Alana gradì lo spettacolo. Le andò più vicino, in modo che Debs potesse assistere al suo trionfo, poi si voltò a dire qualcosa al buttafuori. Poco dopo il ragazzo armeggiava lungo il fianco della nave con la decrepita passerella d’imbarco, finché non la gettò con un tonfo sulla banchina.
— Prego, carina — la invitò Alana — salta su.
Deborah non si mosse, ma la guardò negli occhi. — Non fate del male a quella ragazza — disse.
Il sorriso della donna si fece più largo. — Ma è lei che lo vuole, non te ne sei accorta?
Mia sorella scosse il capo. — Non fatele del male — ripetè.
— Ne possiamo parlare, non trovi? — fece Alana. — Sali a bordo.
Deborah guardò quella faccia trionfante da rettile. Abbassò la testa e imboccò la passerella. Un istante dopo due dei leccapiedi di Alana, armati di fucile, la afferrarono dalle spalle e la immobilizzarono con il nastro isolante. Una vocina dentro la testa mi sussurrava che le stava bene, visto che, poco tempo prima, quando mi avevano conciato allo stesso modo, lei era rimasta lì a guardare senza intervenire. Poi pensieri più cortesi ebbero il sopravvento e cominciai a darmi da fare per studiare come liberare mia sorella.
Alana, ovviamente, non aveva alcuna intenzione di aiutarmi. Restò per un attimo in attesa, scrutando il parco, infine mise le mani a coppa intorno alla bocca e gridò: — Sono quasi certa che il tuo delizioso compagno è qui intorno! — Guardò Deborah che taceva, a testa bassa. — L’abbiamo visto sulla giostra, carina. Dov’è finito quel coglione? — Deborah non si mosse. Alana attese qualche secondo, sorridendo trepidante, poi esclamò: — Non essere timido! Senza di te non possiamo cominciare!
Restai dov’ero, immobile in mezzo alle spine.
— E va bene, allora — gridò allegra. Si voltò, fece un cenno e uno dei suoi scagnozzi tolse la sicura al fucile. Per un attimo mi sentii pungere dall’angoscia, ancor più che dalle spine. Ora avrebbe minacciato di sparare a Debs… L’avrebbe ammazzata comunque… perché avrei dovuto farmi ammazzare pure io? Eppure non potevo permettere che le facesse del male…
D’impulso, alzai la pistola. Era un’ottima arma, molto precisa, e a distanza avevo il venti per cento di possibilità di colpire Alana. C’erano anche buone possibilità di colpire Debs, oppure Samantha; mentre mi perdevo nelle mie elucubrazioni, la pistola si mosse da sé.
Ovviamente, una cosa simile non sarebbe mai accaduta in un mondo giusto, ma il nostro non lo era, così quell’impercettibile movimento fece sì che una delle fioche illuminazioni del parco si riflettesse proprio sulla mia arma e il bagliore attirasse lo sguardo di Alana. La donna caricò prontamente il fucile a pompa, togliendomi ogni dubbio sul fatto che fosse in grado di usarlo, se lo poggiò sulla spalla, lo puntò dritto su di me e fece fuoco.
Ebbi soltanto un secondo per reagire e riuscii a malapena a ripararmi dietro al più vicino palmizio. Percepii comunque lo spostamento d’aria provocato dalle pallottole che squarciavano il fogliame proprio nel punto in cui mi ero nascosto.
— Prendi questo! — Alana fece fuoco una seconda volta, disintegrando parte del tronco che mi riparava. — Cucù!
Un attimo prima ero stato indeciso se lasciare mia sorella in pericolo o cacciarmi io stesso nell’occhio del ciclone. All’improvviso la mia scelta si fece chiara. Se Alana intendeva far fuori il mio albero un pezzo alla volta, il mio futuro non sarebbe stato roseo e, visto che il pericolo più immediato era costituito proprio da quei dannati pallettoni, mi parve una buona idea capitolare e affidarmi al mio brillante intelletto per escogitare un’ennesima via di fuga. Senza contare che Chutsky era ancora in giro con il suo fucile d’assalto, che non reggeva il confronto con quelle doppiette da cacciatori dilettanti.
