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Sentii la presa di Alana stringere, mentre l’unghia si conficcava sempre più a fondo. Per un istante il dolore fu così forte che mi venne quasi da urlare, poi la porta della cabina si spalancò rumorosamente e Bobby e Cesar comparvero sul ponte.

— Sono proprio due piccioncini — sogghignò Bobby. — Lui continua a fare: “Debbie, oh, Debbie”, ma lei niente, è sempre svenuta e lui avanti: “Oh mio Dio, mio Dio, Debbie, Debbie”.

— Davvero spassoso — commentò Alana — ma lui l’avete immobilizzato per bene, cari?

Cesar annuì. — Non andrà da nessuna parte — disse.

— Fantastico — fece Alana. — E adesso perché non ve ne andate alla festa? — Mi guardò, socchiudendo gli occhi. — Io me ne starò qui a distrarmi ancora qualche minutino.

Sono certo che Bobby le rispose in un modo che lui riteneva intelligente, e sono altrettanto certo che i due ragazzi si affrettarono giù dalla sgangherata passerella diretti al parco per unirsi agli altri invitati, ma a essere sincero non me ne accorsi. Il mio mondo era esploso in pezzi dinanzi all’orribile immagine che si era formata tra Alana e me. Quella donna mi guardava fisso, senza sbattere le palpebre, con una tale intensità che cominciai a temere che la forza del suo sguardo mi ferisse.

Purtroppo decise che fissarmi non bastava a rendere tenera la mia carne. Si voltò lentamente, con aria beffarda, e si avvicinò al tavolo dove la fila di coltelli lucenti l’attendeva. Accanto c’era l’uomo incappucciato che continuava a tenermi il fucile puntato addosso.

Alana osservò le lame, grattandosi il mento, pensierosa. — C’è davvero l’imbarazzo della scelta — disse. — Vorrei avere a disposizione un po’ più di tempo per fare le cose per bene. Per conoscerci meglio. — Scosse tristemente il capo. — Con quel prestante poliziotto che mi avete mandato, tempo non ne ho proprio avuto. Sono riuscita ad assaggiarne appena un boccone, poi ho dovuto abbatterlo. Ah, la fretta. Ti toglie tutto il divertimento, non trovi? — disse.

Così aveva ammazzato Deke. Non potei fare a meno di rivivere nelle sue parole i momenti dedicati al mio familiare passatempo, anche se in un frangente simile mi parve piuttosto fuori luogo.

Ma — proseguì Alana — ho deciso che io e te dobbiamo fare le cose per bene. In ogni caso. — Scelse un coltellaccio dalla lama molto affilata, simile al tipo per tagliare il pane, che le prometteva divertimento assicurato. Si voltò verso di me, brandendolo, fece un passo indietro e poi si bloccò.

Alana mi guardò, gli occhi che mi vagavano addosso come se stesse ripassando la parte. Non so se fosse per via della mia vivida immaginazione, o perché la mia modesta esperienza mi aveva portato a riconoscere le sue intenzioni, ma riuscivo ad anticipare ogni mossa che pensava di fare, ogni pezzo che meditava di tagliarmi. Avevo la camicia inzuppata e la fronte grondante sudore; sentivo il cuore martellarmi nelle costole e premere attraverso le ossa in cerca di una via di scampo, mentre ce ne stavamo uno di fronte all’altra, a tre metri di distanza, a condividere mentalmente quel balletto di sangue.

Alana assaporò a lungo il suo godimento, finché le mie ghiandole sudoripare non si furono disidratate e la lingua non mi si fu attaccata al palato. Infine, con voce morbida e roca, mormorò: — Okay. — E fece un passo verso di me.

Mi augurai che in natura esistesse davvero quella specie di legge new age secondo cui tutto alla fine si compensa. In realtà anch’io stavo per essere ripagato con la mia stessa moneta, ma non era quello il caso che intendevo.

Quella sera avevo appena vissuto in una dimensione il cui il tempo rallentava per poi fermarsi, invece ora, mentre Alana mi veniva incontro con il coltello sguainato, ogni cosa sembrò avanzare a tutta velocità, in una sorta di danza convulsa.

