare senza correre alcun rischio sia affetto da un grave disturbo mentale. Deborah rientra in tale categoria, ma si sa, la famiglia è sempre la famiglia, così quando tirò fuori il telefono feci finta di nulla. Mentre ci immettevamo rombando nella I-95 con una mano teneva il volante e con l’altra si apprestò a digitare il numero. Premette una sola cifra, quella delle chiamate rapide. Immaginai di chi si trattasse e ne ricevetti subito conferma.
— Sono io — disse. — Sai dov’è la Terra dei Bucanieri? Esatto, a nord. Okay, ci vediamo davanti al cancello principale, al più presto. Porta roba pesante. Ti voglio bene — disse, e tolse la chiamata.
Non c’erano molte persone ancora in vita a cui Deborah voleva bene, ancora meno di quanto lei ammettesse, così capii all’istante a chi aveva telefonato.
— Chutsky ci aspetta laggiù? — domandai.
Annuì, rimettendo il cellulare nella custodia. — Come supporto — disse, poi, fortunatamente per me, mise entrambe le mani sul volante e si concentrò a zigzagare in mezzo al traffico.
Ci volevano circa venticinque minuti di guida in direzione nord per raggiungere il luogo in cui marciva la Terra dei Bucanieri, ma Deborah ne impiegò dodici, catapultandosi giù dalla rampa di svincolo e infilandosi nella strada secondaria che conduceva alla proprietà di Acosta a una velocità ben superiore a quella che definirei spericolata. Dato che Chutsky non era ancora arrivato, avrebbe potuto guidare con molta più calma e saremmo comunque giunti in anticipo. Invece Debs tenne l’acceleratore premuto a tavoletta, finché non scorse il cancello, e solo allora rallentò e svoltò nella strada che portava all’ingresso principale della Terra dei Bucanieri.
Subito provai un forte sollievo. Non perché Debs non ci aveva ancora fatto ammazzare, ma perché Roger, il pirata alto quasi otto metri, era ancora a guardia del luogo. La vernice aveva perso gran parte della sua brillantezza. Il tempo e le intemperie gli avevano staccato il pappagallo dalla spalla e la sciabola sguainata era spaccata a metà, ma la benda c’era ancora, insieme a quel lampo crudele che gli attraversava l’occhio sano. Scesi dalla macchina e andai incontro al mio vecchio amico. Da bambino, avevo sempre provato una certa affinità nei confronti di Roger. Dopo tutto era un pirata, quindi poteva viaggiare su una grande barca a vela e fare a pezzi tutti quelli che voleva, il che era sempre stata una delle mie aspirazioni.
Eppure mi faceva uno strano effetto essere di nuovo all’ombra di Roger il pirata, ripensando a com’era stato una volta quel posto e che cosa lui aveva rappresentato per me. Sentii di dovergli tributare un omaggio, nonostante si trovasse in quelle brutte condizioni. Lo guardai per un istante poi feci: — Aaarrhhh. — Roger non rispose, ma Deborah mi fissò perplessa.
Mi allontanai dal pirata e osservai la recinzione metallica che circondava il parco. Il sole stava tramontando e con la poca luce che restava da lì non si vedeva molto, a parte l’accozzaglia di giostre e di cartelli dai colori vivaci ora rovinati e sbiaditi dal sole impietoso della Florida. Sull’intero parco incombeva una torre, denominata l’Albero Maestro, che non aveva proprio niente di piratesco. Da essa pendevano una mezza dozzina di bracci metallici, ognuno con attaccata una navicella chiusa da una gabbia. Non avevo mai capito che cosa c’entrasse con i bucanieri, nonostante le insegne e le bandiere con cui era addobbata, ma a suo tempo Harry mi aveva accarezzato la testa dicendo che i proprietari dovevano averla acquistata a poco prezzo, e in ogni caso salirci sopra era divertente. Da lassù c’era una vista stupenda e se strizzavi un occhio ed esclamavi “Yo-ho-ho”, quasi ti dimenticavi di essere su una giostra moderna.