Tutto considerato, la mia non era esattamente una scelta, ma la sola opzione che mi restava. Così mi tirai su, senza uscire dal riparo, e gridai: — Non sparate!
— E chi vuole guastare la carne — fece Alana. — Ci mancherebbe. Ma fatti vedere in faccia, sorridente e con le mani in alto. — Agitò il fucile, nel caso non avessi colto l’antifona.
Lo dicevo, io, che la libertà è un’illusione. Quando crediamo di poter scegliere, è perché non ci siamo accorti del fucile puntato al nostro ombelico.
Abbassai la pistola, alzai le mani il più dignitosamente possibile e uscii dal mio riparo dietro l’albero.
— Fantastico! — urlò Alana. — Ora segui il fiume e attraversa il boschetto, porcellino.
Ci rimasi male. Voglio dire, dopo tutto quello che avevo passato, esser chiamato “porcellino” non era proprio il massimo. Lo so, forse rispetto al resto non era chissà che e forse era la mia nuova sensibilità umana che tendeva a drammatizzare le cose, ma parliamoci seriamente: porcellino a chi? A Dexter? Proprio lui, con quel fisico asciutto e così in forma, temprato dalle innumerevoli avversità? Me la presi, l’ammetto, e inviai un messaggio telepatico a Chutsky perché uccidesse Alana lentamente, per farla morire in preda al tormento.
Ma, ovviamente, non potei esimermi dall’avanzare adagio verso la riva, con le mani in alto.
Al mio arrivo, mi fermai a osservare Alana e il suo fucile.
— Avanti — mi incoraggiò lei — salta sulla passerella, vecchio stronzo.
Con le armi non si discute, specie a quella distanza. Mi avvicinai alla rampa. Nel mio cervello mulinavano ipotesi impraticabili: tuffarmi sotto la nave, fuori dalla portata del fucile di Alana e poi… cosa? Trattenere il fiato per qualche ora? Fuggire a nuoto lungo la corrente e chiedere aiuto? Inviare altri messaggi mentali a un’organizzazione di paramilitari telepatici? Non mi restava altro da fare che imboccare la passerella e salire sul ponte del galeone Vendetta. E così feci. Era in alluminio, vecchia e sgangherata, e dovetti tenermi alla corda sfilacciata che correva sul fianco sinistro. A un tratto scivolai e mi ressi forte mentre la rampa traballava su e giù. Non passò molto tempo, purtroppo, che mi ritrovai sul ponte, con tre fucili da caccia puntati addosso, oltre agli occhi azzurri e vuoti di Alana, ancora più spaventosi e letali. Mi stava fin troppo vicino, mentre i suoi scagnozzi mi legavano le mani dietro la schiena, e mi fissava con un affetto decisamente inquietante.
— Ottimo — disse. — Ci divertiremo. Non vedo l’ora di cominciare. — Guardò in direzione del cancello del parco. — Dov’è finito quell’uomo?
— Presto sarà qui — rispose Bobby.
— Sarà meglio — fece Alana, senza staccarmi gli occhi di dosso. — Non mi piace aspettare.
— Per me non è un problema, invece — dissi.
— Ho proprio voglia di cominciare — continuò lei. — Non c’è molto tempo, stasera.
— Non fate del male a quella ragazza — ripetè Deborah, stavolta digrignando i denti.
Alana si voltò verso Debs, il che mi rallegrò, ma ebbi la sensazione che per mia sorella non fosse altrettanto gradevole. — lì piace fare la chioccia con quella maialetta, non è vero? — chiese, andandole incontro. — Come mai, sergente?
— È solo una ragazzina — rispose Debs. — Una bimba.
Alana sorrise, rivelando una chiostra di denti bianchi e perfetti. — Ma sa quello che vuole — disse. — E visto che noi vogliamo la stessa cosa… che male c’è?
— Non è possibile che lo voglia — sibilò Deborah.
— Eppure è così, carina — replicò Alana. — Ad alcuni piace. Vogliono essere mangiati… e io li voglio mangiare. — Il suo sorriso si fece sempre più largo e stavolta anche molto spontaneo. — Viene quasi da pensare che un dio buono ci sia davvero, lassù.