Primo, si udì un’esplosione assordante e il forzuto buttafuori con il codino saltò in aria; metà del busto si disintegrò letteralmente in un terrificante spruzzo rossastro, mentre il resto volò giù dal parapetto con un’espressione di stolido risentimento dipinta sul viso. Se ne andò in modo così rapido che sembrava fosse stato tagliato via dall’onnipotente intervento di un montatore cinematografico.

Secondo, e accadde così in fretta da sembrare quasi simultaneo al volo del buttafuori, Alana ruotò di scatto su se stessa, con il coltello alzato in aria, la bocca spalancata, e con un balzo si lanciò contro l’incappucciato, che caricò il fucile a pompa e sparò, facendole saltare il braccio che impugnava il coltello. Poi lo sconosciuto ricaricò e con incredibile rapidità fece fuoco a ventaglio sulle altre guardie, senza lasciargli il tempo di metter mano alle armi. Alana scivolò ai piedi di Samantha, un’altra guardia precipitò in acqua e all’improvviso sul ponte del malvagio galeone regnò la calma.

Infine quella teatrale e sinistra figura incappucciata ricaricò per l’ennesima volta il fucile e si voltò, puntando la canna fumante esattamente addosso a me. Per un istante, tutto si fermò. Scrutai quel volto oscuro e quel fucile, ancora più oscuro e rivolto verso di me, ovviamente contro il mio torace, e mi domandai se per caso avessi rotto le palle a qualcuno, Lassù. Voglio dire, che cos’avevo mai fatto di male per essere condannato a quell’interminabile abbuffata di morte? Siamo sinceri, a quante morti differenti e ugualmente orribili può essere sottoposta una persona relativamente innocente in un’unica notte? Esiste un po’ di giustizia a questo mondo? A parte quella in cui sono specializzato, intendo.

Ero stato picchiato, schiaffeggiato, pizzicato, torturato, minacciato con un coltello e ora con un fucile. Non se ne poteva più. Quando è troppo, è troppo. Quest’ultimo oltraggio non riusciva neanche più a impressionarmi. Avevo terminato l’adrenalina. La mia carne era diventata tenerissima e farla finita ora sarebbe stato un sollievo. La mia pazienza si era esaurita, Dexter aveva oltrepassato il punto di sopportazione.

Così mi drizzai in piedi e restai immobile, offrendomi nobilmente al mio destino con sincera audacia e virile determinazione. E ancora una volta la vita si fece beffe di me.

— Be’ — disse l’incappucciato — a quanto pare non è la prima volta che vengo a tirarti fuori dai pasticci.

Mentre alzava il fucile pensai: “Quella voce io la conosco”. E infatti la conoscevo, e non sapevo se mettermi a ridere, a piangere o a vomitare. Prima che potessi fare una di queste cose, l’incappucciato si voltò e sparò ad Alana, che gli stava strisciando incontro lentamente, lasciando una spessa striscia di sangue. A una distanza così ravvicinata lo sparo la fece rimbalzare giù dal ponte e quasi la divise in due, riducendo le sue eleganti metà in una triste accozzaglia di budella.

— Puttana bastarda — disse, e abbassò il fucile, poi si tolse il cappuccio, rivelando le sue fattezze. — Comunque, la paga era eccellente e il lavoro congeniale alle mie abilità: sono molto bravo con i coltelli. — Avevo ragione. Quella voce la conoscevo eccome. — Chiunque avrebbe detto che ci saresti arrivato — continuò Brian, mio fratello. — Ti ho dato gli indizi giusti: il gettone nero nel sacco, tutto quanto.

— Brian. — La cosa che stavo per dire era davvero stupida, ma non potei farne a meno. — Sei qui.

— Certo che sono qui — disse, con quel suo sorriso finto, anche se stavolta non mi parve così artificioso. — A che cosa serve, altrimenti, la famiglia?

Pensai alle ultime, recenti giornate: prima Deborah mi aveva salvato in quella roulotte nelle Everglades, e ora lui. Scossi il capo.

— La famiglia serve a salvarti dai cannibali, a quanto pare — feci.

— Be’, allora eccomi qui — disse Brian.