Ora la torre sembrava pendere leggermente da una parte e mancavano quasi tutte le navicelle, a parte una. In ogni caso quel giorno non avevo in progetto di farci un giro, dunque non ci badai.
Dal punto della recinzione in cui mi trovavo non si vedeva molto del parco, ma visto che non c’era altro da fare a parte aspettare Chutsky, mi lasciai prendere dalla nostalgia. Mi domandai se nel fiume artificiale che scorreva intorno al parco ci fosse ancora acqua. Lì si poteva navigare su una nave pirata: il vanto e l’orgoglio di Roger, il famigerato galeone Vendetta. A ogni lato era dotato di cannoni che sparavano davvero. Invece lungo una sponda del fiume c’era una di quelle giostre in cui ti siedi su un finto tronco e precipiti lungo una cascata. Al di là, dalla parte opposta del parco, c’era un percorso a ostacoli. Anche qui, come nel caso della torre, il legame con i pirati mi era sempre sfuggito, ma ricordo che era la giostra preferita di Debs. Chissà se ci aveva pensato anche lei.
La guardai. Camminava su e giù davanti al cancello, scrutando la strada e il parco, poi si fermava e incrociava le braccia, infine riprendeva a camminare, avanti e indietro.
Era chiaramente prossima a scoppiare per l’ansia dell’attesa e pensai che fosse il momento giusto per distrarla un po’, condividendo un ricordo d’infanzia, così la chiamai. — Deborah.
Si voltò di scatto. — Che c’è?
— Ti ricordi del percorso a ostacoli? — le domandai. — Adoravi quella giostra.
Mi fissò come se le avessi chiesto di lanciarsi dalla torre. — Cristo — disse. — Non siamo qui per fare i fottuti sentimentali. — Si girò dall’altra parte e si diresse verso il lato opposto del cancello.
Ovviamente mia sorella non si era lasciata trasportare come me sul filo dei ricordi. Mi domandai se man mano che io diventavo più umano, lei diventasse sempre più insensibile. Poi ripensai a quanto ultimamente fosse diventata più lunatica e strana e stabilii che era normale.
In ogni caso, Debs riteneva che camminare avanti e indietro digrignando i denti fosse più divertente che condividere vecchi ricordi di gioventù nella Terra dei Bucanieri. La lasciai dunque alla sua occupazione e continuai a guardare al di là del recinto, finché dopo cinque lunghi minuti arrivò Chutsky.
Fermò la macchina dietro a quella di Deborah e uscì, stringendo una valigia metallica che posò sul cofano dell’auto. Mia sorella gli corse incontro, rivolgendogli uno dei suoi calorosi e amorevoli saluti.
— Dove cazzo eri finito? — disse.
— Ehi — fece Chutsky. Si protese a baciarla, ma lei gli diede uno spintone e afferrò la valigia. Lui alzò le spalle e mi salutò con un gesto. — Ehi, amico — disse.
— Che cos’hai portato? — chiese Deb.
Chutsky le prese di mano la valigia e l’aprì. — Hai detto che ti serviva roba pesante — rispose. — Ma non sapevo che cosa, così ho qui un po’ di scelta. — Prelevò un piccolo fucile d’assalto con il calcio retrattile. — Gli Heckler & Koch sono tra i migliori — fece, alzandolo in aria, poi lo posò sul cofano e tornò a frugare nella valigia. Estrasse un paio di armi meno voluminose. — Due piccole Uzi — annunciò. Vi batté affettuosamente sopra con l’uncino d’acciaio che aveva al posto della mano sinistra, quindi le mise via e tirò fuori due automatiche. — Un paio di nove millimetri d’ordinanza con diciannove colpi nel caricatore. — Guardò teneramente Deborah. — Non c’è paragone con quella merda che ti porti dietro — disse.